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Cronaca

Visite col contagocce presso l’Aurelia Hospital “Nostro padre è nella solitudine”

La denuncia di Bruna Bartolini che punta il dito sulla riduzione degli accessi al nosocomio

Visite col contagocce presso l’Aurelia Hospital “Nostro padre è nella solitudine”

A denunciare la situazione è Bruna Bartolini, residente a Ladispoli: “Non posso vedere mio padre in ospedale: vive nella solitudine”.

Una storia come ce ne sono tante magari in questo periodo. Ma nonostante il Governo sia andato in una direzione più leggera dal punto di vista delle regole relative alla gestione sanitaria sul fronte del Covid, gli ospedali agiscono per conto proprio. Il papà, 81enne, è ricoverato all’Aurelia Hospital dal 18 gennaio scorso. È stato sottoposto ad un intervento chirurgico al ginocchio, ma per via di un batterio dovrà rimanere allettato ancora per parecchio.

Le visite avvengono però solo col contagocce. “Sono iniziate solo dopo la prima settimana che mio padre era ricoverato perché questo è quello che ci hanno imposto – è la testimonianza sempre della figlia – solo dopo la prima settimana di degenza possono iniziare le visite dei parenti il martedì e venerdì dopo che aver inviato una mail in reparto e solo dopo l’approvazione e l’orario stabilito, esclusivamente con Green pass valido alla mano, tampone negativo e mascherina Fpp2”.

Visite col contagocce presso l’Aurelia Hospital “Nostro padre è nella solitudine”
Visite col contagocce presso l’Aurelia Hospital “Nostro padre è nella solitudine”

Secondo quanto raccontato, può entrare solo un parente, i pazienti all’interno almeno del reparto ortopedia, non hanno neanche il televisore.

“Un uomo di 81 anni come mio padre è in completo abbandono psicologico senza sostegno della famiglia, con difficoltà a chiamare e a fare videochiamate”. Un disagio dietro l’altro. “A volte lo chiamiamo – dice Bruna – e lui ci dice che suona il campanello ma non arriva nessuno, allora non ci resta che chiamare il reparto chiedendo se qualcuno
può andare in quella stanza”. Il padre non può nemmeno avvicinarsi alla finestra per vedere la moglie e la figlia giù di sotto. “Dal punto di vista psicologico è una violenza.
Quanto può reggere circondato da sconosciuti che passano per mettergli flebo e dargli pasticche e basta? Dove sono i diritti del malato? Quando mia madre parlando con il chirurgo che ha operato papà gli ha detto che nessuno lo faceva sedere sul letto e alzare, lui le ha risposto che la fisioterapia avrebbe già dovuto iniziarla da giorni. Non parlano, oppure nelle corsie non essendoci parenti che monitorano il loro operato si sono rilassati tutti, tanto chi li controlla?”.

La figlia ladispolana continua a piazzarsi tutti i giorni sotto le finestre del padre all’Aurelia Hospital. “Tornerò domenica – promette – con tutti e sette i suoi nipotini che gli hanno
fatto dei disegni e ci saranno anche le mie due sorelle. Staremo lì sotto la sua finestra per fargli sapere che lo aspettiamo di fuori. Mia madre l’ha vista solo 4 volte su 17 giorni: è davvero una situazione assurda”.

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