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Ci sta un limite alla nefandezza? Storia del peschereccio Rodi naufragato a Porto San Giorgio

Storia del peschereccio Rodi naufragato – di Angelo Alfani

Ognuno, come scrive Corrado Alvaro, è responsabile del proprio tempo,e deve fare i conti con quello presente, con le sue e le nostre contraddizioni.

Nella notte tra il 23 e 24 dicembre del 1970 un peschereccio  di nome Rodi naufraga a causa delle avverse condizioni del tempo (mare forza otto) davanti alle coste di Porto San Giorgio.

Per una settimana non viene tentato alcun recupero e nessuno si muove nonostante potessero esserci ancora dei marinai vivi ( la cosa venne  considerata antieconomica: in molti sostennero allora che l’ armatore avrebbe ricevuto il premio dell’assicurazione solamente se la nave fosse affondata del tutto) , fino a quando l’intera città di San Benedetto del Tronto inscena una clamorosa protesta: vengono fatti chiudere tutti i  negozi, il municipio, le scuole di ogni ordine e grado.

Lo scalo ferroviario viene occupato e da un treno merci vengono scaricati sui binari decine e decine di  tronchi  e con camion e automobili viene bloccata la statale Adriatica.

L’Italia rimase divisa in due. La città intera è  in rivolta e chiede  il recupero immediato del peschereccio e del suo pietoso contenuto.

A guidare la reazione di una popolazione indignata è un gruppo di pescatori atlantici ( la marineria di San Benedetto è la più grande d’Italia) con il peso determinante  del movimento degli studenti appartenenti in maggioranza al gruppo di estrema sinistra Lotta Continua. I giornali di allora definiscono la giusta lotta di una comunità come “la notte delle barricate”, la convinta partecipazione dei giovani come opera di facinorosi estremisti.

I cartelli, scritti a mano ,attaccati sui muri della cittadina gridavano:Vogliamo sapere chi dobbiamo ringraziare per questi nostri morti, per questo Natale di lutto.

A quel punto arrivarono i sommozzatori, gli elicotteri ed il tanto atteso pontone per il recupero.

Ma la tragedia si è oramai consumata. Il mare che dava vita procurò tragedia.

Ogni tentativo di intervento risultò vano, e solo il 29 dicembre il pontone in prossimità della costa pescarese riesce a sollevare il Rodi , trasportandolo nel vicino porto di Ortona.

Quattro membri dell’equipaggio furono rinvenuti all’interno dello scafo, mentre gli altri furono restituiti dal mare nel febbraio successivo.

Dieci morti su cui la avidità e la grettezza d’animo hanno avuto le loro  responsabilità.

Due le considerazioni:

una comunità fiera e convinta della giustezza di una causa non si ferma davanti a nulla e niente può impedirle di salvare degli esseri umani, naufraghi per di più :le parole invece restano vuote annunciazioni, chiacchiera in rete o patetiche apparizioni televisive, se a queste  non fanno seguito atti concreti ;

la avidità e grettezza d’animo possono di nuovo, dopo cinquant’anni, avere responsabilità nella tragedia dei quarantanove uomini, donne e bambini in balia di un mare ostile.

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