L’intervista a Tommaso Vagnarelli, architetto del Politecnico di Torino
Cerveteri cooperazione tra PACT e Volontari – di Giovanni Zucconi
Nelle scorse settimane, c’è stata la firma del protocollo di intesa tra il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia, e le quattro associazioni di Volontariato Archeologico che hanno vinto il bando per operare nelle aree esterne della Necropoli della Banditaccia. Le quattro associazioni, come è noto, sono: la Sezione di Cerveteri-Ladispoli del Gruppo Archeologico Romano, il Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, il Lucumone e il Nucleo Archeologico Antica Caere. Tutte, meno una, storicamente impegnate da tempo su questo territorio.
Non voglio di nuovo dilungarmi sulla straordinaria novità che il bando del PACT ha introdotto nel contesto del Volontariato Archeologico di Cerveteri. E del grande impegno che le quattro associazioni si sono assunte nei confronti delParco accettando integralmente le nuove regole e i nuovi protocolli di intervento. Questa volta vogliamo lasciare la parola ad uno dei protagonisti di questo progetto innovativo che vede cooperare insieme le istituzioni del PACT e alcune associazioni di Volontariato Archeologico di Cerveteri: l’Architetto Tommaso Vagnarelli. Un ricercatore in restauro architettonico presso il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino. Insieme a Emanuele Morezzi, professore in restauro architettonico che coordina le ricerche del Politecnico a Cerveteri, ha elaborato il progetto che hanno sottoposto al Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia.
Non è un personaggio inedito per i Volontari Archeologici. Per tre anni ha fatto la spola tra Torino e Cerveteri per scrivere la sua tesi di dottorato. Ma è addirittura dal 2018 che, per svolgere insieme al suo team le ricerche sul nostro territorio, spesso lo si poteva incontrare, con la sua inseparabile macchina fotografica e con il suo drone, tra i tumuli della Banditaccia.
Alla fine,dopo sette anni, non si può certo dire che Cerveteri sia diventata la sua seconda città, ma sicuramente gli occupa stabilmente un pezzo del suo cuore.
Quella che segue è la lunga, ma interessante, intervista che ci ha concesso nell’ultima sua venuta a Cerveteri.
Cerveteri cooperazione tra PACT e Volontari
Perché il Politecnico ha scelto proprio Cerveteri e il suo Parco Archeologico per sviluppare e realizzare i suoi progetti di ricerca?
“Il motivo è che Cerveteri rappresenta un unicum per chi come noi, che siamo un piccolo gruppo di ricercatori del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, si occupa di restauro archeologico. Quando nel 2018 Emanuele Morezzi (professore di restauro architettonico e coordinatore scientifico di queste ricerche) ed io siamo per la volta venuti in sopralluogo in questo luogo, siamo stati profondamente colpiti da un aspetto in particolare, cioè dalla profonda relazione, quasi simbiotica, che esisteva tra i monumenti archeologici e la natura. Relazione che,chi si occupa di conservazione sa bene avere due facce: quella del fascino, delle suggestioni che questo binomio trasmette a ciascuno, e quella dei danni che la vegetazione stessa può causare ai monumenti.
Dopo aver verificato, nel corso di sopralluoghi e rilievi come queste criticità fossero diffuse un po’ ovunque nella necropoli, in particolare per via degli alberi che stavano fessurando le strutture, abbiamo deciso di avviare una serie di studi volti a comprendere come rendere equilibrata questa convivenza tra natura e ruderi archeologici, nell’interesse di entrambi gli elementi. Queste ricerche, dal 2018 ad oggi, hanno già prodotto una tesi di specializzazione post-laurea, una tesi di dottorato e due distinti progetti di ricerca.Uno dei quali, il progetto P.Ar.Co. – Paesaggi Archeologici e Conservazione, è attualmente in corso in collaborazione con il PACT. Ed entro la fine dell’anno è prevista anche l’uscita di un libro.”
All’interno di questo vostro progetto c’è anche spazio per i Volontari Archeologici che operano nel nostro territorio.Alcune associazioni, con la firma della convenzione, sono ufficialmente entrate a farne parti. Può spiegarci come mai questa scelta?
“Certo. Il volontariato è un fenomeno che nel corso degli anni ha inciso molto e positivamente sullo stato di conservazione generale della Necropoli di Cerveteri. Si tratta di un fatto che non abbiamo potuto, evoluto, ignorare. Per questo motivo abbiamo iniziato a studiarlo approfonditamente, per circa 3 anni, cercando di capire come le attività dei vari gruppi avrebbero potuto essere coinvolte maggiormente, e in maniera più organizzata nell’azione di tutela degli enti, rendendole più efficaci da un punto di vista conservativo, ma senza snaturarne lo spirito. Con la nascita del Parcoabbiamo poi avuto l’occasione di trasformare questa ricerca, che era uno studio più che altro teorico, in un progetto vero e proprio, che è ora una parte integrante del programma P.Ar.Co. Di questo va ringraziato in particolare il Direttore Vincenzo Bellelli, che ha mostrato un’apertura su questo tema che non era scontata. Parliamo pur sempre di un tema, quello del volontariato, piuttosto divisivo. E credo che lei lo sappia bene.
Vorrei aggiungere a questo proposito una cosa: sono a conoscenza delle critiche che sovente vengono avanzate a chi coinvolge i volontari in qualsiasi tipo di attività. Dal nostro punto di vista, oltre a credere nel valore sociale del coinvolgimento delle persone nelle attività di tutela (perché il patrimonio è innanzitutto bene comune, e chi vuole, con le giuste regole e responsabilità, deve poter prendere parte alla sua cura) pensiamo che coinvolgere i volontari, i cittadini, non sia solo un modo di risparmiare soldi, ma sia piuttosto un’occasione per sperimentare nuovi approcci, in questo caso alla conservazione, e per fare di più di quello che normalmente si potrebbe fare. Questo è lo spirito che muove tutto il progetto.”
Proprio perché sono consapevole che quello del Volontariato è un tema divisivo, le chiedo se avete avuto difficoltà a convincere la Direzione del Parco dell’opportunità di coinvolgere i Volontari Archeologici che operano a Cerveteri?
“Come dicevo, no. C’era la piena consapevolezza da parte della Direzione del lavoro svolto nei decenni passati dai volontariin sinergia con la Soprintendenza.Quindi, quando abbiamo presentato loro il nostro progetto, che si avvaleva di anni di ricerca sul campo e che proponeva una soluzione operativa per coordinare un’eventuale collaborazione, non è stato difficile trovare una soluzione per avviare i lavori.
Dall’altra, c’è la volontà di applicare la legge. L’Italia nel 2020 ha ratificato un importantissimo e innovativo documento, la “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società” ( http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione-di-Faro.pdf ), dove, per fare un esempio, all’articolo dodici si dice che gli stati firmatari si impegnano a “incoraggiare ciascuno a partecipare al processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione dell’eredità culturale” e a “riconoscere il ruolo delle organizzazioni di volontariato, sia come partner nelle attività, sia come portatori di critica costruttiva nei confronti delle politiche per l’eredità culturale”.”
Ci può raccontare, sinteticamente, in cosa consiste il vostro progetto per il Parco?
“Il progetto si compone di una serie di attività, che abbiamo chiamato di “cura partecipata”,che integreranno l’azione di tutela svolta dal PACT, e che i volontari svolgeranno in fase sperimentale per un anno nelle aree a loro assegnatigli. Si tratta di un insieme di operazioni piuttosto semplici, che si sommeranno a quelle tradizionalmente svolte dai gruppi.Ma che condotte capillarmente su tutta la superficie della necropoli e con costanza potranno portare a dei risultati molto interessanti, utili e inediti.
Due di queste attività saranno per esempio il monitoraggio e la prevenzione: i volontari ci aiuteranno a tenere sotto controllo una serie di monumenti da noi individuati, che si trovano in situazioni di rischio, e a svolgere una serie di semplici azioni preventive che potranno impedire che in futuro si verifichino quelle stesse problematiche che un po’ ovunque hanno portato al danneggiamento delle strutture. Il concetto è questo: con l’aiuto dei volontari, grazie anche alla loro esperienza sul campo e alla loro conoscenza del territorio, potremmo testare un sistema integrato di controllo, e piccola manutenzione, diffuso per tutta la necropoli.A un livello tale, in termini di persone coinvolte e di tempo dedicato, che raramente è stato sperimentato. Si tratta, appunto, di un esperimento. Proviamo a vedere come va.”
Quale sarà il suo ruolo all’interno del progetto?
“Io ed Emanuele Morezzilavoreremo fianco a fianco con il Parco per coordinare le attività delle associazioni. Questo significa che, come stiamo già facendo da alcuni mesi, saremo in costante contatto con i volontari.Forniremo loro il supporto scientifico necessario, organizzeremo incontri formativi e sopralluoghi sul campo e ne monitoreremo i risultati. Abbiamo già fatto molto in questo senso: gli incontri sul posto, da giugno, sono già stati tre.E diversi documenti operativi sono già stati condivisi con i gruppi.”
Ha parlato di monitoraggio e di prevenzione. Se non ho capito male di cosa si tratta, possiamo sicuramente dire che non si tratta di attività svolte regolarmente dai volontari archeologici che operano a Cerveteri
“In realtà non del tutto. Uno dei concetti su cui si basa questa convenzione è quello di non voler snaturare il volontariato, che resta un’attività che le persone fanno per piacere nel tempo libero. Per fare ciò, nei tre anni di studio, abbiamo osservato da vicino le associazioni per capire come operassero. Una cosa molto interessante di cui ci siamo accorti e che la maggior parte delle operazioni che avevamo in mente, i volontari già le svolgevano, ma in forma meno strutturata e sistematica. Il monitoraggio, per esempio, è qualcosa che fa parte del DNA delle associazioni: ogni gruppo è sempre stato molto attento a ciò che succedeva nelle proprie aree.Ha sempre segnalato tempestivamente agli enti ogni evento anomalo, come caduta di alberi, distacchi di materiale, attività clandestine. Il monitoraggio non è molto diverso da questo. Stesso discorso per la prevenzione e per tutte le altre attività presenti: si tratta di operazioni che le associazioni erano in qualche modo già abituate a condurre. Noi le abbiamo studiate a fondo e le abbiamo dato una veste un po’ più scientifica, che potesse renderle più utili nell’ottica di una collaborazione di carattere specialistico.”
È evidente, leggendo il bando di partecipazione, che il paradigma dei rapporti tra i volontari e le istituzioni subirà un cambiamento. Si ragionerà più per progetti ben definiti a priori, costantemente monitorati e valutati alla fine nei risultati.Alcuni Volontari, soprattutto all’inizio, lo hanno interpretato con un inutile aumento della burocrazia. Lei cosa ne pensa?
“Penso che questa nuova stagione del volontariato, l’essere stati coinvolti in una collaborazione di questo tipo, vada innanzitutto intesa come un riconoscimento da parte dello Stato dell’importante lavoro svolto dalle associazioni a Cerveteri nel corso degli anni. Essere coinvolti a questo livello nell’attività scientifica di un’istituzione come un parco archeologico ad autonomia speciale, lo status più elevato che in Italia può raggiungere un’area archeologica (Cerveteri è ora come Pompei a livello normativo, non dimentichiamolo) è qualcosa di inedito, di cui le associazioni possono essere orgogliose.
Ovviamente questo comporta che ci siano delle regole in più, proprio perché altrimenti la collaborazione sarebbe impossibile, non sarebbe possibile né coordinarsi, né operare in sintonia con gli specialisti. Non è burocrazia, ma piuttosto metodo.”
Quali sono state le sue sensazioni dopo i primi contatti con le Associazioni che hanno vinto il bando?
“Ho percepito una preoccupazione iniziale per queste nuove regole, che sembrano aumentare il carico di lavoro per le associazioni, ma dopo i primi incontri mi è parso che questi dubbi siano stati dissipati in gran parte. Come ho detto prima il carico di impegno per le associazioni non cambia.Cambia la sistematicità con cui le attività devono essere svolte e la modalità di confronto con gli enti, che diventando una collaborazione a tutti gli effetti, necessita che entrambe le parti rispettino delle regole in più per permettere il coordinamento.”
Sarà previsto, e anche questa è una novità per le aree archeologiche di Cerveteri, l’utilizzo di ditte specializzate per affiancare i volontari nella pulizia e manutenzione delle aree soggette alla crescita incontrollata del verde. Mi sembra un’utile sinergia
“Rispondo ricollegandomi alla questione dei timori delle associazioni circa il carico di impegno e responsabilità. Pensiamo al fatto che l’attività più impegnativa che svolgevano le associazioni, in termini di tempo e sforzo, era proprio quella dello sfalcio di ettari di superficie della Necropoli. Ora questa cosa, a partire da giugno, è stata in gran parte ridimensionata grazie all’introduzione di una ditta di sfalcio che alleggerirà moltissimo l’attività delle associazioni. Nelle aree in cui opererà questa ditta, come la zona dell’Autostrada e quella dei Grandi Tumuli, alle associazioni spetterà soltanto un’attività di rifinitura, per esempio all’interno dei dromoi delle tombe. È un notevole cambio di marcia rispetto al passato che, speriamo, permetterà ai gruppi di concentrarsi su attività culturalmente più stimolanti.”
Sono state scelte, tra quelle che hanno partecipato, solo quattro Associazioni di Volontariato. Quali sono stati i criteri che hanno portato a questa scelta? C’è stata una commissione che ha deciso?
“Sì, c’è stata una commissione,istituita dal Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia,che ha valutato attentamente i curricula di ogni gruppo, e i progetti che ciascuno ha dovuto proporre. Era importante che le associazioni avessero un’adeguata conoscenza del territorio e una dimestichezza con attività sul campo, non solo di tipo culturale. Ricordiamoci che la situazione di Cerveteri è un unicum, anche per quanto riguarda le capacità che hanno sviluppato i gruppi nel corso del tempo, che sono molto più operative che altrove. Le associazioni, anche non di Cerveteri, dovevano avere queste caratteristiche per poter essere selezionate.”
Ad ogni Associazione, avete assegnato delle aree ben precise di competenza all’interno del Parco. E delle aree dove tutte e quattro potranno intervenire in sinergia. Quale è stato il criterio di assegnazione?
“Il criterio scelto dal PACT è stato quello di privilegiare l’assegnazione di aree su cui già i volontari avevano operato in passato. La Via degli Inferi al GAR, il Laghetto al GATC, Campo della Fiera al NAAC. È sembrato corretto porsi in continuità con il passato, e continuare a favorire quell’affezione per i luoghi che è carburante fondamentale per il volontariato. Ogni volontario è molto legato ai luoghi su cui opera da tanti anni. Questa è una cosa bella che non poteva essere cancellata da scelte insensibili a queste dinamiche.
Come ha sottolineato,il PACT ha pensato a un’area di attività condivisa, quella dei Grandi Tumuli, dove le associazioni non avevano quasi mai operato. Questo è stato fatto per recepire anche una richiesta che proveniva dalle associazioni stesse: quella cioè di avere una spazio per poter operare congiuntamente e organizzare eventi tutti assieme. Le associazioni sono certamente in sana e naturale competizione tra loro.Ma c’è anche, d’altra parte, un grande affetto e stima reciproci di cui ho avuto molte testimonianze in questi anni. A noi e al PACT è dunque sembrata un’idea interessante quella di provare questa nuova sinergia tra le associazioni.”
Mi sembra di aver capito che, il primo periodo, sarà una sorta di laboratorio dove le procedure e le regole potranno essere affinate. Prima di andare a regime nei prossimi anni
“Sì esatto. Proprio perché si tratta di un’attività sperimentale, di un livello di collaborazione tra enti e comunità che ha pochi esempi in passato, abbiamo ritenuto che questo anno dovesse essere sperimentale.Anche per recepire eventuali richieste da parte delle associazioni, nel caso alcune attività risultassero troppo complesse o per qualche ragione non fattibili come avevamo ritenuto. A giugno 2025 ci sarà un incontro tra associazioni, PACT e Politecnico di Torino dove valuteremo assieme i risultati conseguiti. Questo incontro servirà per stilare il documento definitivo, un protocollo che guiderà le attività negli anni a venire.”
Un’ultima domanda: lei è ottimista sui risultati che potranno essere ottenuti nei prossimi anni all’interno del Parco?
“Quello che si sta tentando è qualcosa di nuovo e dunque non possiamo sapere come andrà. Le premesse però sono ottime e da parte nostra c’è stato tutto l’impegno possibile. Parliamo sempre di un progetto che ha avuto tre anni di gestazione, con un’attenzione particolare alle esigenze delle associazioni e sempre con la consapevolezza di avere a che fare con il volontariato e con i valori sociali di cui si fa portatore.Che non intendevamo in alcun modo infrangere. Quello che però mi fa essere particolarmente ottimista è soprattutto l’aver avuto modo di conoscere i volontari in questi anni: ne ho sperimentato la serietà, la dedizione, la passione e l’affetto per i luoghi e per la civiltà etrusca. Con queste premesse non penso ci sia la possibilità che questa collaborazione non produca i frutti sperati. Riparliamone tra un anno…”