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Dentro la famiglia di Carlos. Ovvero la ricerca della normalità all’interno di uno tsunami

Intervista ai genitori di Carlos, un bambino di Ladispoli affetto da un disturbo dello spettro autistico

Dentro la famiglia di Carlos – di Giovanni Zucconi

Una pubblicità famosa dice che le malattie genetiche rare sono uno tsunami per le famiglie. Ed è vero. Ma questo è vero per una qualsiasi famiglia che abbia un figlio o una figlia disabile. In quella pubblicità, una mamma dice che il figlio gli dona un sorriso poche volte l’anno. Anche questo è vero. E ogni volta che accade, è come entrare per un attimo in una normalità loro negata per sempre. Uno spiraglio di normalità, in una vita fatta di impegni a tempo pieno per cercare di raggiungere un miracolo che non arriva mai.

Questo è un tema con il quale è troppo facile scadere nel pietismo e, soprattutto, parlare di cose che non si conoscono e che si possono solo immaginare. Per questo abbiamo incontrato la famiglia di Carlos, un bambino autistico di Ladispoli, i cui genitori sperano ancora nel miracolo di una cura innovativa basata sulle cellule staminali. E per la quale cercano di raccogliere i fondi necessari per poter pagare l’ingente parcella.

Una famiglia che soprattutto, e questo l’ho trovato ancora più commovente della loro dedizione al figlio disabile, cerca di essere una famiglia “normale” che viva una vita “normale”. Perché per queste famiglie, la “normalità” è il più grande obiettivo che sognano e che vorrebbero raggiungere. E questo vale, ricordiamolo, per tutte le famiglie con un figlia o una figlio disabile.

Dentro la famiglia di Carlos. Ovvero la ricerca della normalità all’interno di uno tsunami
Dentro la famiglia di Carlos

Quando avete saputo dei problemi di Carlos?

“Già a due anni era sato diagnosticato a Carlos un disturbo dello spettro autistico. Lo abbiamo scoperto presto perché ci siamo accorti subito che c’era qualcosa che non andava. E siamo andati subito all’Umberto I, dove ci hanno diagnosticato un disturbo generalizzato dello sviluppo. Era ancora troppo piccolo per poter parlare di autismo.”

Avete iniziato da subito a sottoporlo alle cure necessarie?

“Si. Abbiamo iniziato subito il nostro percorso. Abbiamo iniziato con le terapie cognitivo-comportamentali che ci aveva prescritto il Policlinico.”

Terapie che erano in convenzione?

“Purtroppo, no. Queste terapie sono indicate dalle linee guida, ma sono tutte a regime privato. Sono tutte a nostro carico. Più sono piccoli, e più sono le ore settimanali di terapia. Parliamo dalle 20 alle 40 ore settimanali. Considerando che un’ora di terapia costa dai 50 ai 60 euro, stiamo parlando anche di 2.400 euro a settimana.”

Il padre di Carlos: “Io 50-60 euro li guadagno al giorno”

Immagino che questo abbia sconvolto, non solo economicamente, la vostra famiglia

“Noi siamo una famiglia umile. Io non ho potuto più lavorare proprio a causa di questi impegni. Non siamo aiutati su questo. Chi ti prende a lavorare se tu devi portare tuo figlio il lunedì e martedì da una parte e il mercoledì da un’altra? Anche nei centri estivi, quando e se ti assegnano delle ore, se non c’è qualcuno che affianca il bambino non ce lo puoi mandare. Come si fa a lavorare in queste condizioni?”

Si parla tanto di inclusione

“Ma quale inclusione. Noi siamo abbandonati da tutti. Anche dalle istituzioni e dalle strutture. Noi non solo viviamo una situazione lontana dalla normalità rispetto alle altre famiglie, ma ce la rendono ancora più difficile.”

Carlos va a scuola?

“Va a scuola a Ladispoli. Quest’anno inizia la quarta elementare. È stato trattenuto un anno in più in materna, e quindi sta un anno indietro. Fa il tempo pieno. E fortunatamente, dall’anno scorso abbiamo trovato un’insegnante di sostegno molto in gamba. Purtroppo, gli insegnanti di sostegno cambiano ogni anno. Non c’è una continuità. Quando invece sarebbe importantissimo per Carlos conoscere una persona e andare avanti con lui in continuità. Ci vuole sempre un po’ di tempo, quando si cambia, per entrare di nuovo in confidenza.”

Come è organizzata la giornata di una famiglia con un bambino come Carlos?

“La nostra famiglia non ha mai tralasciato nulla. Non abbiamo mai lasciato nessuno da solo ad occuparsi di Carlos. Noi siamo consapevoli che le figure che operano nella scuola non sono formate come dovrebbero. Quindi, con le nostre terapiste, andiamo una volta a settimana a scuola per cercare di formare gli insegnati. A dare loro indicazioni su come si lavora su Carlos. Abbiamo quindi formato una rete intorno a lui di amici, genitori e insegnati. Cerchiamo di fare spesso delle riunioni per coordinarci. Perché su Carlos bisogna lavorare a 360 gradi. È inutile Che portiamo il bambino a fare terapia, se poi quelle cose non le applica nel contesto di vita quotidiano.”

È quindi quasi un lavoro a tempo pieno. Si vive per questo…

“Si. Ci mettiamo tanto impegno per rimanere al passo ed essere aggiornati. So che non tutti quelli che si trovano nelle nostre condizioni ce la fanno. Io studio anche a casa. Mi sono fatta tanti corsi, che quasi potrei fare la terapista. E c’è comunque un grande lavoro continuo che facciamo con una cooperativa di Massimina, al Tredicesimo.”

Non è lontana, ma neanche vicina

Dentro la famiglia di Carlos. Ovvero la ricerca della normalità all’interno di uno tsunami
Dentro la famiglia di Carlos. Ovvero la ricerca della normalità all’interno di uno tsunami

“Questo è un altro problema. A Ladispoli non ci sono strutture idonee per seguire Carlos. Devo portarlo lì, e aspettare fino a quando non finisce.”

Le 40 settimanali ore di terapia di cui mi parlava le fa in quella struttura?

“Le facciamo lì, ma non ne facciamo 40. Non basterebbe uno stipendio per pagarle. Ne facciamo al massimo 10. Sono poche, ma già rappresentano un grosso impegno economico. E non solo economico. Perché comunque bisogna portarlo da loro, aspettare che finisca, e riportarlo a casa.

Rimanendo sull’impegno economico, stiamo comunque parlando di circa 600 euro a settimana

“E non ci sono solo le terapie. C’è un analista del comportamento che supervisiona mensilmente il lavoro delle terapiste. Che va pagato a parte. In più Carlos fa anche logopedia in un altro centro di Roma, a 50 euro l’ora. Noi dobbiamo pagare tutto. Anche le riunioni che organizziamo tra i logopedisti e i terapisti del centro della Massimina. Anche i terapisti che intervengono nei due GLH scolastici. Per noi è un continuo pagare.”

Avete cominciato una raccolta fondi per sottoporre Carlos ad una terapia innovativa. Me ne può parlare?

“E’ una terapia che si basa sull’utilizzo delle cellule staminali. Viene effettuata in diverse cliniche all’estero. Noi ci stiamo rivolgendo ad una clinica a Samara, In Russia.

Voi riponete molte speranze in questa terapia

(Il papà) “La speranza è sempre l’ultima a morire. La mia speranza è che mio figlio venga un giorno da me e mi chiami “papà”.

(la mamma) Io sogno anche ad occhi aperti di poter chiamare mio marito che sta al lavoro e dirgli che Carlos mi abbia detto qualcosa.”

Vi pesa molto che vostro figlio non comunichi con voi, neanche con un semplice mamma o papà

“Moltissimo. Ma con il passare degli anni abbiamo scoperto che non è importante solo il linguaggio. Sarebbe il regalo più grande sentirlo parlare, ma adesso abbiamo capito che un progresso molto importante sarebbe anche quello che Carlos possa condurre una vita autosufficiente. Che possa essere il più possibile indipendente. Soprattutto per quanto non ci saremo più noi.”

Torniamo alla terapia innovativa per la quale state chiedendo un aiuto e un contributo a tutti noi cittadini

“Siamo venuti a conoscenza di questa terapia dai gruppi social a cui siamo iscritti. Siamo in contatto con centinaia di famiglie di bambini autistici in tutta Italia. Abbiamo conosciuto poi personalmente le famiglie che hanno sottoposto i loro figli a questa cura. E ci hanno condiviso che questa terapia con le cellule staminali dà ottimi risultati. Naturalmente, in certi casi di più, in certi casi di meno… L’autismo è sempre un punto interrogativo.”

Avete un caso particolare che conoscete in cui la cura ha funzionato?

“Conosciamo la famiglia di una bambina che adesso ha 14 anni. Che ha già fatto tre infusioni di cellule staminali, ed ha avuto dei notevoli miglioramenti. Era una ragazza molto aggressiva, autolesionista. Aveva sempre delle crisi che non riuscivano a gestire. Adesso non ha più crisi e ha cominciato a parlare. Per questo ci siamo convinti a provare. Almeno potremo dire che le abbiamo provate tutte.”

Dentro la famiglia di Carlos

Prima vi ho chiesto se non vi mancava il fatto che Carlos non vi abbia mai chiamato mamma o papà. Vi faccio adesso una domanda più cruda: non vi è mai mancata la semplice normalità che si gode ogni famiglia senza un figlio autistico?

“Molto. All’arrivo del nostro terzo figlio, abbiamo proprio detto. “vogliamo goderci la normalità che non abbiamo vissuto fino ad oggi”. Consideri che, quando ero incinta del secondo figlio, Nicholas, è arrivata la diagnosi su Carlos. Diciamo che non ci siamo goduti questo bambino. Per i primi due anni sono stata molto male. Sono stata in depressione, e non l’ho seguito. Non mi sono potuta godere quei momenti che una mamma di un bambino si può e si deve godere. E non volevo fare lo stesso errore con il mio terzo figlio. Volevamo un po’ di normalità. Questi soldi che spendiamo per fare l’impossibile, volevamo che potessero goderseli tutta la famiglia.”

Avevate bisogno di “normalità”

“Si, anche perché Nicholas, ad otto anni, cominciava a risentire di questa situazione. Vedeva che tutte le attenzioni erano rivolte al fratello maggiore. Quindi abbiamo detto: “piuttosto che andare a cercare questo miracolo, e spendere tutti questi soldi, se abbiamo 500 euro ci facciamo un week end. Proviamo a vivere la normalità”.

Questo dovrebbe essere uno spunto di riflessione per tutti. Ci sono situazioni dove la “normalità” è già una condizione difficile da raggiungere e da mantenere

“Questo ha aiutato anche Carlos. Che si è sentito finalmente trattato da bambino normale. Ha iniziato a respirare un po’ di normalità. In questi due anni che ci siamo presi di pausa, Carlos ha fatto grandi miglioramenti. Più di quanto ci aspettavamo.”

Dopo questi due anni di pausa, pensate di voler continuare a mantenere questa “normalità”?

“Mio marito vede che sono ripartita… Lui ricorda gli anni passati, notte e giorno, a leggere su Internet, a girare per l’Italia. Trascurando cose che poi non tornano più. Anche se il mio impegno è ripartito, non voglio più fare lo stesso errore. Voglio e vogliamo continuare a vivere il più possibile la normalità. Ma nello stesso tempo vorrei riprendere a cominciare a lavorare duramente sul progetto di sottoporre Carlo al trattamento con le cellule staminali.”

Chiudiamo proprio su questo progetto che prima abbiamo solo accennato. Non abbiamo parlato di costi

“Ogni ciclo di infusione costa circa 20.000 euro. Stiamo aspettando il preventivo ufficiale. Questo solo per la cura. Senza contare l’alloggio e il viaggio in Russia.”

Quanto avete raccolto fino ad adesso con gli eventi organizzati e dalle donazioni?

“Abbiamo raccolto 8.500 euro. Sicuramente è un grande aiuto, anche se ancora manca qualcosa. Non abbiamo parole per ringraziare tutti per quello che hanno fatto fino a questo momento.

Chiudiamo indicando le coordinate per donare direttamente alla famiglia di Carlos per permettergli di accedere alla terapia innovativa basata sulle cellule staminali:

Postepay 5333 1711 2675 4031                C.F. BLCNLP87P11Z332O

Iban IT94T3608105138261478961488

Intestato a Angelo Percy Denovan Abeelack

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