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Cultura

Magna Grecia e Cultura, Gianluca Facente: “Nel patrimonio dell’Italia il segreto per la rinascita post Covid”

Lo scrittore, reduce dal grande successo della sua ultima opera “Faillo. Il Pitionico. Il primo eroe d’occidente”, spiega il perché della millenaria magnificenza del Paese

Magna Grecia e Cultura, Gianluca Facente: “Nel patrimonio dell’Italia il segreto per la rinascita post Covid” –

di Marco Di Marzio

Magna Grecia e Cultura, Gianluca Facente: “Nel patrimonio dell’Italia il segreto per la rinascita post Covid”

È in talune circostanze, come la scoperta dell’ultima ricostruzione 3D di Marco Mellace dedicata alla Magna Grecia ed in particolare al santuario di Hera Lacinia di Capo Colonna, ubicato nei pressi di Crotone, che può accadere la possibilità di entrare a contatto con un mondo ben più vasto e comprendente percorsi di vita la cui ragione di esistenza si innesta con quella rivolta ad elevare la cultura della propria terra a patrimonio di tutti. Un esempio emblematico è offerto da Gianluca Facente, noto scrittore Crotonese, in forte ascesa a livello nazionale e non solo per le opere letterarie da lui realizzate, come: “Periferia, universo”, uscito nel 2015; “L’ultimo Re di Delfi”, divulgato nel 2016; “Faillo. Il Pitionico. Il primo eroe d’occidente”, pubblicato nel 2018 e divenuto un grandissimo successo. Oltre ad essere stato relatore del GAK (Gruppo Archeologico Krotoniate), Presidente di FenImprese-Cultura Crotone tra il 2019 e il 2020, ed autore di diversi articoli riportati sulla rivista Kairos, Facente è anche poeta ed è stato vincitore di una pubblicazione sull’antologia de “Il Federiciano 2012” con “Pezze”, di una pubblicazione con Aletti editore su “L’indice delle esistenze-tema l’Amore” con “Sole” e primo premio al “Festival dei Boschi del Gariglione”. Un modello insomma sul quale soffermare l’attenzione, raggiungendolo telefonicamente per un’intervista, così da poter permettere un’ulteriore comprensione della reale consistenza del patrimonio storico, artistico e culturale italiano, reso grande anche dai greci, che tra i propri riferimenti trova in Crotone e nella Calabria di Gianluca Facente una delle motivazioni della sua millenaria magnificenza.

Caro Gianluca, nel ringraziarti per lo spazio concesso, ti chiediamo innanzitutto cosa ha rappresentato per l’Italia e poi per la Calabria l’esperienza della Magna Grecia?

La Magna Grecia per l’Italia e la Calabria ha rappresentato un embrione capace di raccogliere tutta l’esperienza occidentale, in termini di studio, filosofia, ragionamento e di crescita culturale. Da sé ha un’importanza notevolissima nell’evoluzione del pensiero occidentale e delle popolazioni. In essa c’è anche tanta architettura, atletica e molto altro. Unico neo, secondo me, è rappresentato dal fatto che si studia poco a scuola, poiché si passa immediatamente dal periodo preistorico alla grande epopea romana, come se in mezzo non ci fosse nulla. Ritengo dunque doveroso un aggiornamento dei programmi ministeriali in tal senso poiché trattasi di un periodo per l’Italia importantissimo.

In quale parte del Paese la sua presenza è stata più marcata?

Innanzitutto la Magna Grecia nasce nei territori in cui il pensiero di Pitagora è marcato ed evidente, anche in termini di adesioni. Inizialmente era nettamente distinguibile nella zona di Sibari, Crotone e Locri, per poi estendersi sino alle dimensioni conosciute e comprendente l’intero meridione d’Italia. Le sue testimonianze sono importantissime, basti considerare che in epoche diverse furono ben 4 le città-stato di rilevanza quasi da capitale: Sibari; Kroton; Siracusa; Taranto. Luoghi ancora oggi importanti, ma ne potremmo citare anche altri, come Agrigento e Metaponto. Siti che meriterebbero ulteriore valorizzazione.

Lo scrittore, reduce dal grande successo della sua ultima opera “Faillo. Il Pitionico. Il primo eroe d’occidente”, spiega il perché della millenaria magnificenza del Paese

Quale la sua eredità?

Credo che quel patrimonio artistico, architettonico, atletico e non solo di cui ho parlato in introduzione sia giunto intatto fino ai nostri giorni. Anche perché poi nel periodo romano viene sublimato tutto ciò che viene raccolto dal passato. Soprattutto nella città in cui vivo, Crotone, rimane più di un ricordo, ma forse pensandoci bene neanche quello in realtà. C’è molto da lavorare ancora. Mi piacerebbe tantissimo vedere la gente visitare questi posti e respirare quelli che furono gli insegnamenti di Alcmeone, di Pitagora, le lotte di Milone, il coraggio di Faillo e molto altro.

Tra i molti scambi commerciali intrattenuti alcuni dei quali avvenivano con gli etruschi, in particolare con quelli di Kisra, oggi Cerveteri, mediante il porto di Alsium, ubicato nell’odierna Ladispoli, di cosa si trattava?

Sibari in particolare fu uno scalo importantissimo per i commerci con i Fenici e i popoli a nord d’Italia, come appunto gli etruschi, un popolo davvero affascinante. Le merci scambiate erano molte, su tutte pietre preziose, stoffe e profumi, che all’epoca rappresentava la ricchezza del momento. I Fenici, per esempio, erano così chiamati per il colore rosso della porpora da loro stessi prodotta e venduta. Poi, con la riforma dei commerci voluta da Pitagora e riguardante soprattutto il peso, gli scambi economici si intensificarono ulteriormente tra le popolazioni accrescendone gli intenti pacificatori, a differenza di quanto accade oggi dove le negoziazioni sono fonte di attrito. Il mio desiderio è quello di vedere ognuno per proprio conto riportare alla luce le realtà locali con le loro identità come gli etruschi, i magno greci, o anche i veneti ad esempio, perché sommandole ci renderemmo conto di quanta cultura ha prodotto l’Italia. Basti pensare che a colonizzare l’intera penisola furono i liguri.

Alcuni ritengono che la maggior concentrazione di DNA greco in Italia sia presente proprio in Calabria, secondo lei questa considerazione è fondata?

Dipende da quali posti, c’è infatti l’area grecanica che ancora sopravvive. Nelle zone dove nacquero invece le grandi città-stato, come ad esempio Kroton, più volte quelle terre saranno successivamente occupate, non dimentichiamoci su tutte le esperienze di Pirro, Siracusa, i romani, gli aragonesi e i normanni. Quindi credo che a livello di DNA non rimanga molto. Le tradizioni, i simboli e i detti invece resistono ancora, in particolare con riferimento ad alcuni luoghi.

Cosa rappresenta per lei Crotone?

Crotone fu per lungo tempo terra di miticismo e di religiosità. Il santuario di Hera Lacinia, annunciato in apertura, ad esempio è stato il luogo più frequentato dai pellegrini nel corso di tre secoli. È un posto meraviglioso. Crotone ha come simbolo il tripode delfico, onore che neanche la stessa Delfi ebbe. Kroton fu l’unica città ad avere come figura l’espressione terrena del dio Apollo, per lungo tempo la divinità più importante del mondo allora conosciuto, che in glifico si scrive proprio mediante il tripode. Come se Roma fosse raffigurata dalla croce, per far capire l’importanza. Per me Crotone vuol dire appartenenza e memoria. Con la Fondazione Onlus Santa Critelli ed Antonio Arcuri ci stiamo attivando per riscoprire tutto ciò che ha rappresentato per lunghi secoli un’espressione di cultura e di filosofia per il mondo.

Kroton nella ricostruzione 3D di Marco Mellace

Come si presentava al tempo dei greci Kroton?

I primi viaggiatori attraversavano il Mar Ionio partendo da nord-est e quindi dall’Isola di Corsir indirizzandosi verso ovest, riuscendo a vedere lo sperone di Puglia e poi ancora uno dei speroni sacri quello di Lacinio. I greci dunque si avvicinavano alle coste italiche avendo come riferimento questi punti, oltre ad averne naturalmente anche altri come i fiumi e le montagne. A differenza di Taranto che ebbe un grande porto, Kroton per lungo tempo fu caratterizzata da tanti approdi. Considerando che l’acropoli sorgeva su due colli, la città dal mare appariva imponente. Al momento della sua massima estensione, comprendente 618 ettari, essa era infatti il doppio di Atene. Le colline facevano da difesa naturale e la pianura coltivabile era immensa. Kroton era una sito forte e solenne. Purtroppo in questo l’archeologia non ci aiuta poiché Crotone è stratificata ed ogni epoca nasce, cresce e di sviluppa esattamente dove si trova l’area urbana attuale. Ad oggi solo due quartieri sono riconoscibili, uno a nord, uno centrale quello dell’acropoli ed uno a sud, ed all’infuori delle mura, che secondo Tito Livio dovevano essere lunghe circa 18 km, sono state ritrovate centinaia di fattorie, ma il terreno ancora è fertile poiché si è scavato veramente poco.

“Faillo. Il Pitionico. Il primo eroe d’occidente” è il suo capolavoro letterario divenuto di successo, puoi raccontarci brevemente il personaggio e gli intenti dell’opera?

In merito agli intenti dell’opera, come già accennato noi stiamo cercando di riaccendere i riflettori sulla storia del nostro territorio e sui personaggi che l’hanno caratterizzato. Faillo, a differenza di Milone e di Pitagora non giunge a noi perché eroe militare. Gli invasori infatti non hanno nell’immediato preoccupazione di cancellare la memoria del filosofo, o dell’atleta, bensì invece quella di eliminare la dignità di un popolo dimenticandone l’eroe, quel buon cittadino che con il suo sforzo militare difende i confini. Faillo è proprio questo. Fortunatamente, essendo il Pitionico riconosciuto come eroe nazionale in Grecia, abbiamo più testimonianze archeologiche oltremare che da noi. Infatti, sull’acropoli di Atene è stata ritrovata la base di una statua riportante l’iscrizione “… Phayllos dedicò, tre volte vincitore nell’agone pitico e vincitore delle navi che l’Asia spedì”. Probabilmente ricevette anche la cittadinanza ateniese. Ma non solo, a Delfi, di fianco agli eroi di Maratona, si trovava inoltre un santuario a lui dedicato. Basti pensare che Plutarco, un secolo e mezzo dopo, rese noto che Alessandro Magno dopo aver conquistato Gaugamela ed essersi proclamato re di Persia mandò una nave con il bottino di guerra a Kroton in ringraziamento di Faillo per lo sforzo compiuto. Il personaggio, di una grandezza unica, compare anche sulle ceramiche di Eutimide e nelle commedie di Aristofane. Considerando eroe colui che interviene per ristabilire l’equilibrio cosmico contro gli uomini che si erano macchiati di hybris, cioè di tracotanza sacrilega, come fece Serse, è possibile ritenere Faillo come il primo di tale categoria, in carne ed ossa, appartenente al mondo occidentale.

Altra copertina di “Faillo. Il Pitionico. Il primo eroe d’occidente”

Quali dimensioni è arrivata a raggiungere la sua attività editoriale e quali sono i progetti in vista?

Faillo continua a dare tante soddisfazioni, non solo in Italia, anche nel mondo. Il libro infatti è stato letto anche in Australia, Canada, Belgio, Francia. Quindi, considerando il momento ed il fatto che l’Italia in questa epoca purtroppo è un Paese che legge poco, e dove per assurdo ci sono più scrittori che lettori, il risultato è da ritenersi un successo planetario e che riempie d’orgoglio. E questo non per me ma per il fatto che da questo lavoro letterario si possa parlare di Magna Grecia, di Kroton e di personaggi che altrimenti sarebbero persi nell’oblio e che invece meriterebbero importanza ed un posto di rilievo nella letteratura italiana. Siamo alle prese con un nuovo lavoro mito-storico che credo di riuscire a pubblicare, Covid permettendo, prima di quest’estate.

Caro Gianluca, nel ringraziarti di nuovo per l’intervista, da esponente del mondo culturale ti chiediamo come la cultura, spesso non considerata per il giusto peso, può contribuire alla rinascita post pandemia?

È nel patrimonio dell’Italia il segreto per la rinascita post Covid. La cultura infatti sarebbe un tocca sana per tutti i settori. In territori come i nostri, dove le risorse per diverse ragioni, scarseggiano, l’unica ancora di salvataggio è offerta proprio dalla cultura. Con essa si esce dal baratro. Quando si esprime un pensiero del tipo “… con la cultura non si mangia …” io dico che se sfruttata bene “… con la cultura si mangia e come!”. Per la rinascita post pandemia noi italiani siamo esportatori di cultura. Siamo la nazione comprendente, se non vado errato, il 65% del patrimonio monumentale mondiale. A questo è da aggiungersi la letteratura, i classici, gli scrittori, i poeti e le architetture. In un momento gravissimo e tristissimo, dove l’opinione pubblica è arrivata anche a sostituirsi ad un parere scientifico, aggrapparsi alla cultura sarebbe una grande soluzione.

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