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Curare il cancro della bocca, si può! Una nuova frontiera proveniente dagli Stati Uniti

Ne parliamo con Paolo Junior Fantozzi di Ladispoli, brillante studente dell’ Università di Harvard

Curare il cancro della bocca, si può! Una nuova frontiera proveniente dagli Stati Uniti –

Volare lontano dai propri affetti, dai profumi della propria terra per inseguire e stringere tra le mani un sogno.

Ancora una volta i riflettori sono puntati su un giovane ladispolano che ha deciso di inseguire i propri sogni raggiungendo grandi traguardi.

Si chiama Palo Junior Fantozzi.

È di Ladispoli ma ora si trova a Boston. O meglio ad Harvard.

Paolo Junior Fantozzi, Ladispoli
Curare il cancro della bocca, si può! Una nuova frontiera proveniente dagli Stati Uniti

Da quanto tempo sei arrivato ad Harvard?

Sono partito esattamente a metà settembre dello scorso anno, con due settimane di anticipo rispetto alla data di inizio del corso, per poter sistemare casa, abituarmi al fuso orario e per le classiche “pratiche amministrative”.

Ma dal 2015 vengo a Boston almeno una volta all’anno per svolgere ricerca e avere esperienze cliniche.

Quindi conosco la città e l’università abbastanza bene. A febbraio e a marzo del 2017 ho vinto uno scholarship dalla Sapienza e sono venuto qui per scrivere la tesi all’estero.

Che cosa stai studiando di preciso?

Il mio programma è un fellowship clinico in oncologia orale.

L’obiettivo principale è approfondire la conoscenza sul management di “medically complex patients”, che hanno lesioni orali potenzialmente maligne, cancro della cavità orale (si, esiste anche il cancro della bocca), complicanze orali da terapia oncologica del distretto testa-collo (principalmente chemio e radioterapia) e complicanze orali in pazienti “survivors” da trapianto di midollo osseo.

Attualmente vedo pazienti tutti i giorni, tranne due giorni a settimana nei quali seguo lezioni e seminari.

Nei momenti liberi invece trovo il tempo per fare ricerca, studiare, praticare sport e uscire.

Come mai hai deciso di andare all’estero?

Bella domanda.

Sono sempre stato curioso di esplorare altre realtà oltre quella in cui vivevo da studente in Italia e mi sono sempre chiesto quali fossero le differenze tra qui e lì.

Al quarto anno di università ho poi avuto la possibilità di frequentare l’università del Michigan ad Ann Arbor con due miei compagni grazie al mio professore della Sapienza.

Qui ho frequentato il reparto di chirurgia maxillo-facciale per un mese. Da lì mi sono reso conto di quanto l’odontoiatria negli Stati Uniti sia integrata alla medicina, ma soprattutto di quante opportunità in ambito di crescita lavorativa può offrirti questo Paese.

Poi, naturalmente, l’America è grande e non tutti i posti sono d’eccellenza.

Qual è il tuo principale obiettivo? “Cosa vuoi fare da grande”?

Grazie per il “da grande”.

Per ora non ho obiettivi fissi.

Qui sono circondato dai migliori specialisti al mondo e cerco di imparare e migliorare in ogni aspetto del mio lavoro.

La cosa bella di questo posto è che ogni giorno puoi avere una nuova opportunità lavorativa.

Quindi possono aprirsi delle porte in ogni momento. D’altro canto mi manca la parte bella dell’Italia, gli amici, la famiglia, il mare e il cibo.

Pensi di tornare in Italia, magari a Ladispoli, per mettere in pratica quello che hai imparato?

Sarebbe bello. Il problema è che quello che facciamo qui è una disciplina di nicchia dove devi lavorare in ambito ospedaliero e universitario.

In Italia chi si occupa di medicina e oncologia orale è generalmente specializzato in qualche altra disciplina o ha seguito dei corsi aggiuntivi, oltretutto con delle dinamiche difficili da superare.

Non è così semplice come trovare un posto in un ospedale o un’università italiana.

Alla Sapienza dove mi trovavo, era stato creato un ambulatorio oncologico testa-collo multi specialistico, all’avanguardia, dove venivano trattati pazienti a 360 gradi da diversi specialisti così da offrire un servizio completo.

Tuttavia come dice il mio mentore qui, se ogni centro oncologico avesse la figura dello specialista in medicina e oncologia orale, ci sarebbero più posti di lavoro e i pazienti avrebbero una qualità di vita migliore.

Raccontaci qualche aneddoto della tua esperienza all’estero.

Ve ne racconto due.

Al terzo anno di odontoiatrica dovevo fare l’esame di medicina orale e per l’occasione comprai un libro di una professoressa che insegna qui ed è tra le più forti al mondo in medicina e patologia orale.

Ora, dopo 5 anni, mi sono ritrovato a essere un suo specializzando, a lavorare con lei e addirittura a festeggiare a casa sua la festa del Ringraziamento (insieme ai miei colleghi).

Forse tra un po’ pubblicheremo anche un articolo scientifico insieme. Se ci penso, non mi sembra vero.

Altra cosa che mi è successa è questa.

A dicembre girando sui social network avevo scoperto questo fund raising per un ragazzo italiano delle Marche che aveva bisogno di una terapia oncologica particolare di ematologia che fanno in pochi posti al mondo tra cui l’ospedale dove lavoro io.

Aveva appena svolto un turno di un mese in ematologia oncologica e conoscevo bene alcuni dei professori che si occupavano di questa terapia.

Allora ho commentato un post sulla sua pagina dicendo che potevo aiutarlo per farlo venire qui, senza aspettative.

Mi hanno contattato in tre minuti chiedendomi informazioni per prendere appuntamento il prima possibile.

Ho conosciuto (da lontano) la sua famiglia, e sua cognata.

Avevamo quasi fatto in modo di farlo venire qui per curarsi, ma purtroppo non ce l’ha fatta.

Ho scoperto in loro persone fantastiche. Spero di poterli incontrare un giorno.

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