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Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia. Ovvero il legame indissolubile tra la città dei vivi e la città dei morti

Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia – di Giovanni Zucconi

Nella storia dell’Umanità, sono molte le città perdute e di cui non è si è avuta più traccia per secoli. Tra queste c’è anche Cerveteri. Questo è il racconto di come una metropoli che ha dominato i traffici in una parte del Mediterraneo, e che ha offerto rifugio alle vestali della potente Roma quando questa fu attaccata dai Galli, possa letteralmente sparire nelle nebbie della Storia e della Geografia. Di come una città con una storia millenaria e con una popolazione, al massimo della sua potenza, di circa 30.000 abitanti, possa essere stata confusa, per secoli, con un piccolo borgo non molto distante.

Ma soprattutto questa è la storia di un legame inscindibile e indissolubile tra la città e la sua Necropoli. Di come persa una, anche l’altra non vuole e non deve apparire. Ma di come, ritrovata una, anche l’altra riemerge a rivendicarne la sorellanza.

Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia. Ovvero il legame indissolubile tra la città dei vivi e la città dei morti
Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia

Caere (Kysry come la chiamavano gli Etruschi) era una città molto grande per gli standard di quell’epoca, eppure, per molti secoli a partire dal basso medioevo, se ne era letteralmente persa ogni traccia.Tanto da alimentare, tra gli studiosi del passato, lunghe controversie sulla sua effettiva collocazione.

In particolare, si divisero nel proporre l’ubicazione originaria di Caere, o nell’allora povero villaggio di Cerevetère o nel piccolo borgo di Ceri. Finche ci si limitò a studi superficiali, anche per l’evidente assonanza nel nome, il toponimo di Ceri partiva avvantaggiato.

Ma come ho già accennato, trovo singolare ed affascinante il fatto che ci sia stato un destino comune tra la città dei vivi e la città dei morti. Sia il centro abitato, che le sue necropoli, furono sepolti dalla Storia e dal Tempo sotto una spessa coltre di terra e di oblio. Come se la memoria di una non potesse sopravvivere senza la presenza dell’altra.

Le cause principali di questa perdita di memoria sono sicuramente da individuare nella caduta e nella decomposizione dell’Impero Romano.E dalle conseguenti e inevitabili scorrerie dei vari popoli barbari che attraversarono il territorio. Queste impoverirono la zona e dispersero gli abitanti.

Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia

Il primo autore ad associare Cerveteri all’antica Caere fu l’umanista Biondo da Forlì (1392-1463) che, nel suo libro Roma restaurata et Italia illustrata, parlando di Santa Severa scrive: “… poco appresso va giù nel mare il fiume Ceretano al lato al quale, fra terra, è hora Cervètere terra che al tempo che i Galli Senoni pigliarono Roma fu detta Cere de’ conservati…”.

Il fiume di cui parla è il Vaccina, e la definizione “Cere de’ conservàti” si riferisce al già citato rifugio offerto per la “conservazione” e la difesa delle Vestali, e degli arredi sacri di Roma, al tempo del sacco dei Galli. In un periodo in cui il borgo di Ceri era considerato il legittimo erede della città di Caere, un altro studioso che la collocò correttamente nell’area dell’attuale Cerveteri, fu il frate dominicano Leandro Alberti, che sostenne questa ipotesi in un suo libro del 1550, Descrittione di tutta Italia.

A causa della discordanza delle fonti, l’enigma continuò fino ai primi decenni del diciannovesimo secolo. Nel 1834, lo studioso Antonio Coppi, nelle sue Memorie pubblicate negli Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, sostiene che Ceri era stata edificata dove allora sorgeva Caere.

Nel 1836, la stessa Accademia, a seguito della scoperta di alcune tombe etrusche nel territorio di Ceri, cerca di dirimere la questione affidandola ad un altro studioso, il Cav. Pietro Ercole Visconti. Ma le sue ricerche non riuscirono a determinare con certezza chi fosse l’erede della città Etrusca.

Insomma, finché gli studiosi cercarono di attribuire la posizione della sola città di Caere, non arrivarono a nessun risultato certo e dimostrabile. Le cose cambiarono quando cominciò ad emergere la città dei morti. Fu proprio l’indissolubilità del destino della città dei morti e di quella dei vivi che fece riemergere dalla nebbia della Storia l’effettiva collocazione dell’antica Caere. Furono i sempre più frequenti ritrovamenti, nel territorio di Cerveteri, di tombe monumentali e ricche di corredi che fecero cadere ogni dubbio su chi dovesse essere la legittima erede di Kysry.

Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia
Caere: quando una grande metropoli si perde nella nebbia della Storia

Un episodio determinante fu, nel 1836, la scoperta della tomba Regolini-Galassi e del suo principesco corredo. La ricchezza di questa tomba e l’ipotesi che avesse accolto un personaggio di primissimo piano di Caere, fece pendere di molto la bilancia a favore dei sostenitori di Cerveteri nella disputa con Ceri.

E finalmente, solo dopo due anni questo ritrovamento, nel 1838, l’architetto archeologo Luigi Canina, dimostrò definitivamente, nella sua opera Cere antica, che era il povero villaggio di Cerveteri e non il borgo di Ceri, il vero e legittimo erede della città etrusca scomparsa.

Adesso che la necropoli, la città dei morti, stavano emergendo dopo secoli dalla terra e dai rovi che l’avevano nascosta, anche la città dei vivi, Caere, poteva finalmente rivelare il suo volto, invecchiato di secoli, in quello della moderna Cerveteri.

Non sottovalutiamo questa straordinaria coincidenza di destini. Che ci faccia invece da monito e da insegnamento a tutti noi che abitiamo e amiamo Cerveteri. La morale che emerge da questa storia è che riusciremo ad evitare un nuovo oblio, e soprattutto riusciremo a collocarci nel giusto posto che la Storia ci ha assegnato, in tutti i sensi, solo se saremo capaci di conservare, amare e valorizzare l’immenso patrimonio archeologico che gli Etruschi ci hanno lasciato in eredità

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