Uno spettacolare viaggio tra le acque e i siti archeologici del nostro territorio. L’intervista al regista Domenico Parisse
Cerveteri, domani presentazione del documentario “L’Agro Cerite e le sue Acque”. Uno spettacolare viaggio tra le acque e i siti archeologici del nostro territorio – di Giovanni Zucconi
Nonostante Cerveteri sia un sito UNESCO, non mi risulta che siano stati girati molti documentari sul suo territorio. È una grave lacuna che si aggiunge alle altre “stranezze” di una città bellissima, assolutamente emozionante e ricca di storia.

Domani, alle ore 18:00, nell’Aula consiliare del Granarone, a Cerveteri, verrà presentato un documentario che cerca di colmare in parte questa spiacevole lacuna. Stiamo parlando del film “L’Agro Cerite e le sue Acque”, del regista Domenico Parisse.
“L’Agro Cerite e le sue Acque” è stato un progetto autofinanziato e corale. Che unisce acqua e archeologia, emozione e studio. Con una rete di volontari a supporto come valore aggiunto. Un lavoro divulgativo, pensato anche per scuole. E, soprattutto, come un invito a scoprire Cerveteri oltre i percorsi consueti.
Per conoscere meglio il lavoro che è stato dietro questo documentario, abbiamo chiesto un’intervista al regista Domenico Parisse. Che gentilmente ce l’ha concessa.

Lei ha fatto diversi documentari, in varie città dell’Etruria. C’è un filo conduttore tra tutti questi lavori?
“C’è un filo conduttore. Il primo documentario nasce nel territorio di Veio. Abbiamo parlato dei Veientani. Poi ci siamo trasferiti nella valle del Treja. Il connubio tra tutti è questo: io seguo l’acqua, il fiume. Dal fiume nasce poi la storia, e l’archeologia che si sviluppa attorno al fiume. È stato il fiume Cremera per i Veientani e il fiume Treja per i Falisci.
Poi mi sono occupato dei Ceretani. Devo dire un po’ per caso. Il territorio non lo conoscevo. Mi sono reso conto che a Cerveteri ci sono tante cose che la gente non conosce. Grazie alle associazioni, che sono fondamentali perché conoscono il territorio, abbiamo creato questo terzo documentario che presenteremo domani, 25 ottobre.”
Il terzo documentario nasce perché ha trovato Enzo Stefanoni e Giuseppe Giangreco che le hanno fatto conoscere il territorio “più profondo” di Cerveteri?
“In questo lavoro c’è chi mi ha seguito a livello di scrittura/sceneggiatura, Pietro Magrì, che conosce molto bene il territorio, anche se è di Roma. Mi ha proposto il documentario, e mi ha presentato Enzo e Giuseppe. Abbiamo fatto una scaletta ipotetica di circa 45 siti, poi una cernita di quelli più interessanti. Ne è nato un film di circa 40 minuti. Uscirà anche un libro con lo stesso titolo, “L’Agro Cerite e le sue Acque”. Il libro vuole essere un contributo da lasciare sul territorio. Un libro fotografico che rimane in biblioteca quando vuoi sfogliare e rivedere il lavoro. Il DVD è un po’ obsoleto: il libro lascia sempre una traccia.”

Cosa le ha colpito di più a Cerveteri? E cosa non si aspettava?
“Non è stato facile, rispetto alle altre due iniziative. Cerveteri all’inizio è stata difficile sul piano burocratico-permessi. Poi improvvisamente tutto si è aperto. Forse le istituzioni hanno capito l’importanza del lavoro. Mi ha stupito molto il fascino delle tombe, in particolare la Tomba dei Rilievi “affrescata”. Secondo me è un pezzo unico del territorio. Tutto è naturalmente bello a Cerveteri. Anche la Banditaccia che avevo visitata in passato. Ma in quella tomba c’è un tocco affascinante che ti blocca.”
Mi sembra di capire che nessuno la finanzia nel realizzare questi documentari. Non è un rischio imprenditoriale notevole?
“Non vengo da una famiglia di nobili. La passione è l’unica risposta. Un mio istruttore di sub, ex documentarista Rai, me lo ripete: “Fai queste cose perché hai passione”. A Cerveteri non pensavo ci potessero tante difficoltà per un lavoro che farebbe bene a tutti. Nei due documentari su Cremera e Falisci è stato tutto più facile. Ma ho un difetto: sono abruzzese. O mi dici “no” o vado avanti.”
Quale è stato il ruolo dei volontari in questo suo ultimo lavoro su Cerveteri? Quanto sono stati importanti Giuseppe, Enzo e Lucilla?
“Il loro ruolo è stato fondamentale. Il gruppo di lavoro è composto da otto persone. Nessuno ha ricevuto un compenso, tutto volontariato. Loro conoscono il territorio meglio delle istituzioni. Il merito di ciò che si vedrà domani durante la presentazione è soprattutto loro. Io ho solo premuto il tasto “REC”. Il documentario lo hanno realizzato loro, con le loro conoscenze. Senza di loro non avrei fatto nulla. Il risultato è unico e veritiero: non il classico documentario “riempi scaletta”, ma “quello che c’è davvero a Cerveteri”.”
Perché il titolo “L’Agro Cerite e le sue Acque”? Perché non mettere più in evidenza la parte archeologica del territorio di Cerveteri?
“Per continuità con gli altri lavori. A Cerveteri non c’è un fiume vero e proprio, ma ci sono cascate e un bacino. L’acqua resta comunque il filo conduttore dei miei lavori. Io nasco nel ’91 come sommozzatore e operatore subacqueo. In tutto quello che faccio c’è sempre l’acqua. Sotto e sopra. In questo lavoro ho anche fatto un’immersione e documentato la parte subacquea. L’acqua e l’archeologia, insieme, creano stupore e interesse.”

In cosa questo documentario su Cerveteri è diverso dagli altri?
“Per due motivi. Ci sono inquadrature che raccontano in modo diverso, e una ricostruzione grafica di quattro siti. Per far capire com’erano. Alcune situazioni oggi sono quasi irriconoscibili. Il taglio del documentario è divulgativo, con un’attenzione anche alle scuole. Speriamo di poterlo proiettare agli studenti. Perché loro sono il futuro per mantenere il territorio.”
Il documentario ha anche una valenza di promozione turistica?
“Sì, nel senso che farà invogliare, chi fa tre giorni a Roma, a spostarsi a Cerveteri e scoprire il suo territorio. L’idea è divulgare il territorio ceretano a livello televisivo nazionale. Ho già avuto esperienze con i precedenti. Porteremo il turista da Roma a vedere Cerveteri con gli occhi del documentario.”
C’è una “scena madre” che rivendica con un pizzico di vanità?
“Il cunicolo dell’acquedotto è spettacolare. Soprattutto il primo tratto che fa capire come è stato realizzato. Spazi stretti, muoversi con attrezzatura e luci. Con me dentro, altri due. Giuseppe e Lucilla fuori per la sicurezza. Non so se sono il primo ad averlo filmato in quel modo. Ma questa volta voglio fare il vanitoso: l’abbiamo fatto in un certo modo.” (sorride)

Domani il documentario verrà presentato a Cerveteri, all’interno del Granarone di Cerveteri. Cosa ci sarà oltre al film?
“Verrà presentato domani alle ore 18:00, nell’Aula consiliare del Granarone. L’ingresso sarà gratuito e libero. Penso che sarà una bella serata. Ogni proiezione mi dà sensazioni difficili da spiegare: un brivido di piacere. A seguire, prevediamo altre uscite del filmato anche in altri Comuni, come per esempio Bracciano, se interessati. Il film dura 40 minuti.”
E il libro?
“Il libro è di 200 pagine, e racconta fotograficamente i siti, con informazioni e impressioni mie. È di facile lettura e utile perché mostra ciò che si vede nel video.”
Nel video lei è il narratore “che sta un passo indietro”, e spinge il bottone “REC”? O uno che sta dentro, e si sente che sta dentro?
“Sto dentro. Studio prima le inquadrature, ma senza sopralluoghi per “scaldare” l’emozione. Faccio una ricerca iniziale su Internet, poi arrivo e filmo subito. Niente scalette o storytelling a tavolino. È sul posto che nascono le scelte e lo sguardo del regista.”











