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Il ruolo della psicologia nella malattia oncologica

Il ruolo della psicologia nella malattia oncologica

In ambito psicologico-psicoterapeutico la consulenza ed il trattamento implicano un importante processo di personalizzazione del lavoro clinico che consenta di contestualizzare lo specifico disagio del soggetto e di contenerne la sofferenza annessa sul piano affettivo, cognitivo ed interpersonale. Dal punto di vista clinico, altro aspetto non meno rilevante, è la considerazione del legame esistente tra la mente e il corpo che è alla base della rappresentazione che ognuno ha di sè. Generalmente si pensa alla psicologia come alla disciplina che si occupa dei disturbi mentali non tenendo conto della complessità dei processi psichici e dei fattori che ad essi concorrono. Si trascura così il fatto che anche ciò che aggredisce il corpo “può danneggiare la mente” in termini di serenità, integrità e di “equilibrio” nel rapporto con se stessi e gli altri. La malattia oncologica ne è un esempio eclatante specie nelle sue forme più aggressive per le quali è impossibile non tener conto dell’alterazione psico-fisica a cui è soggetta l’identità del paziente. Per questa ragione il lavoro col paziente oncologico si configura particolarmente delicato ma al contempo altamente prezioso per far fronte alla sofferenza legata al cambiamento che la malattia di per sè impone sotto diversi aspetti, coinvolgendo inevitabilmente anche le persone care.

Dott.ssa Silvia De Acutis Psicologa-Psicoterapeuta

Dal punto di vista emotivo il soggetto, come pure i suoi familiari possono sentirsi emotivamente “congelati”; o al contrario possono essere sopraffatti dalle emozioni stesse. Lo stesso può dirsi dei processi mentali poichè la persona può sperimentare un profondo disorientamento potendo vacillare in termini di pianificazione e di progettualità e nel far fronte anche alle semplici situazioni della vita quotidiana. Il ruolo dello psicologo in questo caso è supportare il paziente evitando che si senta risucchiato dal senso di impotenza e di solitudine sperimentato, aiutandolo a reagire scoprendo risorse che normalmente non si sapeva o si pensava di avere. Grazie al supporto terapeutico è possibile dar voce alle proprie angosce e preoccupazioni e ritrovare la progettualità pur mantenendo un contatto con la realtà. Si riscoprono gli affetti e possibilità di comunicazione più ricche dal punto di vista affettivo che creano vicinanza e supporto, a prescindere dalla propria condizione di “malato”. Essere “liberi dalla patologia” significa in primo luogo sentirsi persona e non malato. Il lavoro psicoterapeutico mira a riabilitare tutte le risorse a disposizione del paziente e dei suoi cari per fronteggiare la malattia in modo “sano” (propositivo) in alternativa ad un atteggiamento passivo e di rassegnazione che incide negativamente sull’assetto emotivo del paziente e dei relativi familiari e sulla disposizione ad affrontare la patologia e le cure per essa.