di Giovanni Zucconi
Una volta si diceva che dietro un grande uomo ci fosse sempre una grande donna. Adesso potremmo dire lo stesso se parlassimo di sport giovanile a Cerveteri. Dietro un atleta cerveterano promettente, c’è quasi sempre una grande donna: Loredana Ricci.
In queste settimane i social e i giornali locali si sono riempiti delle gesta degli atleti che lei allena nella società sportiva “Etrusca Atletica”. Quindi non voglio ripetere l’elenco delle medaglie vinte, e degli strepitosi tempi che hanno fatto segnare in queste settimane i cronometri. Quello che vi proporremo è l’intervista che Loredana Ricci ci ha gentilmente concesso.
Un’intervista dove emerge una donna straordinaria, prima ancora di una allenatrice vincente. Un’allenatrice che non vuole insegnare solo a vincere. Le vittorie possono anche non arrivare. Non sono la cosa più importante. Quello che conta è costruire, insieme ai giovani atleti, un percorso di vita dove vincono i valori, non solo sportivi, e dove regna la passione e la gioia di stare insieme. Condividendo, tutti insieme, vittorie e sconfitte.
Spero di trasmettervi con questa intervista tutto il suo spessore di donna e allenatrice. Ma se non ci riuscirò, come direbbe sicuramente lei, almeno ci ho provato e ce l’ho messa tutta.
Cominciamo dal principio. Come è iniziata la sua passione per l’atletica?
“Io ho iniziato a fare atletica quando avevo 6 anni, quasi 52 anni fa. In un contesto che adesso è anche difficile da immaginare. Eravamo tantissime ragazze di Cerveteri, più di 100, che facevamo atletica. Era una grandissima novità. Mi ricordo che a quel tempo, per una bambina, la scelta era tra fare atletica o fare la majorette. Non c’erano tutte le possibilità che ci sono adesso. Io poi ero una bambina iperattiva.”
E quindi ha scelto l’atletica
“Si. Nell’atletica ho trovato i miei spazi. Il campo Galli non dico che era diventata la mia seconda casa, ma forse addirittura la mia prima casa. Era un posto di incontro per noi ragazze. Dove oltre che correre, condividevamo anche tantissime altre cose. Allora non c’erano i cellulari, e i rapporti non erano virtuali.”
Era diverso anche il rapporto con la città di Cerveteri, immagino. C’era un diverso senso di appartenenza rispetto ad oggi
“C’era un forte senso di appartenenza al nostro territorio. Noi ci sentivamo Cerveterane a tutti gli effetti. Amavamo questo paese. Ricordo ancora le prime gare fatte alla Necropoli o alla Boccetta. Per noi gareggiare era anche vivere il territorio. Era un onore gareggiare per un’associazione cerveterana. Io ho avuto la fortuna di vivere questo tipo di atletica. Era un’atletica vera. Un’atletica viva, fatta di rapporti veri. Quando andavamo a gareggiare a Roma, che a noi sembrava già lontana, non facevamo altro che gridare dai finestrini, per tutto il viaggio: “Cerveteri, Cerveteri”.”
Ma lei ad un certo punto è diventata troppo forte per potersi allenare solo a Cerveteri
“Non avendo le strutture a disposizione, mi sono trasferita a Torino per tantissimi anni. Dove sono stata allenata da Renato Canova. Che era l’allenatore della nazionale femminile. E dove ho avuto la possibilità di allenarmi con atleti olimpionici. Da lì ho cominciato a girare il mondo facendo gare di atletica.”
E ha conseguito molti successi internazionali
“Ho avuto la fortuna di vivere l’atletica da protagonista. Ho vinto la maratona di Israele. Sono arrivata terza alla maratona di Barcellona. Ho visto la maratona in Egitto. Devo dire che io ho avuto tutto quello che potevo avere all’epoca, dando tutta me stessa. Senza scorciatoie. Ho fatto ben 26 maratone, molte internazionali. E molte vinte.”
Come e quando si decide di smettere di gareggiare e di cominciare ad allenare gli altri? È una decisione difficile?
“Si sceglie quando ti rendi conto che le priorità che avevi prima non sono adesso più le tue. Quando ti accorgi che allenarsi tre volte al giorno toglie troppo tempo a te, e a quello che dovresti dedicare agli altri. Si sceglie quando ti rendi conto che hai dato tutto. Quando ti accorgi che la ricerca spasmodica del risultato e del gareggiare intorno al mondo va scemando. La mia è stata una decisione presa in piena serenità, e senza traumi. Una normale evoluzione del mio modo di vivere l’atletica. Ero consapevole di aver dato tanto all’atletica, e di aver vinto molto. Di più non avrei potuto fare.”
Da allenatrice, come vede le strutture sportive messe a disposizione a Cerveteri?
“Non ci sono strutture adeguate. C’è il campo Galli, dove, 10 anni fa, sono state realizzate le sue quattro piste di atletica. È un punto di riferimento importante. Le quattro corsie sono fondamentali per gli allenamenti. Ma spero che sia solo un punto d’inizio. E che in futuro vengano realizzate le quattro corsie in un impianto idoneo anche per farci delle gare. Questo è il mio sogno.”
Cosa manca a Cerveteri per farla diventare un centro di eccellenza sportiva?
“Manca la volontà politica di fare una pista di atletica.”
Basterebbe solo quella?
“Si. Quest’anno, con l’Etrusca Atletica, abbiamo raccolto 150 ragazzi iscritti. È una meraviglia. Facciamo progetti nelle scuole. Stiamo dando tanto a questa città. Ma abbiamo bisogno di una struttura idonea. Non ci basta più il campo Galli. Il nostro sogno è che almeno una delle quattro corsie sia realizzata in Tartan.”
Una cosa che mi stupisce sempre è che nonostante la cronica mancanza di strutture, poi ne emergono tanti di atleti a Cerveteri. Se non ricordo male, l’anno scorso furono premiati ben 107 atleti cerveterani che avevano conseguito un risultato importante. Come è possibile?
È possibile perché nei piccoli centri ci sono meno distrazioni rispetto a quelli più grandi. Quindi i ragazzi riescono a convogliare le loro energie in modo più continuativo nello sport. I miei ragazzi si allenano tutti i giorni. Questo li porta ad avere ottimi risultati. Poi tutte le associazioni cerveterane hanno ottimi allenatori. Ma anche nel passato è sempre stato così. A Cerveteri, abbiamo sempre avuto dei ragazzi che sono emersi nello sport, e che hanno conseguito degli ottimi risultati a livello nazionale. Le eccellenze le abbiamo sempre avute. Se avessimo anche le strutture sportive adeguate, potrebbero emergere meglio.”
Vedremo mai un atleta cerveterano alle Olimpiadi?
“Visto gli ultimi risultati, voglio essere scaramantica, ma sono sicura che li vedremo.”
Ha anche dei nomi?
“Non li posso fare, ma ci sono. Li vedremo… Cerveteri è una città che ha regalato in tanti anni tantissime eccellenze nello sport. E sono sicura che in futuro, anche prossimo, vedremo anche degli ottimi risultati nell’atletica. Le ricordo che nei giorni scorsi, il nostro Francesco De Santis è arrivato secondo nella gara dei 400 metri. Vicinissimo dal primo, Lorenzo Benati, che parteciperà alle Olimpiadi di Parigi.”
Come sceglie la disciplina atletica sulla quale allenare un ragazzo? Viene lui e ti dice cosa vuole fare? O lo decide lei?
“Non do mai un’indicazione ad un ragazzo che viene per la prima volta sul campo. La prima cosa che faccio, e quella di farlo innamorare del nostro sport. Quando sono piccolini li faccio avvicinare a tutte le discipline: lanci, salto, corsa, … Poi seguo sempre quello che dice il cuore all’atleta. Non vado contro le volontà del ragazzo. Sarà lui che nel tempo sceglierà lo sport a lui più congeniale. Io devo solo farlo crescere in quello che lui ama.”
Che differenza c’è tra lei e una mamma, quando fai l’allenatrice?
“Effettivamente io sono un po’ mamma dei miei atleti. Quest’anno ho più di 100 figli. Gli devo trasmettere una passione che non deve finire con i risultati del cronometro. Ma non deve neanche iniziare con i risultati di un cronometro. Non devo mai dare delle false speranze. Bisogna farlo innamorare di questo sport, per farlo avvicinare alle gare con la passione e l’entusiasmo. Bisogna insegnare che il risultato di uno è il risultato di tutti. L’atletica è uno sport individuale, ma il gruppo è fondamentale. È sbagliato se il ragazzo si sente partecipe di un progetto sportivo solo per quello che vale. Se corro forte valgo, se non corro forte non valgo. Dobbiamo trovare altri sistemi per avvicinare i ragazzi allo sport e tenerli uniti. Dobbiamo unirli sui valori. Spesso, proprio per questo, facciamo delle raccolte benefiche che coinvolgono i nostri ragazzi.”

Lei allena tanti atleti vincenti. Che differenza c’è tra un’atleta allenato da lei, da quello allenato da un altro allenatore? Lei cosa dà in più o di diverso rispetto agli altri? O cosa la rende diversa?
“Mi rende diversa la “non fretta” di raggiungere subito gli obiettivi. Le racconto cosa mi è successo con Franceso De Santis. Lui era stato convocato a due raduni nazionali. Ma già nel primo si è infortunato. Ha avuto una microfrattura al quinto metatarso. Peccato che dopo poche settimane avrebbe dovuto fare i campionati italiani indoor. A seguito di questo infortunio c’è stato naturalmente un primo periodo di destabilizzazione. Ma poi ho cercato di vedere un aspetto positivo, ammesso che ce ne possano essere quando a un atleta capita un infortunio. Lui era anche in lista per i mondiali under 20 che ci saranno ad agosto. Ho pensato che, se proprio doveva accadere qualcosa, era meglio che fosse accaduta allora. Ho fatto quindi 10.000 passi indietro, e ho iniziato ad allenarlo in un’altra maniera. Senza farlo mai avvicinare al campo, ma ho usato la piscina. Tutti i giorni andavamo in piscina, e gli ho trasmesso tanta tranquillità. Gli ho detto che quello che ci era successo ci avrebbe permesso di essere più in forma rispetto agli altri nel periodo luglio-agosto. Quindi abbiamo lavorato non per cercare subito il risultato a tutti i costi, ma per arrivare preparati agli appuntamenti più importanti. E poi se andrà bene, saremo tutti felici, altrimenti pazienza. Noi abbiamo comunque fatto tutto il possibile. Quindi è importante per me la calma.”
Quelli della mia generazione sono spesso portati a pensare che i giovani non vogliano più fare dei sacrifici. Ma lo sport è anche sacrificio
“Se imposti il loro impegno come un sacrificio, sarà un sacrificio per loro e per me che li alleno. Se invece la imposti come una voglia di fare, di raggiungere un obiettivo, sarà tutto diverso. Io chiedo dove vogliono arrivare, e li assicuro sul fatto che io ci sarò sempre accanto a loro. Lo sanno che devono trovare il modo di arrivare al loro obiettivo, e che io ci sono. Non deve essere un sacrificio. Deve essere un impegno. Tra impegno e sacrificio c’è una voragine. I sacrifici nella vita sono altri. Bisogna trasmettergli questo. Farli anche toccare e conoscere i veri sacrifici della vita. In questo modo si rendono conto che stanno facendo una cosa che gli piace, e che li fa stare bene.”
Qual è il suo rapporto con i genitori dei ragazzi? Si parla sempre malissimo dei genitori dei giovani calciatori
“Io ho con loro un rapporto fantastico. Gli faccio capire che senza l’apporto “da” genitore, io non potrei fare atletica. Perché io ho bisogno che ci sia una linea unica tra genitore e allenatore. E questa si crea se tu non dai false speranze. Se sei corretta, e dici sempre la verità.”
Ma non ci sono genitori che spingono il loro figlio perché lo considerano una speranza dell’atletica mondiale?
“L’atletica non è un’opinione. È fatta di tempi e di misure. Non si può bleffare. Ai genitori io chiedo loro solo di aiutarmi a creare, per i loro figli, un percorso sano, pulito e tranquillo. Quello che fanno è un percorso di vita, e deve essere il migliore possibile. Un percorso fatto non solo di risultati. Lo sport deve lasciare un’impronta sui ragazzi. Non si ragiona solo con il cronometro. Non dirà mai “tu sei bravo perché hai fatto il minimo per partecipare ai mondiali, e tu no”. Per me sono tutti ragazzi che vale la pena sostenere nel loro percorso.”
Ci ha detto che presto avremo un cerveterano alle olimpiadi. Un altro obiettivo che si è prefissata a breve? I mondiali under 20?
“Dopo il tempo strepitoso che ha fatto Francesco a Foligno non sapevo se ridere o piangere. Ero talmente felice per lui… Ci avevano detto che quest’anno sarebbe saltato, e invece Francesco è in lizza per partecipare ai mondiali. E ce la giocheremo alla pari degli altri. Se ci andremo bene. Ma se non ci andremo avremo comunque dato il massimo.”
Diciamo che, se non lei fosse scaramantica, direbbe che Francesco andrà ai prossimi mondiali under 20?
“Se non fossi scaramantica direi di sì. Lo spero tanto perché è un ragazzo che se lo merita davvero. Si svolgeranno in Perù a fine agosto. Consideri che ha fatto il secondo tempo stagionale in Italia. A pochi centesimi dalla prima prestazione.”