Padre Roberto Busa, il gesuita che insegnò a leggere ai computer e che ha cambiato la storia dell’informatica – di Giovanni Zucconi
Ci sono azioni che sono talmente scontate e quotidiane, che non ci rendiamo neanche conto della complessità che c’è dietro. E dell’immenso lavoro che è stato fatto per permetterci di realizzarle.

“Alexa, che tempo fa oggi?”. O, ancora più banalmente, fare una ricerca su Google per farsi dire la capitale della Lituania. A noi sembra tutto semplice. In fondo stiamo semplicemente chiedendo ad una “macchina” di fare una ricerca su un enorme archivio.
Più o meno, concettualmente, è vero. Ma ci sfugge l’elemento più importante che ci permette di fare tutto questo. La “macchina” capisce quello che abbiamo detto o che abbiamo scritto. La “macchina” comprende il nostro linguaggio e può operare su dei testi qualsiasi. Complessi quanto si vuole. Mi rendo conto che questa cosa probabilmente non vi sconvolge più di tanto. Ma invece dovrebbe. Perché i computer non sono nati per capire un testo. Sono nati per fare dei calcoli. Per trattare numeri, ed per eseguire velocemente delle operazioni matematiche complesse.

Questo facevano i primi, enormi, computer degli anni 50. Facevano calcoli per la pubblica amministrazione o per progetti militari. A nessuno, ma proprio a nessuno, era venuto in mente di utilizzarli per capire o leggere un testo.
Chi fu il primo a pensarci? Non ci crederete, ma fu un italiano. Per la precisione, fu il gesuita Padre Roberto Busa. Che possiamo orgogliosamente affermare che fu il primo a chiedere ai tecnici, e alle aziende produttrici, di impegnarsi per insegnare a leggere ai computer.
Ma da dove nasce questa richiesta? Busa aveva deciso di cimentarsi in un lavoro gigantesco. Costruire un indice dell’opera omnia di Tommaso d’Aquino. Probabile che i più giovani tra i lettori non abbiano più molta confidenza con gli indici. Che erano quelle lunghe liste di parole poste in fondo ad un libro. Ad ognuna delle quali erano associati i numeri di pagina in cui la parola compariva nel libro.

Quale era il problema di Busa? È che l’immensa bibliografia del filosofo cristiano è composta da ben undici milioni di parole in latino. E indicizzando una parola al minuto, 8 ore al giorno, per 365 giorni all’anno, ci avrebbe messo più di 62 anni a terminare il lavoro. Considerate che l’indice dell’intera opera di Tommaso d’Aquino oggi occupa ben 56 volumi.
Eravamo alla fine degli anni ’40 del secolo scorso. Busa provò a domandarsi, e soprattutto a domandare, se i nascenti computer avessero potuto aiutarlo. Si rivolse quindi ai professori delle più prestigiose Università europee e americane. Ma tutti gli dissero che quello che chiedeva, di fare leggere i computer, era assolutamente impossibile. I giganteschi computer di allora sapevano solo fare calcoli.
A quel punto, nel 1949, il gesuita si rivolse direttamente all’IBM. Dopo una prima reazione di scetticismo, i tecnici e gli ingegneri dell’IBM compresero quale straordinaria frontiera Busa gli stesse chiedendo di attraversare. Ed ebbero la visione di quello che avrebbero potuto realizzare a beneficio di tutta l’Umanità. Gli concessero quindi tutto il sostegno tecnico, le macchine e le risorse finanziarie che solo un gigante come IBM poteva mettere a disposizione.

Il risultato più immediato fu la realizzazione dell’”Index Thomisticus”. L’indice delle opere di Tommaso d’Aquino che Busa voleva realizzare. Quelli meno immediati, perché passarono diversi decenni prima che potessero vedere la luce, furono proprio quello che noi oggi diamo per scontato: poter parlare con un computer o una macchina, scrivere qualcosa ad un computer che lui capisca, fare ricerche su Internet o tradurre da una lingua all’altra. Queste sono le prime cose che mi vengono in mente. Per non parlare dell’Intelligenza Artificiale generativa. Senza quella visione, e quei lavori pionieristici, non avrebbe mai visto la luce. Non si sarebbe neanche potuta immaginare. Padre Roberto Busa ha letteralmente cambiato la storia dell’informatica.
Possiamo chiudere qui il ricordo di un grande studioso, il vicentino Padre Roberto Busa, gesuita, che per primo ebbe la visione, nei lontani anni ’40 del secolo scorso, di un mondo dove i computer non sapevano solo fare dei conti, ma che sapevano anche leggere, e capire cosa leggessero. Che sapevano trattare non solo i numeri, ma anche le parole. Che potevano comunicare con gli uomini. Tutte cose ormai che diamo per scontate, ma che non erano neanche immaginabili negli anni in cui i computer occupavano intere stanze. E che avevano una potenza migliaia di volte inferiore a quelle dei nostri telefonini.





Roberto Busa è morto a Gallarate, a 97 anni, il 9 agosto del 2011.









