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Cultura

Gli “italietti” e il metodo del fiammifero, nel racconto di Pio De Angelis

Gli “italietti” e il metodo del fiammifero, nel racconto di Pio De Angelis –

Da Pio De Angelis riceviamo e pubblichiamo: Ciò che vedo oggi che è non basta più essere italiani per amare l’Italia. Vedo che non possiamo definirci “Italiani” ma solo “italiani” o forse sarebbe meglio dire “italietti”. E per questo mi chiedo cosa possa indurre tanta gente a vivere nella rassegnata accettazione, lasciandosi annegare nella cruda realtà quotidiana senza ideali e nella consapevolezza dell’impossibilità di poter mutare lo stato delle cose. Insomma stiamo perdendo il futuro. Sia chiaro non ce lo stanno o ce lo hanno levato. Siamo stati noi a permetterlo. Tutti noi siamo responsabili di questo stato di cose, forse in proporzioni differenti, ma tutti noi abbiamo creduto nella propagandistica illusione di improbabili quanto fantasiosi epiloghi miracolosi ai problemi della nostra nazione. E giustificandoci con questa illusione abbiamo permesso l’orribile e progressivo decadimento sociale ed intellettuale del nostro popolo, di noi stessi, come se la soluzione a tutti i problemi fosse l’affidare se stessi e il proprio futuro a altri. Altri nemmeno delegati da noi. Altri che la storia e il potere bellico e economico hanno “scelto” per noi. Questo non vuole essere un “J’accuse” di Zolana memoria ma una analisi di uno stato di cose. La ricerca di una soluzione battendo la strada della autoconsapevolezza. L’Italia ormai ha perso la sua identità, quella identità che l’ha vista: – fondare il mondo del diritto, – formulare il principio della proprietà privata, – teorizzare e mettere in atto per prima la sussidiarietà, al proprio popolo prima e a quelli sottomessi poi. L’Italia culla della civiltà e della cultura che ha donato al mondo l’intelletto dei suoi figli più illustri nelle arti e nelle scienze. Vorrei tanto sapere dove sia finito quel patrimonio tanto culturale e sociale, quanto genetico. O meglio credo che quel patrimonio sia ancora lì ma mi rammarico nel constatare che per immediata convenienza e clericale perbenismo gli italietti stessi non lo lascino emergere. La catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, il piantonamento del territorio mediante gli insediamenti militari della NATO, lo sfruttamento del mercato del lavoro italiano da parte degli USA sono stati reali e pesanti esempi di questo soffocamento. Ma lo abbiamo permesso noi. Il nostro mercato del lavoro di cent’anni si presentava molto simile a quello odierno della Cina. Era un luogo ideale per investire in tutta sicurezza, per produrre a costi bassissimi, per implementare strutture. Allora perché oggi noi non siamo ciò che la Cina sarà tra 10 anni secondo la previsione degli analisti. Perché abbiamo permesso situazioni come quelle del Seveso e accettato senza reagire le violazioni e i soprusi del Patto Atlantico. Vi faccio un esempio: nel dopoguerra la nostra industria Aeronautica, per poter produrre era costretta a richiedere il rilascio preventivo di apposite autorizzazioni da parte degli alleati. Il che si traduceva nel dover trasmettere, senza tutela di brevetto, disegni e dati tecnici a terzi. Ufficialmente questo protocollo era una forma di controllo e soppressione di ricerche a scopi bellici, nella realtà questo fenomeno si traduceva in uno sciacallaggio tecnologico delle nostri invenzioni. Stessa sorte hanno subito le industrie italiane. E ribadisco lo abbiamo permesso noi. Il nostro mondo economico e sociale è stato plasmato sul modello di quello americano e la nostra nazione è diventata un polmone produttivo del mercato americano destinato a: -ricevere gli esuberi produttivi dei statunitensi da un lato, -sopperire le carenze produttive dello stesso dall’altra. La strategia americana di sfruttamento rotativo delle risorse, tanto italiane quanto di altri paesi, aveva come rovescio della medaglia un rapporto di alleanza tanto falso quanto dannoso. Gli aiuti economici elargiti al nostro paese quali: -indennizzi per gli insediamenti delle basi militari con presenza di ordigni nucleari, -prestiti con tassi di interesse elevatissimi, -finanziamenti all’imprenditoria americani che realizzava insediamenti industriali sul nostro territorio, in termini strategici completavano un rapporto di sudditanza che nulla poteva avere a che fare con li termine alleanza. Sia chiaro: questa non è una apologia della nostra nazione come vittima di una forza esterna. Questa è la presa di coscienza di un decadimento per mano di terzi che noi abbiamo permesso e sul quale ci siamo adagiati e abbiamo bivaccato. Solo negli anni 70 del 1.900, quando sono finite le condizioni essenziali per lo sfruttamento quali: -basso costo del lavoro, -inesistenza delle misure di sicurezza per i lavoratori, -leggi contro l’incuria nei confronti delle risorse ambientali, questo perverso schema economico, il “metodo del fiammifero” perché sfrutta tutte le risorse di una nazione in breve tempo, è cessato. Ma non è stata la fine. Ma scrivere tutto sarebbe troppo per me e per chi avrà il piacere di leggere quanto sopra riportato. Rimandando al prossimo post ringrazio l’amico Sergio Benedetto e saluto tutti.”

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