fbpx
 
CittàNotizie

Riccardo Agresti: “Quando si tratta dei bambini che mi sono stati affidati, io non scendo a compromessi”

Intervista al Preside dell’Istituto Scolastico Comprensivo “Corrado Melone”

di Giovanni Zucconi

Credo che sia uno dei pochi presidi che, suo malgrado, abbia avuto una visibilità a livello nazionale. È un personaggio che, a leggere sui social, o si ama o si odia. È sicuramente un preside che ha deciso di non vivere tranquillamente gli anni che gli mancavano alla pensione, garantendosi il suo stipendio sicuro da statale. Ma ha scelto di prendere decisioni spesso coraggiose o controverse. Come si diceva una volta, ha deciso di essere un preside di lotta.

Stiamo parlando di Riccardo Agresti, preside dell’Istituto Scolastico Comprensivo “Corrado Melone”. Su di lui è stato scritto molto, soprattutto in questi ultimi mesi. Adesso che le acque si sono un po’ calmate, abbiamo voluto intervistarlo per provare a capire meglio il personaggio e, soprattutto, per cercare di raccontare cosa sia realmente successo.

Ne è uscito un quadro credo sincero e rappresentativo del personaggio e delle sue vicende. Troverete anche affrontato il tema della disabilità a scuola. Ringraziamo Agresti per la sua disponibilità a raccontarsi, dopo un momento dove molti hanno scritto qualcosa su di lui, anche senza sentirlo.

Lei è un preside che compare spesso sulle cronache e sui social. Molto, ma molto più degli altri. E, ogni volta che appare, lo fa in modo divisivo. Ci sono sempre due fazioni. Una a favore e una contro di lei. Secondo lei da cosa dipende?

“Devo riconoscere che questo è vero. Diciamo che io mi prendo sempre la responsabilità delle scelte che faccio. Voglio premettere che, anche se io ho in tasca una tessera di partito, nessuno sa quale sia. Perché mi hanno dato indifferentemente del fascista, del comunista o servo del Papa. Posso solo dire che il mio partito politico sono i bambini. E questo è già un problema di per sé. Perché io non ho appoggi politici. Quindi, quando faccio una scelta a favore dei bambini, e soltanto a favore dei bambini, questo può dare fastidio a qualcuno. Che però non si rende conto che le scelte che io faccio, di cui mi assumo sempre la piena responsabilità, hanno sempre come obiettivo quello del bene dei bambini. Se qualcuno pensa che ci sia altro, si sbaglia. Io sono uno statale. Io prenderei sempre lo stesso stipendio, sia se la scuola vada bene, sia che la scuola vada male.”

Va bene quello che dice. Ma vorrei provare ad insistere. A me gli schieramenti politici che vanno a suo favore o contro, sembrano abbastanza definiti. E, nei vari commenti, trovo più spesso interventi di politici o militanti, che quelli di mamme o papà. Si è a favore o contro, apparentemente più per motivi politici, che per motivi strettamente scolastici. Sembra alla fine che il suo interesse per i bambini conti poco. È lei che provoca queste reazioni in qualche modo, anche non volendo?

“Che io lo voglia, non è vero. Perché io non ho interessi politici. Io ho sbattuto in faccia le arance marce a Paliotta, e le ho cantate allo stesso livello a Grando per quanto riguarda la mensa. Poi è normale che, se attacco Paliotta, mi sostiene la destra, e se attacco Grando mi difende la sinistra. Ma è più un cavalcare la situazione a seconda delle convenienze. Il mio partito, ripeto sono i bambini. Che non votano, e che non hanno un colore politico.”

Riccardo Agresti: “Quando si tratta dei bambini che mi sono stati affidati, io non scendo a compromessi”
Riccardo Agresti

Non ha mai pensato di scendere in politica?

“Diciamo che finché sono a scuola non esiste per me la politica. Perché la politica è una cosa seria. Ci vogliono persone competenti, e che abbiano tempo. E se io sto a scuola, il mio tempo lo dedico ai bambini.”

Ha detto che andrà in pensione, se non le riuscirà a cambiare le cose, il primo settembre. È un po’ troppo presto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa?

“In realtà non ho nessun sassolino da tirare via dalla scarpa. Perché ogni volta che c’è stato qualcosa l’ho detto chiaro e tondo. L’ho detto a suo tempo al sindaco Paliotta, che oltretutto in ottima persona, e l’ho detto anche a Grando, che pure è una persona assolutamente stimabile. Quindi non ho nulla da aggiungere rispetto a quello che già ho detto a suo tempo.”

Guardandosi indietro, c’è qualcosa che non rifarebbe. O per lo meno non lo rifarebbe allo stesso modo?

“Nelle varie situazioni in cui ho fatto le mie scelte, e mi sono comportato in un certo modo, non c’erano alternative. Quella era la strada da percorrere. Probabilmente altri dirigenti scolastici non prenderebbero mai dei rischi assumendo posizioni come quelle che prendo io. Perché si rischia con il proprio portafogli. Io spendo molto in avvocati, purtroppo.”

Crede che sia proprio necessario essere un “preside di lotta” come è lei, per poter gestire al meglio una scuola? Non si potrebbe lavorare di più sui compromessi e la mediazione?

“Divento di lotta solo quando chiedo qualcosa per i bambini, e questa non viene data. Come nel caso della mensa. Non è necessario essere di lotta. Ma il compromesso non va sempre bene. Io posso scendere a compromessi per le cose mie. Quando si tratta dei bambini che mi sono stati affidati, io non scendo a compromessi. Io voglio tutto di quello che serve ai bambini.

Anche se la questione è stata da tempo risolta. Mi piacerebbe approfondire meglio il caso del bambino autistico che lei ha sospeso dalle lezioni. Anche in quel caso rifarebbe tutto allo stesso modo?

“La responsabilità di dove siamo arrivati è stata dei genitori. O almeno di una loro iniziale sottovalutazione della situazione. Intanto chiariamo una cosa. A Ladispoli ci sono quattro scuole. Molto spesso dei bambini non vengono accettati da altre scuole, e noi invece li prendiamo senza problemi. Bambini stranieri, bambini che non parlano, bambini con problemi, bambini autistici. Noi facciamo i salti mortali per accettare tutti. Quindi figuriamoci se per noi non è importante l’inclusione. Noi abbiamo nelle nostre classi bambini con problemi anche molto più seri di quel bambino.”

E riuscite a integrarli tutti?

“Questi bambini non sono stupidi. Sono intelligenti. Con la collaborazione delle famiglie, stanno facendo dei percorsi incredibili. È chiaro che i problemi ci sono. Ma, con la collaborazione fra docenti e famiglia, si possono affrontare e risolvere tutti.”

E questa collaborazione con la famiglia di quel bambino, non c’è stata?

“Il bambino era classificato come un “Comma 1”. Senza entrare nei dettagli si tratta di problematiche non gravi. Quindi il massimo di ore di sostegno previste per la classe erano 11 ore. E 11 ci erano state date. Quindi tutto regolare. Anche se il bambino frequenta il tempo pieno, e quindi queste 11 ore su 40 sono poche. Il Comune di Ladispoli ha aggiunto con i suoi fondi altre due ore. La maestra di sostegno ha poi rinunciato a due delle sue ore di riunioni nel pomeriggio, e quindi siamo arrivati a 15 ore totali di sostegno alla classe e al bambino.”

E non erano sufficienti?

“No, perché la situazione era più grave rispetto a quella della diagnosi medica iniziale. Evidentemente il bambino nel frattempo era peggiorato. Le maestre, dal primo giorno, hanno insistito con i genitori per fare una nuova valutazione medica delle condizioni del bambino. Questo perché con una valutazione aggiornata, si sarebbero potute chiedere un maggior numero di ore di sostegno all’ufficio scolastico regionale.”

I genitori non hanno soddisfatto questa richiesta?

“Diciamo che non c‘è stata questa attenzione. E quindi si è andato avanti un primo quadrimestre togliendo tempo alla didattica agli altri bambini. Che dovevano avere la massima tranquillità per imparare a leggere e scrivere. Devono avere sempre la massima attenzione. E in queste condizioni, quando c’è un bambino senza una possibilità di controllo, la maestra non può dare l’attenzione necessaria a tutti. E l’apprendimento degli altri bambini ne ha risentito. Questa classe era oggettivamente penalizzata. Le maestre hanno continuamente segnalato questa situazione ai suoi genitori.”

E come si è arrivati alla sua sospensione dalla scuola?

“Sarebbe bastato farsi fare una diagnosi aggiornata, e avremmo avuto più ore di sostegno per la classe. Inoltre, avevo condiviso con la famiglia che, con quella certificazione, certi comportamenti più violenti non potevano essere previsti in classe. Il bambino aveva comportamenti che non rientravano nella certificazione che aveva. Sembrava che il padre l’avesse capito, ma questa nuova diagnosi non arrivava. E abbiamo quindi scelto la strada della sospensione per dare il segnale ai genitori della gravità della situazione. Sarebbe bastato portare finalmente la nuova certificazione, e invece si sono rivolti al TAR. Con i relativi costi di avvocato, e senza risolvere la situazione. Che si sarebbe risolta solo potendo chiedere più ore di sostegno alla classe.”

(segue una lungo e dettagliato resoconto di quanto successo in quei giorni…)

E la certificazione non l’hanno più mandata?

“Oltre agli altri malintesi sulle varie comunicazioni che le ho raccontato, ce ne è un altro. In effetti la mamma aveva mandato un nuovo certificato, prima della nostra sospensione, su un server di posta che dovrebbe essere monitorato da un sistema informatico che paghiamo per gestire e protocollare la posta. Forse perché l’oggetto dell’email non c’entrava nulla con il contenuto, ma è successo che nessuno mi ha fatto leggere quell’email. C’era quindi effettivamente un’email con il nuovo certificato, inviata nel giorno che diceva l’avvocato.”

Tanto rumore per nulla?

“Si. Sarebbe bastato che qualcuno avesse letto quell’email. O che ci fosse stato più dialogo tra la scuola e i suoi genitori, invece di rivolgersi al TAR. Bastava parlare. Bastava dire al consiglio di classe dove erano stati invitati: “guardate che la certificazione l’abbiamo mandata”. Li chiamammo anche per telefono. Ma non ci dissero nulla. Avremmo capito che c’era la buona intenzione a risolvere la situazione. Il documento ci sarebbe poi servito per chiedere all’ufficio scolastico un numero maggiore di ore di sostegno.”

Anche se un errore o una distrazione è sempre possibile, non le sembra tutto molto strano? Troppe comunicazioni che non sono arrivate in tempo sulla sua scrivania

“Io non posso dare una vera colpa a nessuno. Anche se i tecnici mi hanno confermato che quell’email era stata aperta da qualcuno. Ma, a sua discolpa, l’oggetto e il testo non c’erano. C’era solo allegata una foto della prima pagina della nuova certificazione. E quindi potrebbero non aver capito di che cosa si trattasse.”

Quindi la situazione si è poi sistemata…

“Certamente. A causa dell’ispezione, e dopo il bailamme generale scatenato dagli organi di informazione, il Comune ha stranamente trovate le risorse. E con quella certificazione abbiamo avuto un numero di ore di sostegno maggiore. Adesso il bambino ha 40 ore di sostegno su 40. Senza tutto questo rumore, anche con la nuova certificazione, non sarebbe mai arrivato a 40 ore.

Mica prenderà d’ora in poi questo episodio come esempio?

“Certamente sì. Ho detto alle maestre che d’ora in poi si sospende tutti, e si scatena il finimondo (ridendo). Siamo stati tutti bravi e abbiamo trovato la strada giusta. Ma io sono passato su tutti i giornali come il deficiente che sospende un bambino autistico (ridendo). Ma, per i bambini, farei questo ed altro. E non è una battuta.”

Diciamo che lei, in questa vicenda, non è stato capito. Neanche da chi ha dei figli disabili e che, a mio parere, forse potevano capire meglio la situazione

“Ma io posso capire le famiglie che hanno vissuto male questa situazione. Hanno visto un preside che sospende un bambino di prima primaria, addirittura con disabilità, per 15 giorni. Avranno pensato che io fossi diventato scemo.”

Che messaggio vuole dare a tutte le famiglie che si trovano nella stessa situazione?

“Devono parlare e chiarirsi. E devono innanzitutto avere fiducia nella scuola. Perché, se le maestre dicono che c’è un problema, non lo dicono per coprirsi le spalle. In questo caso avrebbero potuto benissimo dire agli altri genitori, dopo il terzo o quarto giorno, che avevano problemi nel tenere le lezioni. E questi avrebbero risolto la questione a modo loro. Invece le maestre hanno tenuto nascosto la situazione per un intero quadrimestre. Facendo finta, con gli altri genitori, che tutto andasse bene.”

Ci sono famiglie che negano i problemi dei propri figli?

“Purtroppo si. In questi casi i docenti cercano di fare capire ai genitori che non si debbono vergognare. E che si tratta di problematiche spesso facilmente risolvibili. Anche quelli più gravi. Ma per risolverli bisogna collaborare. Ma se la famiglia non riconosce il problema, o non vuole riconoscerlo, noi non possiamo fare nulla. Non possiamo costringerli a farsi fare una certificazione per avere diritto a delle ore di sostegno. Io non sono un politico, e forse dico una stupidaggine. Ma io farei cadere le problematiche di privacy, e renderei obbligatoria una visita specialistica se richiesta dalla scuola. Le maestre con esperienza lo vedono subito che un bambino ha un problema. Se certe problematiche non vengono affrontate subito, il rischio è che il ragazzo crescendo, diventi un disagiato. Perché, dopo la scuola, fuori troverà un mondo spietato.”

Post correlati
AttualitàCittàCronaca

Il Sasso: le ipotesi etimologiche, i padroni e le presenze umane dalla preistoria

CittàNotiziepolitica

Consiglio dei Giovani di Cerveteri, Panizza neoeletto presidente: “Sulle nostre spalle il fardello di costruire una nuova classe dirigente”

Notizie

Ladispoli tra passato, presente e futuro. Marcucci: "Necessario un nuovo tipo di crescita e sviluppo del territorio"

Città

Estate Caerite 2024: diramato il calendario di eventi per fine luglio e agosto

Iscriviti alla nostra Newsletter e rimani sempre aggiornato.