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Ladispoli, un ricordo di Ersilia Iovene tra memoria e melograni

Agresti: “Fra i tanti alberelli abbiamo voluto piantare anche un melograno le cui caratteristiche ci ricordano Ersilia”

Ladispoli, un ricordo di Ersilia Iovene tra memoria e melograni –

Riccardo Agresti, preside dell’Istituto Comprensivo Corrado Melone, voluto ricordare con un lungo post sui social network la professoressa Ersilia Iovene.

“Tempo fa ci ha lasciato la professoressa Iovene e, fra i tanti alberelli che cresceranno rendendo un giardino l’Istituto Comprensivo Corrado Melone proprio grazie alle cure dei bambini, abbiamo voluto piantare anche un melograno, il quale, secondo la simbologia, rappresenta l’energia vitale, espressione dell’esuberanza della vita, e significa fecondità, abbondanza, amore ardente, carità, umiltà… tutte caratteristiche che ci ricordano di Ersilia”.

Agresti poi riporta una memoria scritta da Eloisa Troisi, medico specializzato in psichiatria presso l’Ospedale “Umberto 1” di Roma ed ex studentessa della Meloni che ebbe la professoressa Iovene come insegnante.

In Memoria della professoressa Iovene

Era nata in Campania e di quella sua regione conservava il colore giallo dei limoni, l’espressività viva delle maschere, la generosità della gente di mare, la schiettezza allegra del Vesuvio.

Era nata in Campania, Ersilia, con quel nome tanto difficile che noi, dodicenni distratti, neanche riuscivamo a pronunciarlo. E guai a sbagliarle il cognome, ché subito ci correggeva alzando un sopracciglio soltanto.

Insegnava matematica, la Professoressa Iòvene.

Dalla geometria e dall’aritmetica aveva preso solo il meglio: i numeri anziché le cifre, la soluzione anziché il problema. Chiamava i suoi ragazzi alla lavagna ad ogni lezione, e se li trovava impreparati si dispiaceva in un modo che qualcuno avrebbe potuto definire esagerato. Aveva così tanto cuore che lo metteva dappertutto, Ersilia, anche dove i più s’arrendevano, anche dove non avrebbe avuto un solo motivo ragionevole per spendersi.

Insegnava scienze, la Professoressa Iòvene.

Per lei ogni fenomeno era una domanda, ogni risposta un punto da cui ripartire. E il principio di Archimede non era un elemento di fisica, ma una legge morale: immergersi nella vita e darsi un gran da fare, smuovere un gran flusso di idee e di parole, per poi risalire e diventare più uomini, più donne.

Insegnava matematica e scienze, la Professoressa Iòvene.

Era arrivata a Ladispoli, nella nostra scuola, a Settembre 2006 ed io ebbi il privilegio di conoscerla quell’anno. La ricordo bionda e coi capelli sempre in piega, sempre truccata e ancor più sincera. Da allora sono passati quindici anni e so che sono cambiate molte cose. Ma gli anni, a saperli contare nel modo giusto, sono solo dei momenti, delle convenzioni. E nel conto che mi ha insegnato a fare la Professoressa Iòvene ci sono numeri che non cambiano. Ci sono due occhi che non s’abbassano mai e che diventano due fessure alla vista delle prepotenze, delle ingiustizie. Ci sono trentadue denti che rivelano un sorriso prezioso, che non si offre a tutti. Ma sopra ogni cosa, c’è un ricordo che custodisco gelosamente come un segreto, una rivelazione. Era il giorno dell’esame di terza media, affrontavamo la prova di matematica. C’era un gran silenzio, ché l’ansia dei tredicenni urla così forte che finisce sempre per rimanere senza voce. La Professoressa Iovene quel giorno non era in cattedra, girava tra i banchi, nella sua classe. Aiutava i suoi ragazzi, indicava loro la strada giusta puntando il dito sugli errori.

Era sempre stata attenta al rigore e aveva sempre premiato la correttezza, la Professoressa Iovene.

Eppure quel giorno mi si era avvicinata e mi aveva fatto capire che avrebbe fatto volentieri da ambasciatrice. Rimasi stupita.

Io non l’avevo capito, ma quel giorno la Professoressa Iòvene ci stava impartendo la vera lezione di questa vita: gli esami non sono importanti, sono un accidente. È il percorso a contare, è l’impegno che mettiamo nelle cose il nostro valore.

Insegnava matematica e scienze, la Professoressa Iòvene.

Sapeva benissimo che gli alberi, per crescere, hanno bisogno di luce, acqua e spazio. Restituiscono quello che prendono producendo ossigeno, e così salvano il pianeta, la vita, il futuro.

Sarebbe un errore dire che siamo qui, oggi, per ricordare la Professoressa Iòvene. Non è un ricordo quello che Ersilia lascerà su questa Terra, è molto di più.

È Vita.

Una vita illuminata dalla luce della cultura, irrigata dal fiume delle generazioni che si susseguono e la portano nel cuore, in un vorticoso, incessante insegnamento.

Con affetto,

Eloisa.

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