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Progetto Arbolia, Sinistra Italiana Ladispoli: “Il 62 % delle piante è già morto e del restante 38% una parte è destinata a morire”

Progetto Arbolia, Sinistra Italiana Ladispoli: "Il 62 % delle piante è già morto e del restante 38% una parte è destinata a morire"

“Il progetto Arbolia è diffuso in tutta Italia ed è sostenuto economicamente da SNAM e da Cassa Depositi e Prestiti attraverso sponsor privati; può accedervi gratuitamente qualsiasi comune. La condizione è che si abbia la necessità di riqualificare un’area di almeno 2 ettari e si accetti la sponsorizzazione, che in questo caso è di oltre 67.000euro. In queste condizioni il comune non sostiene altra spesa se non quella di consegnare il terreno preparato per la piantumazione”.

Continua poi: “Il nostro comune è stato tra i primissimi in Italia ad ottenere la sponsorizzazione e per l’iniziativa è stato scelto un terreno che negli anni passati era anche stato oggetto di degrado.

L’amministrazione ha partecipato alla redazione del progetto proponendo un impianto che riprendesse le caratteristiche vegetative del bosco di Palo.”
“Da ultimo si deve considerare che alla fine dell’estate la soc. Arbolia provvederà al reimpianto di quelle essenze che non hanno attecchito. Inutile dire che tutte queste informazioni, per chi ha veramente a cuore l’ambiente, si potevano trovare con facilità, soprattutto se si è consigliere comunale, o magari chiedere al sottoscritto che ha curato l’iniziativa.”

Da quanto dichiarato da Filippo Moretti a Baraonda News, il Comune di Ladispoli ha partecipato attivamente al progetto individuando e preparando il terreno per la piantumazione delle tremila piante consapevole,pertanto del degrado in cui versava quel terreno.

𝗣𝗿𝗲𝗽𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲 𝗯𝗼𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗲𝗻𝗼

Per anni buona parte dei terreni del Cerreto lungo il fosso Sanguinara, sono stati utilizzati come discariche abusive e questo è importante per comprendere cos’altro è miscelato alla terra utilizzata per la piantumazione delle specie arboree piantate da Arbolia.
Su quasi tutta la superficie dell’area piantumata troviamo, infatti, ben evidenti pezzi di asfalto proveniente presumibilmente dal rifacimento del manto delle strade comunali, pezzi di calcestruzzo e pezzi di travertino provenienti dalla ristrutturazione di edifici abitativi; era infatti usuale smaltiremateriali di diversa origine e abbandonarli su terreni inutilizzati con evidente risparmio sulla spesa per lo smaltimento. In quell’area in particolare è stato smaltito tanto di quel materiale che alla fine l’orografia ne è stata modificata.

La prima osservazione che avanziamo al Consigliere Moretti è proprio questa: se vogliamo creare un bosco naturale prendendo come riferimento il bosco di Palo la prima cosa che occorreva fare era la bonifica del terreno e non una semplice aratura, bensì, occorre asportare tutti i materiali estranei e inquinanti come l’asfalto. Ciò, da quanto è stato possibile rilevare, non è stato fatto, ma si è piantumato su quella che possiamo definire fuori dai denti: una discarica.

𝗣𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗮 𝗖𝗮𝗻𝗻𝗲

Un altro aspetto importante di cui bisognava tener conto è la presenza di vegetazione spontanea lungo la fascia più vicina al fosso formata dalla canna comune (Arundo donax).La canna comune è una pianta erbacea perenne spontanea nel bacino del Mediterraneo. La riproduzione avviene per via vegetativa attraverso i rizomi sotterranei. I rizomi sono legnosi fibrosi e formano estesi tappeti nel terreno che possono penetrare nel terreno fino a un metro di profondità. Dai nodi presenti sui rizomi si sviluppa la parte aerea della pianta. La canna è una specie molto invasiva che tende a soffocare le altre piante. Prima di piantumare era opportuno bonificare il terreno anche asportando tutti i rizomi dal terreno, anche i pezzetti di qualche centimetro. Ovviamente questo non è stato fatto, e ora una parte importate dell’area interessata alla piantumazione è invasa da canne e, una volta piantate le piante non c’è modo di eliminarle. Più che un bosco di Palo c’è un canneto!!

𝗔𝘁𝘁𝗲𝗰𝗰𝗵𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗲

Le piante appena trapiantate hanno a disposizione solo l’acqua presente nella zolletta del vaso dove sono cresciute, le radici stanno tutte li. Chi fa i trapianti in primavera, quando sta partendo la nuova vegetazione, si deve preoccupare di fare delle irrigazioni tempestive e evitare che le zollette di substrato dove sono cresciute le piante si asciughino. Se questo succede le radici seccano e con esse tutta la pianta.

Già ad inizio maggio abbiamo notato che una parte delle piante era secca e ancora non c’erano state le ondate di calore di giugno e inizio luglio. Appena fatto il trapianto le piante sono state irrigate? Noi crediamo di no, altrimenti non ci sarebbero state già tante piante secche. Se è stato fatto è stato in modo inappropriato. Il 10 di luglio per vedere quante piante erano ancora in vita, abbiamo isolato tre superficie di circa 750 metri quadri e controllato le piante. Il primo controllo è stato fatto su la superficie situata infondo a Via delle Primule. Su 98 piante messe a dimora 53 erano secche e 45 vive. Il secondo controllo è stato fatto su una superficie posta alla fine di Viale Mediterraneo. Le piante totali messe all’interno di questa superficie sono 116, di queste 61 sono secche, le restanti 55 sono composte in parte da piante agonizzanti e in parte da piante ancora verdi. Il terzo controllo è stato fatto su una superficie situato a monte del deposito di gas per il quartiere, le piante messe a dimora su questa superficie sono 120, di queste solo 12 sono vive e 108 sono secche. In pratica più del 62 % delle piante sono già morte e del restante 38% una parte è destinata a morire, e solo una parte si salverà se verranno irrigate al momento giusto. Se questa è la situazione vuol dire che qualcosa non è andata per il verso giusto tra cui anche una procedura di piantumazione inadatta e sicuramente non ha funzionato la cura post trapianto.

Vogliamo porre, infine, un’ ultima domanda: Nel progettare un bosco naturale così vicino alle abitazioni del Cerreto si è calcolato il rischio incendi?

Lo chiediamo perché le piante messe a dimora sono in parte di tipo arbustivo con portamento cespuglioso (Rosa canina, Lentisco, Crataegus), in natura formano dei grossi cespugli molto fitti. Un’altra parte è composta da piante a alto fusto. Ipotizziamo che tutte le piante attecchiscano, come nell’obiettivo di chi l’ha progettato e che si sviluppino rigogliose, considerando l’alta densità di impianto (distanza tra le piante) tra le piante rimane poco o niente spazio. Alle piante messe a dimora bisognerà aggiungere tra qualche anno tutte quelle spontanee tipo le erbeannuali e perenni, i Rovi (Rubus ulmifolius), le canne (già presenti), ed altre; quindi, nell’ipotesi più rosea, tra qualche anno potremmo avere una fitta vegetazione ma ingestibile, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza verso il rischio di incendi.

Infatti, in estate, tutte queste sterpaglie secche creerebbero un sito ad alto rischio di incendio a cui saranno esposti gli edifici abitativi molto vicini all’area e che in alcuni punti sono separati dall’ipotetico bosco solo dalla strada e, ancora più problematico, vicinissimo al deposito del gas che ancora alimenta il quartiere.

Noi pensiamo che questo rischio non sia stato valutato adeguatamente. Facciamo presente che proprio in quell’area negli anni si sono sviluppati diversi incendi anche molto violenti che più di una volta ha richiesto l’intervento massiccio dei Vigili del fuoco con autobotti e elicotteri.

Non vogliamo, tuttavia, avanzare solo le critiche, vorremmo invece organizzare un sopralluogo nell’area per valutare insieme la situazione invitando il Consigliere Moretti, i Consiglieri di opposizione, i cittadini e chiunque voglia partecipare.

𝗜𝗹 𝗖𝗶𝗿𝗰𝗼𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗦𝗜 𝗟𝗮𝗱𝗶𝘀𝗽𝗼𝗹𝗶

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