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Netflix, Marvel e cinema: le mille voci di Valeriano Corini, il prodigio del doppiaggio italiano

Intervista a Valeriano Corini, il 15enne con più di 300 progetti di doppiaggio all’attivo è partito da Cerveteri e la sua corsa sembra inarrestabile

di Giorgio Ripani

È l’enfant prodige del doppiaggio italiano, eppure sembra quasi non saperlo. A lui interessano i personaggi, la magia che si riesce a creare in sala di registrazione, gli interessa credere nel prodotto che sta realizzando. Parlare con Valeriano Corini è spiazzante, 15 anni, tanta timidezza, ma occhi determinati e una voce che sembra di aver già sentito.

“E’ un vulcano” dice la mamma, che lo accompagna nei suoi impegni professionali. 15 anni e ben più di 300 voci doppiate tra cinema, serie tv e colossi dello streaming. Valeriano ha sicuramente pochi peli sulla lingua, tanti interessi che ama coltivare e una voglia di fare estremamente contagiosa.

Sebbene faccia parte della famosa generazione Z, al giovane fenomeno del doppiaggio non interessano i social o le luci della ribalta. Chissà dove lo porterà quella professione che lui vive ancora come il suo gioco: un gioco partito da Cerveteri e che ora lo porta quasi quotidianamente nei più importanti studi romani.

Netflix, Marvel e cinema: le mille voci di Valeriano Corini, il prodigio del doppiaggio italiano
Netflix, Marvel e cinema: le mille voci di Valeriano Corini, il prodigio del doppiaggio italiano

Com’è iniziato tutto?

V: “Forse è meglio che risponda mamma, è lei a sapere tutte le date”.

Maura (di seguito M): “Avevo iscritto Valeriano a lezioni di canto private allo Studio 111, qui a Cerveteri. Quell’anno, Giorgio (Paoni) mi parlò della partenza di una scuola di doppiaggio per gli adulti a cui avrebbero partecipato grandi maestri come Lesli La Penna e Saverio Cesarelli. Poi avevo chiesto se ci fosse la possibilità di creare anche una classe per i bambini e, nonostante un’iniziale incertezza, questa possibilità si è materializzata. Inizialmente c’erano 4 bambini, ma dopo appena 2 mesi era rimasto solo Valeriano.”

E tu, nonostante fossi rimasto solo, non hai mai pensato di smettere?

V: “In realtà no, a me piaceva, con Giorgio mi divertivo. Non era un problema che gli altri se ne fossero andati”.

A che età hai iniziato?

V: “9 anni”

Ora ne hai?

V: “15, oggi”

Tanti auguri allora

V: “Grazie!”

Per aver lavorato così tanto, i primi lavori devono essere arrivati in fretta

M: “Dopo appena 6 mesi. Leslie e Saverio si sono subito resi conto delle sue capacità. Tutto è partito con dei lavori piccoli, di brusio, fino poi ad arrivare a doppiare Dion, protagonista dell’omonima serie Netflix. Lì c’è stato un vero salto. Subito dopo è stata la volta di Jojo Rabbit e non ci siamo più fermati”.

Che effetto ti fa risentirti?

V: “In realtà mi capita poche volte. Non mi piace. Ho visto Dion e qualche altro film al cinema”.

Tra le altre cose questo periodo per te è particolare visto il cambio della voce, ti spaventa?

V: “Per il canto un po’ mi agita, per il doppiaggio sono tranquillo”.

Puoi raccontarmi come funziona quando arrivi in studio?

V: “Sì. Per prima cosa sistemano microfono e leggio. Il copione arriva lì per lì, non so mai cosa mi aspetta. Solo nel caso in cui ci sono dei cantati lunghi devo studiare. Poi vedo la scena in lingua originale, collego la cuffia, faccio una prova con la scena muta e poi incido. Spesso incido anche senza prova, sono piuttosto veloce”.

M: “Ha un orecchio particolare, riesce a percepire tutto e lavora molto velocemente. Adesso che è diventato un lavoro bisogna anche capire che tipo di prodotti realizzare, ha tante richieste. Tu lo vedi (rivolgendosi a me) che gioca e ride, ma in sala si trasforma”.

“Però non è la mia sola passione” sottolinea Valeriano, “Mi piacciono le Lego, ho una grande collezione e poi faccio kick boxing”.

E invece la scuola?

M: “Abbiamo optato per una privata e ha una buonissima media. La mattina a scuola e poi il pomeriggio andiamo a Roma. Abbiamo cercato un equilibrio e da mamma ti dico che non è facile. Piano piano, lo abbiamo trovato. Poi lui è un vulcano, dove passa, si sente.

Riesci a coltivare anche delle amicizie?

“Sì. Stasera esco infatti”. (ridendo)

Sono cresciuto con l’idea stereotipata che il doppiaggio sia un mondo molto chiuso, è effettivamente così?

M: “Molti sono figli d’arte, però quando trovano la persona giusta, la premiano. Ultimamente ci sono tanti ragazzi che arrivano dalle scuole”.

Chi è il doppiatore più figo con cui hai lavorato?

V: “Beh, parecchi. Massimo Corvo (Sylvester Stallone), Alessandro Rossi (Optimus Prime), Alex Polidori (Spiderman), Manuel Meli (Aladdin), Fabrizio Pucci (Hugh Jackman)”.

Insomma, parecchi!

V: “Direi di sì, in realtà anche altri”.

Ti mettono in difficoltà i personaggi socialmente impegnati, magari con storie difficili? E poi preferisci i buoni o i cattivi?

V: “Piangere non mi piace molto e poi sono difficili le risate. Decisamente i cattivi, è come chiedere se è più simpatico il ladro o il poliziotto”.

Ti è mai capitato che ti chiedessero di mandare messaggi vocali imitando un personaggio da te doppiato?

V: “Sì, mi chiedono sempre di fare la voce di Billie, il figlio di Wanda Vision”. (serie Marvel)

E con Giorgio Paoni e lo studio?

M: “Tra i tanti impegni, è un po’ difficile andare, ma Giorgio resta comunque un punto di riferimento”.

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