È veramente un usurpatore come sostengono alcuni? “Sì e no al tempo stesso”: intervista esclusiva
Massenzio raccontato da Marco Cecini: quando la passione si trasforma in divulgazione –
di Marco Di Marzio
Se Roma da grande è potuta divenire eterna, oltre alla sua struttura, organizzazione sociale e valori, lo si deve soprattutto alle gesta delle persone che l’anno vissuta, ed in particolare guidata, conducendola ai risultati conosciuti da tutti, storici e semplici appassionati del mondo antico. Tra essi uno spazio degno di sottolineatura lo trova Massenzio, Imperatore romano autoproclamato, che governò l’Italia e l’Africa tra il 306 e il 312 d.C.. Ebbe il riconoscimento del Senato romano ma non quello degli augusti Galerio e Severo (da lui fatto uccidere), che riconosceranno Costantino mentre Massenzio l’otterrà anche tramite la forza militare, per cui è ritenuto da molti un usurpatore. Considerazioni e annotazioni di dimensioni profonde che spingono chi scrive ad approfondirne l’argomento, ricorrendo alla consultazione di esperti in materia, come in questa circostanza nel caso del giovane Marco Cecini, nella vita rievocatore storico e studioso della vita e delle opere di Massenzio, titolare di un canale YouTube molto frequentato e conduttore di una trasmissione televisiva, in onda su Canale 10, dal titolo “Aeternitas – Lo splendore di Roma”, ringraziandolo per la disponibilità a rispondere a qualche domanda per il pubblico lettore.
Caro Marco, come è nata questa passione per le antichità di Roma?
È una passione che parte da lontano, che mi porto dietro da quando ero un bambino. Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un quartiere storico della Capitale, San Giovanni in Laterano, a due passi dalle Mura Aureliane, dal Colosseo, dai Fori… I miei giochi di bambino sono avvenuti all’ombra di questi grandiosi monumenti, e crescendo quello che era un contesto, uno sfondo per i miei ricordi, si è trasformato in qualcosa di più: un orgoglio, un interesse, la volontà di restituire alla mia Città una parte almeno di ciò che di bello da lei avevo ricevuto. E così ho deciso di celebrarne la gloria e l’eternità, attraverso l’attività della Rievocazione Storica e della Divulgazione. Questa scelta è arrivata comunque in un’età molto matura della mia vita, ci tengo a specificarlo. Tutto ciò che faccio non ha scopo di lucro, ed in Italia è davvero difficile, a differenza che in Europa, riuscire a rientrare anche solo delle spese che si sostengono attraverso questo nostro hobby, se così vogliamo chiamarlo. Io ho cominciato questa attività a 36 anni, sono sempre stato una persona molto “quadrata” e dunque avevo già conseguito a quell’età i traguardi che di solito tradizionalmente ci si pone nella vita di un uomo: una casa mia, una famiglia, un lavoro stabile. Questo mi ha permesso di concentrare molte energie e risorse in questo progetto che, va detto, è dispendioso e a fondo perduto, perché non prevede alcuna prospettiva di rientro di quanto speso. È, a tutti gli effetti, una passione. In quanto tale, prevede che si debba donare, più che ricevere. Ed è esattamente così che io la vivo, per me è una gioia donare, condividere, il mio amore ed entusiasmo per la storia dei nostri antenati comuni con tutti coloro che mi vogliono seguire, offrendo loro le migliori ricostruzioni che posso. Non è mai stata una questione di convenienza, o di guadagnarci qualcosa, e forse è esattamente per questo motivo che le persone apprezzano il mio operato, forse in esso vedono quella “purezza” che non riescono a trovare altrove. Non sempre, almeno.
E quella per Massenzio?
La tua breve introduzione ha descritto benissimo quel poco che di solito si dice di Massenzio, i cliché dietro i quali viene derubricata e archiviata la sua figura nei manuali di storia, poche righe che lo connotano semplicemente come un usurpatore che venne sconfitto dal grande eroe della Cristianità, Costantino.
Eppure, basta conoscere un minimo Roma per rendersi conto di cosa Massenzio abbia realizzato in questa città, che proprio sotto di lui raggiunse l’apice dello splendore possibile, una bellezza e una grandezza imparagonabili a quella raggiunta sotto i suoi predecessori. Sia nel centro di Roma che nel Suburbio, nelle principali vie consolari della penisola, la sua attività di buon governo ha lasciato tracce e testimonianze, nonostante il suo brevissimo regno di soli sei anni sia stato funestato da episodi critici e drammi: contiamo tre invasioni armate dell’Italia, una ribellione, una carestia, la morte del figlio primogenito in tenerissima età, la messa al bando da parte degli altri imperatori del suo tempo attraverso l’anatema di “nemico pubblico” che gli fu scagliata addosso nel 308 d.C. Eppure, nonostante questo destino avverso, Massenzio trovò il tempo, la forza e la volontà di regalare a Roma il suo più grande edificio civile, la Basilica di Massenzio, il suo più grande santuario, il Tempio di Venere e Roma, ricostruito dalle fondamenta dopo che un incendio aveva completamente distrutto il precedente impianto dell’epoca di Adriano, più piccolo, più basso, più semplice di quello che attualmente si può ammirare nel Foro, e che è appunto di epoca massenziana. Costruì una Villa meravigliosa al terzo miglio della via Appia Antica, e un’altra egualmente grandiosa a San Cesareo, al sedicesimo miglio della via Labicana. Quasi raddoppiò l’altezza di diversi tratti delle Mura Aureliane, costruì delle Terme sul Palatino dove ampliò il Palazzo Imperiale preesistente da epoca Augustana, Flavia e Severiana, molto probabilmente iniziò la costruzione di Terme anche sul Quirinale, completate poi da Costantino, così come l’edificio noto come Minerva Medica, forse un grandioso padiglione per le cerimonie in un contesto paesaggistico esclusivo. Riqualificò completamente la Valle del Colosseo, intervenendo sulla Meta Sudans, sul Colosso neroniano, sulle cosiddette Terme di Elagabalo, che secondo gli studi più recenti sono forse un ambiente dove il Concilium Principis, il ristretto entourage dell’Imperatore, si riuniva e conviviava. Per non parlare poi del Tempio di Romolo, degli importanti restauri del Foro di Cesare, del Foro della Pace, della Basilica Emilia, della costruzione della Statio Aquarum, l’ufficio per la cura delle acque pubbliche, a ridosso di una sorgente naturale sacra e dalla simbologia mitica importantissima, la Fons Iuturnae, posta fra la Casa delle Vestali e il Tempio dei Dioscuri, fino all’Arco di Giano nel Velabro, come ho recentemente cercato di dimostrare in una pubblicazione scientifica realizzata in co-autorialità con il Professor Gregori dell’Università Sapienza di Roma e, forse, secondo diversi studiosi, persino l’inizio della costruzione di quello che oggi chiamiamo Arco di Costantino, che fu completato dal Senato nel 315 con la costruzione dell’attico, e dedicato al Vincitore di Massenzio. Oltre a quella che probabilmente è la prima Basilica cristiana mai costruita da un’autorità imperiale romana, e con largo anticipo rispetto all’opera di Costantino: la Basilica Apostolorum, oggi nota come San Sebastiano Fuori le Mura, che sorge a soli 100 metri dalla Villa imperiale di Massenzio, su terreni probabilmente di sua proprietà, su suo ordine e commissione. Potrei andare avanti ancora, ma non voglio abusare della pazienza di chi ci legge. Questa piccola digressione era però essenziale per farvi comprendere quanto tutto ciò che le fonti antiche ci dicono di Massenzio, che fu un persecutore, un tiranno, un usurpatore, un vessatore di questa Città e del suo popolo, stonino terribilmente con la realtà che si para davanti ai nostri occhi, e che ci restituisce, al contrario, un uomo profondamente innamorato di Roma e dei suoi miti fondanti.
Puoi descriverci brevemente il personaggio?
Preferisco che siano le fonti antiche a descriverlo, così che io non possa essere accusato di faziosità o di millanteria. Eusebio, celeberrimo vescovo di Cesarea e braccio destro di Costantino, che di certo non era un sostenitore di Massenzio e cercherà di parlarne malissimo nella sua opera, la “Historia Ecclesiastica”, così da incensare e nobilitare il nome di colui che lo aveva ucciso, non potrà fare a meno di evidenziare che Massenzio fu il primo a restituire la libertà di culto ai cristiani, che in quegli anni venivano torturati, ammazzati e imprigionati per la loro fede, secondo le disposizioni di Diocleziano e della Tetrarchia, e che fu un uomo molto più mite e connotato di Pietas dei suoi predecessori (in greco nel testo del vescovo di Cesarea si usa il termine “Eusebeia”, che è un calso semantico proprio della Pietas romana). A lui fa eco un altro vescovo, Ottato di Milevi, che cito testualmente: “Tempestas persecutionis peracta est, iubente deo indulgentiam mittente Maxentio Christianis libertas est restituta” (La tempesta della persecuzione è giunta al termine: per ordine di Dio, e per opera di Massenzio, la libertà è restituita ai Cristiani).
Lattanzio lo definisce “superbus et contumax”, fiero e ostinato, e sottolinea come egli fosse stato l’unico, fra tutti i principi imperiali e i gerarchi e generali del suo tempo, a rifiutare di inginocchiarsi di fronte a Diocleziano e Massimiamo prestandosi al rito persiano della prostrazione (proskynesis), di recente introdotto nel cerimoniale di corte ufficiale romano.
Ritroviamo questa ostinazione nelle scelte della sua vita: Massenzio dimostrò di essere un uomo capace di sfidare chiunque, a costo di ritrovarsi solo contro tutti come in effetti avverrà, per i propri ideali e per proteggere ciò in cui credeva. È altamente plausibile, come abbiamo sostenuto con il mio collega Diego Serra insieme al quale abbiamo tradotto, studiato e pubblicato per la prima volta due suoi editti ufficiali in lingua greca, rinvenuti presso la Biblioteca Marciana di Venezia nel Fondo Nani e mai attenzionati finora dalla storiografia, che l’isolamento massenziano sia stato dettato proprio dalla sua presa di posizione a favore del Cristianesimo, in un momento storico in cui, al contrario, il potere ufficiale del tempo, la Tetrarchia, stava tentando di sradicare completamente dalla società questa religione che considerava pericolosa per lo Stato, anche a costo di massacri e stragi che ancora oggi trovano eco nell’agiografia e nei racconti della patristica.
Osservando, di riflesso, il comportamento di Costantino e come egli viene indicato dalle fonti, che di certo non gli sono ostili, al contrario di quanto avviene con Massenzio, abbiamo una chiara idea di come i comportamenti dei due siano stati antitetici: Costantino viene infatti definito da Aurelio Vittore “irrisor potius quam blandus”, beffardo più che blando; tale descrizione indica un uomo con un’attitudine tale da non sfidare apertamente un potere superiore con il quale poteva occasionalmente non essere d’accordo, ma piuttosto da aggirarlo, da blandirlo o beffarsi di lui, facendogli forse credere di essere allineato alle sue disposizioni ma poi, di fatto, non considerandole o non attuandole come avrebbe dovuto. Questo atteggiamento, permise a Costantino di consolidare il suo potere all’ombra della Tetrarchia, rafforzandosi mentre Massenzio veniva attaccato da ogni parte dai vari Severo, Galerio, Licinio, arrivando infine ad attaccarlo egli stesso, vincendolo e rimanendo l’unico Imperatore dell’Occidente e, poco dopo, dell’intero Impero Romano.
Un’importante epigrafe nel Foro Romano, del tutto inusuale fra le epigrafi imperiali che ci sono pervenute, descrive Massenzio in questi termini: “Censurae veteris pietatisque singularis”, un uomo degli dei costumi morali degli antichi e dotato di una Pietas fuori dell’ordinario. Questa stessa moralità, che viene denotata con il termine “Censurae” che evoca la più alta magistratura romana preposta al controllo della morale pubblica e dei valori etici della società, il Censore, il garante del Mos Maiorum, può aver giustificato un comportamento come quello poc’anzi descritto. Un uomo di tale principi non avrebbe temuto di sfidare ogni potere costituito, pur di fare ciò che riteneva doveroso e giusto. La stessa Pietas di cui ci parla l’epigrafe, fu quella che spinse Massenzio a seppellire con onore il suo avversario Severo, ucciso per ragion di Stato da lui stesso o forse dal padre di Massenzio, Massimiano, come indicano alcune fonti, presso il Mausoleo Imperiale di Gallieno sulla via Appia Antica. A Massenzio, tale onore non fu riservato dal suo avversario Costantino, che gli staccò la testa e la issò su una lancia, portandolo in trionfo per le strade di Roma. Non contento, in seguito spedì la testa dell’avversario sconfitto in Africa, affinché persino i suoi oppositori in quella regione potessero farne scempio.
Perché è fondamentale prestare attenzione a questo Imperatore romano?
Viviamo in una società che è ossessionata dal culto del successo, dalla vittoria, dalla visibilità. Ma che società può nascere quando la propaganda vince sulla verità, quando la vittoria a tutti i costi prevale sull’etica e sulla moralità, quando lo sconfitto perde ogni voce, dignità, diritto di essere compreso? Credo che sia molto pericoloso alimentare questo circuito, e che al contrario sia necessario controbilanciare questa narrativa con una maggiore attenzione posta al racconto della storia di coloro che sono stati sconfitti dalla Storia, che sono stati dimenticati, “dannati” dalle fonti ostili e piegate alla volontà dei loro vincitori e relegati all’oblio. Questo può aiutarci meglio a comprendere non solo i meccanismi che animano la politica e la società in ogni epoca e in ogni tempo, ma altresì a farci comprendere che tipo di uomini vogliamo essere, in cosa vogliamo credere, se quel che ci interessa è vincere a tutti i costi o restare strenuamente leali e fedeli a ideali eroici e positivi ereditati dalla nostra tradizione antica, indipendentemente se essi ci porteranno un utile oppure, cosa assai più probabile, no.
Anche una riflessione sulla propaganda è strettamente connessa alla rivalutazione dell’operato di questo Imperatore. Può una persona giusta, che ha servito con giustizia e impegno il proprio incarico, essere trasformato dalla cattiva stampa, da una macchina del fango capace di operare incessantemente contro la sua memoria per secoli, in un mostro dai tratti demoniaci, incubo di intere generazioni per mille e settecento anni? La risposta è sì, può. E per quanto spaventoso ciò possa essere, è importante che si sappia. Si deve sapere che la Storia è piena di “Massenzi”, di persone che erano assai diverse da come le fonti antiche ce le rappresentano. E che la distorsione, la sopraffazione e la demonizzazione del nemico sconfitto, sono dei tratti caratterizzanti della civiltà umana. Bisogna dunque avere la sensibilità di cercare la verità, ovunque essa si annidi, anche oltre i cliché eroici con i quali i vincitori della Storia hanno inteso rappresentare se stessi, sempre e in ogni epoca.
È veramente un usurpatore come sostengono alcuni?
Sì e no al tempo stesso. Innanzitutto bisogna partire dal presupposto che lo stesso Diocleziano, il fondatore della Tetrarchia, era un usurpatore. Egli era il comandante della guardia imperiale dell’Imperatore Caro, e con un colpo di stato si impadronì del potere alla sua morte sfidando il legittimo erede e figlio di Caro, Carino, riconosciuto dal Senato di Roma. Vinse la guerra contro di lui, e divenne l’unico Imperatore, ma per venti anni non si recò mai a Roma per chiedere il riconoscimento formale del Senato, come era prassi. Egli sapeva di non averne più bisogno, godendo del supporto dell’esercito. Divise il potere con tre dei suoi subalterni, e ognuno di loro stabilì il proprio potere in una città provinciale, rispettivamente a Nicomedia, Sirmio, Milano eTreviri. Roma cessava così di essere ufficialmente la capitale del mondo romano, laddove per capitale intendiamo il luogo dove il potere dello stato esercita e si stabilisce, ovvero sia laddove vive l’Imperatore. Addirittura la Tetrarchia volle spingersi oltre: volle sciogliere completamente ogni guarnigione armata presente nell’Urbe, smilitarizzandola, e per la prima volta nella storia dell’Impero, volle sottoporre la Città a una tassazione esattamente identica a quella delle altre province dell’Impero. Ovviamente il Popolo Romano non fu contento di queste misure, e vide in Massenzio, senatore di Roma e figlio di uno di questi quattro imperatori tetrarchici, Massimiano, la possibilità di una rivincita per Roma e per l’Italia.
Massenzio non venne riconosciuto dalla Tetrarchia, quindi si potrebbe dire che egli fu illegittimo, almeno dal loro punto di vista. Tuttavia fu riconosciuto dai Pretoriani, dal Popolo e dal Senato di Roma, e questo gli dava forse, agli occhi di molti suoi contemporanei, ancora maggiore legittimità di questi imperatori tetrarchici eletti solo per acclamazione dalle legioni ai confini dell’Impero. Su questo paradosso, si giocherà una partita a scacchi durata sei anni, che terminerà con la morte di Massenzio e il trionfo di Costantino, che prima fingerà di aderire all’impianto tetrarchico, e poi sarà colui che lo porterà alla definitiva distruzione.
Va inoltre rimarcato che Massenzio, oltre a scegliere di governare da Roma, sottoponendosi dunque al controllo del Senato e al giudizio del Popolo Romano, sposò Valeria Massimilla, che era rispettivamente figlia e nipote dei due più importanti imperatori di quel tempo, Diocleziano e Galerio. Un matrimonio dunque fondamentale, che diede a Massenzio un prestigio senza pari rispetto agli altri principi imperiali, e che testimonia senza dubbio come Massenzio, fino a un certo punto della storia, almeno, fosse in pole position nei meccanismi ereditari della Tetrarchia. Poi deve essere successo qualcosa. Qualcosa che ribaltò completamente le carte in tavola, e che deve aver totalmente alienato le simpatie degli altri Imperatori tetrarchici nei confronti di Massenzio. Io e il mio collega di studi Diego Serra riteniamo che questo qualcosa possa proprio essere stato la tolleranza di Massenzio verso il Cristianesimo, inviso e disprezzato dagli altri membri del collegio tetrarchico.
Quali e quanti sono stati i tuoi lavori dedicati a questo personaggio storico?
Fino ad oggi ho partecipato con alcuni autorevoli colleghi alla redazione di quattro articoli scientifici, due in lingua italiana e due in lingua spagnola. Con il Professor Gianluca Gregori dell’Università Sapienza di Roma abbiamo scritto un articolo dedicato all’Arco di Giano nel Foro Boario e Velabro, come accennavo, dove abbiamo tentato di dimostrare come il committente e realizzatore dell’arco sia stato proprio il nostro Massenzio. Con i colleghi Diego Serra, Fabio Manuel Serra e Alessandro Podda nel 2021 abbiamo realizzato una monografia di duecento pagine e un successivo paper integrativo di trenta dedicati alla scoperta di due inedite Epistulae vergate dall’Imperatore Massenzio e scritte in greco, preservate presso alcuni archivi ecclesiastici dell’Impero Romano d’Oriente, poi giunte in Occidente dopo la sua definitiva caduta nel 1453 e confluite nel Fondo Nani della Biblioteca Marciana di Venezia: tali epistulae contengono l’Editto di Tolleranza di Massenzio, databile fra il 307 e il 308 d.C. quindi di molto in anticipo rispetto agli editti di Serdica di Galerio del 311 e a quello di Milano di Costantino e Licinio del 313, e un rescritto contro i Donatisti in Africa, che testimonia come Massenzio avesse, anche qui in anticipo sui tempi, già scelto di sostenere la Chiesa Cattolica di Roma, con la quale evidentemente aveva raggiunto un accordo di piena collaborazione ma di stampo assolutamente Cesaropapista (va rimarcato che Massenzio esiliò ben due vescovi di Roma che evidentemente non si erano allineati alle sue disposizioni) contro le sette scismatiche cristiane. Massenzio evidentemente considerava percorribile la possibilità di inserire il Cristianesimo, a parte di tutte le altre religioni che nel corso dei secoli erano giunte dai paesi del Mediterraneo a Roma, all’interno della Pax Deorum. Non in posizione privilegiata, come poi avverrà con Costantino, ma in posizione di parità giuridica e mutuo rispetto reciproco con le altre religioni tradizionali pagane e politeistiche, esattamente come già avveniva da secoli, in rapporto alla religione giudaica.
Infine, nel novembre del 2022, con Diego Serra abbiamo dato vita a una nuova monografia, questa volta di circa quattrocento pagine quindi equiparabile come foliazione e impegno di ricerca a una Tesi di Dottorato, nella quale le Epistulae di Massenzio vengono messe in relazione con i papiri di Ossirinco e con altri documenti dell’epoca, al fine di provare definitivamente la loro autenticità, nonché con due nuovi documenti inediti, l’Editto di Persecuzione di Diocleziano, per la prima volta ritrovato, ricostruito e tradotto, e un editto di persecuzione anche a firma di Massimiano, padre di Massenzio, che probabilmente rilanciò la persecuzione di propria iniziativa nel 304, quando Diocleziano secondo le fonti era incorso in una terribile malattia ed era giunto in punto di morte, riprendendosi alcuni mesi dopo.
Parallelamente alla mia attività come ricercatore e storico, mi pregio di essere un Rievocatore e un Divulgatore. Ho cercato di ricostruire un’immagine “fisica” di Massenzio, a cui ho prestato il mio volto, studiando nei minimi dettagli le fonti letterarie, iconografiche e archeologiche in nostro possesso al fine di restituire a quest’uomo non solo la memoria delle sue opere e della sua vera storia, filtrata oltre i fumi della propaganda di regime, ma anche un sembiante realistico che lo vedesse apparire come doveva essere nelle sue vesti cerimoniali, amministrative, militari, sacerdotali, etc. Nel corso degli anni, ho realizzato numerosissimi abiti imperiali riconducibili al periodo di Massenzio, ognuno adatto ad uno specifico contesto della vita sociale e politica di un Imperatore romano. Ho ricostruito gli scettri di Massenzio rinvenuti dalla Prof.ssa Clementina Panella e dal suo team di scavo nel 2006 alle pendici nord-orientali del Palatino esattamente come essi emergono dalla pubblicazione di questi archeologi, con le esatte misure, materiali, strutture. Ho fondato un gruppo di Rievocatori Storici, chiamato Protectores Domini Nostri, che è specializzato nella ricostruzione della Corte Imperiale e della Guardia Personale di Massenzio e, più in senso lato, di un qualunque personaggio di rango imperiale collocabile fra la fine del III secolo e l’inizio del IV. Credo fermamente che la Rievocazione Storica possa essere uno strumento che sublima e consolida la ricerca scientifica, attraverso lo strumento dell’archeologia sperimentale. Ricostruire i costumi, gli armamenti, la propaganda, gli strumenti, le simbologie di quell’epoca, ti permette di comprenderla a un livello che va molto oltre quello acquisibile semplicemente attraverso la lettura di libri e studi di settore, per quanto validi. Io sto cercando di applicare questo metodo di Ricerca “a tutto tondo” proprio a Massenzio e alla sua epoca, e non nascondo che, se non avessi avuto l’esperienza della Rievocazione Storica alle mie spalle, mi sarei sentito molto meno sicuro e confidente in alcuni momenti della mia Ricerca come studioso e storico.
Nell’ultimo anno, poi, ho avuto la possibilità di portare la mia Rievocazione e Divulgazione anche in televisione, grazie a Canale 10, la prima e più importante tv del Digitale Terrestre del Lazio, per la quale ho realizzato in collaborazione con Andrea Contorni una trasmissione dal titolo “Aeternitas” dedicata proprio alla rappresentazione e descrizione di diverse panoplie militari dedicate a varie fasi della lunga storia di Roma: la trasmissione ha avuto un ottimo riscontro di pubblico e, a tutti gli effetti, così come la abbiamo concepita, è un unicum all’interno dell’offerta divulgativa televisiva europea. Chi avesse voglia di vedere di cosa si tratta, può trovare tutte le puntate caricate sul mio canale youtube, vi basta cercare “Marco Cecini” e mi troverete facilmente.
Più in generale, Roma, fin dove arriva la sua grandezza e dove inizia la sua eternità?
La grandezza di Roma è globale, l’impianto politico e legislativo internazionale è modellato sul diritto romano, l’alfabeto internazionale utilizzato in tutto il mondo, è l’alfabeto latino. La lingua internazionale che unisce tutti i popoli del mondo in tutti i consessi globali, l’inglese, pur essendo una lingua sassone di base è fortemente latinizzata, e presenta un lessico derivante per ben il 30% direttamente dal latino, e per un ulteriore 30% sempre dal latino ma per tramite del francese, lingua romanza che si impose con un poderoso lessico sul sostrato linguistico inglese al tempo della conquista dell’Inghilterra da parte dei Duchi Normanni di Normandia. Dunque non solo tutto il Mediterraneo e buona parte dell’Europa continentale sono figli ed eredi di Roma, ma anche tutti i popoli dell’America, sia a Nord che a Sud, che hanno modellato le loro società su quelle europee, l’Australia, e persino i paesi dell’Africa e dell’Asia. Questa è una cosa unica che nessun’altra civiltà del pianeta, in nessuna epoca della storia, può vantare. Nessuno ha fatto ciò che Roma è riuscita a fare, rendere universale la propria civiltà, far sì che sopravvivesse al di là del tempo e dello spazio. Va rilevato inoltre che, se la Roma dei Cesari è finita, la Roma dei Papi non ha mai cessato di essere. Roma è ancora la Città del Papa, e la città simbolo dei cristiani di tutto il mondo. Ed anche questo ha contribuito enormemente a rendere eterna la sua grandezza e unicità.
Le antichità di questa città hanno oggi lo spazio e l’habitat che meritano?
Non dappertutto, purtroppo. Il centro storico di Roma è meraviglioso ed è grandemente valorizzato, ma non è così in tutti i quadranti della Città né tanto meno nel suo suburbio, che è spesso poco o nulla attenzionato. Eppure ci sono tesori e bellezze immensi che meriterebbero di essere valorizzati, tanto e quanto i Fori. Questo non solo è un dovere morale, per restituire anche ai cittadini di zone non centrali della Città l’amore e l’orgoglio di vivere e risiedere qui, e di essere eredi di una grande storia, ma è anche e soprattutto una cosa intelligente da fare, perché creare più poli turistici e culturali attrattivi, valorizzare siti e risorse, vuol dire spingere le persone che vengono a trovarci e a visitare la nostra Città a tornare ancora, due, tre, quattro volte, perché un viaggio solo non basterebbe per vedere tutte le bellezze che questo luogo immenso e meraviglioso può offrire. La Rievocazione Storica e la Divulgazione hanno anche il compito di aiutare le amministrazioni e gli enti museali a creare indotto, ma devono permetterci di farlo. Devono accettare che siamo qui per aiutare, non per disturbare. Ma se una persona è la prima a non credere nel suo lavoro, e nella missione che è insita nel suo incarico, allora va da sé che non potrà mai avere un atteggiamento assertivo e propositivo nei confronti di nessuna iniziativa, e si accontenterà di “vivacchiare” lasciando che le cose ristagnino così come sono, senza cercare di farle evolvere verso un costante miglioramento, cosa che dovrebbe invece essere nel dna di tutti gli esseri umani e delle istituzioni, che sono emanazione ed espressione della loro creatività e socialità.
Prossimi lavori in tema di Massenzio e di Roma?
Sicuramente sono in cantiere altri lavori scientifici dedicato alla figura di questo Imperatore, in questi mesi sono emersi altri dati che stiamo indagando e analizzando, e che sarà sicuramente nostra premura mettere nero su bianco prossimamente. Anche dal punto di vista della Ricostruzione storica, di fatto non ci si ferma mai. Ho in cantiere alcune altre realizzazioni, e sto spingendo molto con i siti archeologici della Capitale affinché diano la possibilità, a me e ai miei ragazzi, di portare la nostra Divulgazione in questi contesti straordinari. Devo dire con rammarico che, fino ad oggi, non sono state molte le porte che ci sono state aperte, e non capiamo il perché. Ci sforziamo, anche con enorme dispendio di energie e di risorse economiche, di fornire un quadro Rievocativo il più corretto possibile e di livello museale, eppure questo non sembra bastare, né interessare. A volte l’impressione è quasi che non conti tanto la qualità per accedere a determinati siti o per entrare nelle grazie di determinati funzionari, ma che siano necessari altri “parametri”, che noi ovviamente non abbiamo. Siamo amatori, facciamo tutto per passione e senza scopo di lucro, vogliamo semplicemente lavorare, collaborare, affinché la nostra Città sia sempre più ricca di iniziative culturali e didattiche. Ma di qualità, come essa merita. Noi siamo a disposizione, lo siamo sempre stati, mi auguro sinceramente che ci verrà data la possibilità di dare il nostro contributo, e che i silenzi e i “no”, possano pian piano trasformarsi in un atteggiamento di tipo diverso. Fortunatamente, la mia attività è molto riconosciuta e attenzionata all’estero, ed ho ricevuto molti inviti ad eventi internazionali che probabilmente mi occuperanno già da settembre e per i prossimi anni. Compatibilmente con gli impegni di lavoro e di famiglia, sarà un vero onore “esportare” fuori da Roma tutto il mio amore e la mia passione per la Città in cui vivo e per questo personaggio straordinario che ne ha incarnato lo “spirito” in un modo in cui pochi hanno saputo fare. Come spesso si dice “nemo propheta in patria”, tuttavia io non smetterò mai di lottare per la mia Città, esattamente come Massenzio, che la difese strenuamente in ogni modo e fino al sacrificio ultimo della vita, ed è tutt’oggi ricordato con l’epiteto che egli stesso scelse per sé, “Conservator Urbis Suae”, il difensore della sua Urbe.
Caro Marco, nel ringraziarti di nuovo per l’intervista, in conclusione, a chi vuoi dedicare questa tua passione rievocativa?
Senza ombra di dubbio alla mia compagna Valentina, che mi supporta e mi “sopporta” soprattutto in tutte le mie follie, ai miei amatissimi figli, ai miei genitori e a mia suocera, per la loro pazienza e affetto. Nulla di ciò che sono riuscito a fare in questi anni sarebbe stato possibile senza di loro. Non solo a livello emotivo, ma proprio materialmente. Sono, di fatto, la mia squadra vincente. E il mio tesoro più grande. Il mio unico augurio è che possano essere almeno un po’ orgogliosi di ciò che sto facendo, e che ai miei figli di tre anni strapperò un sorriso quando, crescendo, potranno vedere nelle vecchie foto e su youtube ciò che combinava il loro pazzo papà quando loro erano più piccoli.