RoboCup: Valerio Spagnoli ed Eugenio Bugli sono volati in Olanda per partecipare ai mondiali di robotica
Immaginate una competizione calcistica tra robot totalmente autonomi nel gioco. Non solo, estendetela su scala globale e riunite squadre di ingegneri da tutto il mondo in un unico luogo. No, non è fantascienza, sono i mondiali di robotica. Proprio in questi giorni si è conclusa la RoboCup, una competizione internazionale di robotica in cui si sfidano i migliori team del mondo. L’unico team italiano a partecipare è stato una selezione di ragazzi dell’Università Sapienza di Roma e, tra loro, c’era un po’ di Cerveteri. Infatti, a metà luglio, Eugenio Bugli e Valerio Spagnoli sono volati. Un’esperienza incredibile e complessa al tempo stesso, che sono proprio i 2 giovani studenti – laurea magistrale in Artificial Intelligence and Robotics – a raccontarci. Valerio, classe 2000, aveva già partecipato lo scorso alla gara, invece, per Eugenio, classe 2001, si trattava della prima esperienza.
Ragazzi, potete raccontarmi un po’ cos’è la RoboCup?
[Valerio]: “E’ un mondiale di robotica a cui partecipano nazioni da tutto il mondo: noi, Germania, Cina, Giappone o ancora Sud America. Noi abbiamo partecipato alla competizione calcistica tra robot, ma ci sono tanti ambito come il Rescue con robot di salvamento. C’è la categoria At Home in cui i robot si muovono nelle case per aiutare l’uomo con le sue mansioni domestiche e poi tanto altro. Tra queste c’è la RoboCup Soccer che è la categoria dominante perché comprende tante sotto-leghe. C’è la lega degli umanoidi con robot alti un metro e venti. Noi abbiamo partecipato alla SPL, Standard Platform League. La differenza tra queste leghe sta nei regolamenti e nelle prescrizioni che riguardano proprio la costruzione e la programmazione dei robot. Nella nostra lega l’hardware è uguale per tutti e usiamo tutti lo stesso robot, Nao, forse il robot più famoso che esiste. Noi interveniamo sul software, quindi su come implementiamo il codice per questi robot. I robot giocano in maniera completamente autonoma una volta messi in campo e l’unica comunicazione che può avvenire è tra loro”.
[Eugenio]: “Nella nostra lega c’è la Challenge Shield e la Champions Cup, una sorta di Serie A a 10 squadre. Noi partecipiamo alla seconda. Tramite ranking le squadre riescono ad arrivare alla nostra competizione. Dopo le prime 48 ore, i cosiddetti set-up days, abbiamo iniziato subito con la competizione. Durante la fase preliminare abbiamo fatto 2 partite al giorno e la formula era quella della cosiddetta classifica svizzera, più vinci, più giochi e più affronti squadre forti”.
E com’è andata?
[Eugenio] “Dopo questa prima fase viene stilata una classifica e noi, in quella parziale, siamo arrivati terzi. Tra l’altro è il miglior risultato per la Sapienza da quando ci sono questi robot”.
[Valerio] “Purtroppo, siamo stati un po’ sfortunati nel sorteggio del quarto di finale e, alla fine, nella classifica globale siamo arrivati quinti. Comunque abbiamo raggiunto un grande traguardo perché siamo riusciti a battere squadre più attrezzate di noi e, almeno sulla carta, più forti. Devo dire, però, che abbiamo raggiunto un ottimo risultato nella technical challenge. Quest’anno era stata prevista una sfida 2 contro 2 con un robot autonomo e uno comandato da un giocatore che, però, non poteva vedere il campo. In questa challenge siamo arrivati terzi”.
Quindi voi di cosa vi occupate precisamente?
[Valerio] “Il nostro è l’unico team italiano che partecipa in questa competizione. Ci occupiamo di sviluppare il codice che permette ai robot di giocare a calcio, dagli algoritmi di percezione dell’ambiente (palla, campo, ostacoli, ecc), fino ai comportamenti per ogni ruolo. I robot in campo si coordinano calcolando quale potrebbe essere il loro miglior ruolo (attaccante, difensore, ecc) basandosi sia su percezioni locali che su quelle che vengono comunicate dagli altri robot.“
Che tipo di esperienza è stata?
[Eugenio] “L’esperienza è stata bellissima. Ti permette di confrontarti con diverse realtà, quindi di imparare e divertiti al tempo stesso. Siamo un gruppo di persone serie e dedite al lavoro, questo ha fatto la differenza. Poi, personalmente, ho imparato tantissime cose da quando faccio parte del team. Ho acquisito delle nozioni pratiche che non credo avrei mai imparato da altre parti”.
Ma perché far giocare dei robot a calcio?
[Valerio] “Da quando l’intelligenza artificiale ha preso piede in maniera vasta e parlo già dal 1997, non dell’ultima ondata. Quando IBM con Deep Blue vinse contro il campione mondiale di scacchi, in quel momento storico si era riusciti a battere l’uomo utilizzando un computer. Gli scacchi sono totalmente statici e quindi più facile nei calcoli del computer. In un gioco come il calcio è tutto diverso, hai ostacoli, avversari e le percezioni sono dinamiche, la palla si muove. Potresti cadere e rialzarti e perdere le percezioni che costituiscono le difficoltà più grandi. Si è scelto un gioco come il calcio per la sua popolarità, però è molto difficile farci giocare un robot. E’ come se il robot fosse nudo e noi gli mettessimo dentro dei metodi per giocare. Non è un semplice gioco, tutto quello che si fa è per fare ricerca e tutto viene convogliato per quell’obiettivo. Ogni anno la lega cerca di stimolare i team a trovare nuovi modi per sviluppare l’argomento. Ogni team deve non solo partecipare giocando, ma fornire delle pubblicazioni che vengono spiegate nella conferenza dedicata alla RoboCup. Non è una competizione fine a sé stessa”.
Giorgio Ripani