CerveteriCittà

“Nel commissario Rosco rivive mio marito”. L’intervista alla scrittrice Daniela Alibrandi

di Giovanni Zucconi

Io sono sicuro che gli scrittori non amino particolarmente essere intervistati da me. Perché loro vogliono parlare solo dei loro libri, mentre io li faccio parlare di loro stessi. Della persona che c’è dietro l’autore e lo scrittore. Di quello che ha spinto una persona qualsiasi a diventare, quasi come un Dio, un creatore di personaggi e di mondi.

La stessa avversione ce l’ha sicuramente anche Daniela Alibrandi, la più prolifica e importante scrittrice che vive a Cerveteri e dintorni. Autrice di ben sedici pubblicazioni, tradotte anche in edizione inglese, i cui romanzi li possiamo trovare anche nelle biblioteche di Harward, di Yale e della Public Library di New York. Quindi tanta roba. Anche lei tenta di infilare nelle mie interviste, tra una domanda e l’altra,le notizie sulle sue ultime pubblicazioni, ma niente.

Però, e devo dirlo per potermi vantare un giorno quando Daniela Alibrandi diventerà molto famosa, ho marginalmente contribuito a caratterizzare la sua avventura editoriale. Mi spiego meglio. In una precedente intervista che Daniela Alibrandi aveva concesso a BaraondaNews, aveva affermato che: “È riduttivo classificare le mie storie solo come romanzi noir. Infatti, la critica definisce i miei romanzi come “tridimensionali”. Un giallo è un romanzo dove c’è un omicidio e bisogna trovare il colpevole. C’è un’indagine. Un noir invece porta il lettore a ragionare come l’assassino. A preparare il delitto insieme a lui. Ma anche a vivere la disperazione e il terrore della vittima. Il thriller cerca invece la suspence, il colpo di scena finale. Nei miei libri si trovano tutte queste tre caratteristiche. È un intreccio di generi, pur nello stesso filone.”

Bene”, dissi io, “ha mai pensato di trovare una definizione che definisca, con una parola, questa nuova categoria letteraria?”.

Ebbene, questa inedita classificazione di un romanzo dove si fondono armoniosamente tre generi letterari diversi, qualche tempo dopo l’intervista, è diventata una definizione ufficiale nel mondo dell’editoria. Ed è stato addirittura depositato un copyright. Tutti i romanzi di Daniela Alibrandi si possono fregiare, unici al mondo, della definizione di “MultiDimensionCrime”. In acronimo: MDC.

Dopoessermi guadagnato un posto nella Storia della Letteratura Italiana, potete leggere le interessanti risposte, spesso intime, che Daniela Alibrandi ha fornito nella nuova intervista che, nonostante tutto, ci ha gentilmente concesso.

“Nel commissario Rosco rivive mio marito”. L’intervista alla scrittrice Daniela Alibrandi
“Nel commissario Rosco rivive mio marito”. Daniela Alibrandi

Partiamo da una cosa che ha detto durante la presentazione del suo ultimo libro “I delitti del Mugnone”: il commissario Rosco, in qualche modo, ricorda suo marito. È una cosa che non aveva mai detto prima. La vuole spiegare meglio?

“Quando ho cominciato questa serie con il commissario Rosco, l’ho fatto proprio pensando a questo personaggio. Io ero molto innamorata di mio marito. E lo sono ancora oggi che lui non c’è più. I tratti somatici di Rosco, il carattere, tutto rispecchia quello che era lui: una persona alta, magra, con i capelli color Tiziano rossiccio, e gli occhi verdi grandi. Anche dal punto di vista caratteriale ricorda il commissario Rosco: la sua empatia e la sua sensibilità che cercava sempre di nascondere.”

Suo marito aveva consapevolezza di questa somiglianza?

“Naturalmente sì. Ci scherzava sempre sopra.”

Adesso che suo marito purtroppo non c’è più, porterà ancora avanti questo personaggio?

“Io penso di sì, perché ho visto che, come personaggio, alla fine piace moltissimo. Questo commissario che ha tanti limiti e tante fobie. Quando, per esempio, lo chiamano per vedere un cadavere, si porta dietro spesso la sua viceispettrice, Gisella Porzi, napoletana.Perché quella gli dà tante battute che alleggeriscono il momento.”

Questo ci riporta a quello che dicevamo nella precedente intervista. Che alla fine lo scrittore è come un Dio che può creare dei personaggi. Che mantiene in vita, o fa morire a suo piacimento

“Mantenere in vita anche chi non c’è più è per me unacosa molto bella eimportante.Soprattutto le lettrici sono prese da questo tipo di storie, e mi chiedono quando uscirà il prossimo libro. I miei libri si leggono autonomamente. Ognuno ha la sua storia che inizia e finisce. Ma la vita del commissario Rosco continua sempre con le sue avventure e le sue donne. Lui si innamora di una donna che era stata sposata con un uomo violento, e riesce a strapparla da quella situazione. Sono riuscita a trattare in questo modo il tema della violenza sulle donne. Questa vita di Rosco, che attraversa i miei libri, la trovo molto avvincente. Io dico sempre che, se finisse nelle mani giuste, ci si potrebbe fare un bel film o una bella fiction.”

Ha mai pensato di fare morire il commissario Rosco, in quello che penserà essere il suo ultimo libro, in modo che nessun altro potrà utilizzare il suo personaggio?

“Certo che mi scoccerebbe se qualcuno ci mettesse mano, però farlo morire…Facciamo come quel film “Misery non deve morire”.Perché un personaggio che non muore lo puoi sempre riprendere. Si ricorda le varie fiction degli anni ’80, come Dallas, dove hanno fatto finta che la morte di un personaggio fosse un sogno per farlo rivivere. Non lo so… Dovreiavere molto coraggio per fare morire il commissario Rosco.”

Ho fatto riferimento al suo, ipotetico, ultimo libro. Ci sarà un momento in cui lei deciderà di non scrivere più?

“Se accadrà, sarà sicuramente un brutto momento. Un momento terribile. Io ho già avuto un momento nel quale pensavo di non scrivere più. È stato proprio quando è morto mio marito. Lì sì, lì ho pensato proprio che la vena si fosse esaurita.Che non avrei più avuto la capacità di scrivere qualcosa. Quando era ancora vivo, noi condividevamo lo studio di casa nostra.Lui si sedeva vicino a me mentre io scrivevo, scrivevo… E tante volte dicevo,“Senti un po’ se questo pezzo ti piace”. “Che ne dici di questo titolo?”.Quindi tra noi c’era un continuo scambio. Le idee erano le mie, ma magari avevo bisogno di un consiglio, di un confronto con lui. E quindi, quando mi sono ritrovata sola in quello studio,con la sua poltrona vuota, per me è stata una grandissima botta. E in quel momento ho pensato che non avrei scritto più nulla.”

E come ha superato quel difficile momento?

“Sono andata in Toscana, dentro un monastero molto vicino al fiume Mugnone.Cercando un contatto con la preghiera. Ma proprio lì ho avuto l’ispirazione per il mio nuovo romanzo“I delitti del Mugnone”, che considero quello della mia rinascita. Giravo dentro il monastero in cerca di dettagli che potevano essermi utili. Da lì ho ripreso. Ho risentito quella che io chiamo la “Carezza nell’Anima”, e mi sono subito buttata a capofitto a scrivere. Perché avevo avuto il terrore di non poterlo fare più.”

“Nel commissario Rosco rivive mio marito”. Daniela Alibrandi

Suo marito sarebbe stato contento

“Anche mio marito temeva che io non avessi scritto più. Poco prima di andarsene, lui me l’aveva raccomandato: “Devi andare avanti. Devi continuare a scrivere”. “Scrivi, che stai a fare vicino a me?”. Gli ultimi giorni stavo naturalmente vicino a lui. Ma lui voleva che io invece andassi a scrivere.”

Adesso ha ripreso a scrivere normalmente? Con i ritmi e le incombenze di sempre?

“È passato un anno e mezzo dalla sua morte, e ho ripreso la mia normalità di scrittrice. Ho ripreso anche il contatto coi lettori.Perché è vero che la promozione dei libri ti porta via molto tempo, ma ti dà anche emozioni inestimabili. I lettori mi cercano, mi mandano mail.Mi mandano cose. Quindi non sono mai sola.”

Ma non ci sarebbe un’alternativa a impiegare tanto del suo tempo dietro la promozione dei suoi libri?

“L’alternativa è quella di poter contare su una persona, un professionista, che ti aiutanelle attività di promozione e di pubbliche relazioni. Ma la verità e che non mi piacerebbe. Queste sono cose che devo fare io. Il contatto con il lettore lo devo avere io.Anche a costo di scrivere la notte. Io spesso scrivo dopo la mezzanotte. Non mi piace che qualcuno subentri tra me e chi legge i miei romanzi. Riesco a fare tutto. Basta trovare l’equilibrio.”

Io so che un suo sogno è quello di scrivere un romanzo che poi diventerà un filmo una serie televisiva. A proposito di questo, una mia amica lettricesi lamentava del fatto che ormai i romanzi sembrano tutti delle sceneggiature di film. Non pensa che inseguire questosogno poi la porterà a cambiare il suo modo si scrivere?

“Il rischio c’è. Ma io non scrivo mai con l’idea di farlo diventare un film. Io spero invece che i miei libri, quelli che ho scritto, e che ho scritto come libri, e che hanno delle ambientazioni particolari come in “Delitti sommersi”, ispirino degli sceneggiatori a trarne un film o una serie televisiva.”

Ci state lavorando sopra, affinché questa cosa accada?

“No. Io spero che i miei romanzi arrivino nelle mani giuste. Perché tante volte è il destino che ti aiuta.Ma ti posso dire che c’è stato molto interesse da parte di un produttore statunitense che venne in Italiaper conoscermi. Aveva letto alcuni miei romanzi, e aveva intenzione di valutarne un loro utilizzofilmografico. Ma è stato poco prima della pandemia, e quindi il discorso si è purtroppo bloccato.Dicevamo prima del destino…”

Le voglio fare una domanda particolare. Arriva il Diavolo, e le propone di scrivere il romanzo più bello e importante che sia stato mai scritto. Un grandissimo successo commerciale di vendite. E diventerebbe ricca. Ma la condizione è che lei non può firmare il romanzo con il suo nome. Accetterebbe?

“No. Assolutamente no. (ridendo) Certo che mi dispiacerebbe, ma io ci tengo a far sapere che quella è opera mia. Evoglioche sopra ci sia il mio nome.”

Quindi è vero che lei vuole raggiungere l’immortalità con i suoi romanzi

“E sì… Le mie opere sono tutte registrate. Perché i romanzi sono miei.  Sono come dei figli. Tu lo daresti un figlio a chi sai che te lo terrà benissimo e non gli farà mancare nulla, ma non potrai mai dire di essere suo padre o sua madre? Io no. Magari lo faccio vivere peggio, ma io devo essere la madre.”

Lei ha un angolo della casa dove mette, nello stesso posto, tutti e solo i libri che ha scritto?

“Certo che ce l’ho. E ci tengo pure. Ho una libreria dove metto solo i miei libri. Ed è un posto bellissimo. Per me è il mio paradiso, il mio santuario.”

Quanti sono i libri che ha già pubblicato?

“Ne ho pubblicati 16. Ho cinque edizioni inglesi, l’ultima delle quali è uscitanel mese di luglio “Crimes After Hours”, edizione inglese di “Delitti fuori orario”, che in pochi giorni dall’uscita ha scalato la vetta dei best seller di Amazon America e Canada. Ci tengo a dire che i primi tre libri che vedono protagonista il commissario Rosco, e cioè “Delitti fuori orario”, “Delitti negati” e“Delitti postdatati” sono stati da poco ripubblicati nella veste giusta del MultiDimensionCrime,la categoria letteraria che adesso mi è stata riconosciuta e ufficializzata. Sono molto fiera di aver ottenuto la giusta collocazione nello stile che li contraddistingue.

Sta già scrivendo il prossimo romanzo?

“Si, io scrivo sempre. Guardi, c’è un libro che scrivo per una cosa intima mia. E questo magari lo comincio oggi, e poi ci posso ritornare tra una settimana o un mese. Poi c’è il libro che deve uscire e che aspettano in tanti. E a quello mi dedico di più. Quindi non posso dire di scriverne due contemporaneamente. Però uno lo scrivo in un determinato modo e per un determinato obiettivo, e l’altro per una mia motivazione privatissimae intima. Che ha a che fare anche con quelladei miei più profondisentimenti.”

Non ha mai l’ansia di dover ogni volta mantenere lo stesso livello dei libri precedenti o, anzi, dover scrivere ogni volta un romanzo migliore?

“L’obiettivo è Non devi deludere mai.”

E questo non le mette ansia?

“Questa non è un’ansia.È un diktat.Perché i miei libri hanno avuto un’attenzione importante da parte dei recensori. Sono stata invitata in trasmissioni della Rai. Sono romanzi che sono stati inseriti nelle biblioteche di Harward, di Yale e della Public Library di New York. Quindi non è che la mattina ti svegli e scrivi una cosetta che poi delude. L’impegno su ogni libro deve essere totale.”

Ma non si scrive un libro a comando. “Voglio scrivere un libro che non delude!”

“Innanzitutto, io devo sentire un’ispirazione precisa.Perché, se io non ho quell’ispirazione il libro non lo comincio nemmeno.Da quell’ispirazione io parto, comincio a scrivere le prime pagine. Questa prima scrittura è importantissima. Perché devo sempre catturare da subito l’attenzione del lettore. Da lì escono i personaggi. Ti escono proprio… E comincio a creare gli intrecci. E a questo punto comincio a capire se il libro è buono. Quando l’ho finito, lo lascio riposare almeno un mese, perché un libro deve riposare almeno una mesata. Lo devo lasciare lì, e poi lo rileggo. Rileggendolo elimino le eventuali lacune, incongruenze o incoerenze.”

Oltre ai suoi romanzi, quale libro non dovrebbe mancare in una libreria? Quali sono i libri per lei fondamentali?

Sicuramente tutti quelli di Hemingway. Poi quelli di Wilbur Smith.I libri, per me, devono prenderti, ed essere descrittivi e coinvolgenti. Non mi piace l’idea che il giallo debba essere sintetico. Deve far sentire l’ambiente in cui si svolge. Devi fare immergere il lettore nelle scene.E poiè importante sperimentare anche degli autori meno conosciuti.Perché si possono trovare dei veri e propri gioielli.”