Intervista a Tiziano Spezzacatena, il papà – oggi residente a Cerveteri – di Andrea, ragazzo che si è tolto la vita nel 2012 a causa di atti di bullismo e la cui storia è protagonista del fenomeno cinematografico del momento
Il ragazzo dai pantaloni rosa è il fenomeno cinematografico del momento. Ispirato al libro che racconta la tragica storia di Andrea Spezzacatena, il film si focalizza soprattutto sul rapporto tra la mamma, Teresa Manes, e il ragazzo che, purtroppo, ha compiuto il gesto estremo il 20 novembre del 2012, intrappolato in una spirale d’odio che non riusciva più a sopportare. Il film racconta di una piaga, quella del bullismo e del cyberbullismo, che attanaglia i giovani, maschi e femmine, indistintamente. In quel film, però, c’è un altro personaggio, il papà, Tommaso, un uomo mostrato burbero e assente, mai incisivo nella vita del ragazzo. Quel papà, in realtà, si chiama Tiziano e ha svolto un ruolo tutt’altro che marginale. Oggi, vive a Cerveteri e con lui vogliamo ripercorrere la sua storia e scoprire il suo ricordo di Andrea navigando tra il dolore e la speranza di una ritrovata serenità.
Quella con Tiziano è stata un’intervista difficile in cui l’alternarsi quasi imprevedibile di rabbia e commozione ha reso il dialogo intenso. Dopo circa 2 ore di conversazione, spero di riuscire a rendere, almeno in parte, le emozioni che ha suscitato in me, appena ventiquattrenne, lo sguardo velato di un papà che ha vissuto una perdita devastante, ma che è riuscito a ricostruirsi, guardando con malinconia a ciò che è stato e con speranza a ciò che potrebbe essere.
Tiziano, intanto grazie. Partirei subito parlando del film dove il tuo personaggio non ha un ruolo veramente centrale
“Ci tengo a dirti subito che ho dato la liberatoria per la realizzazione del film, mi è dispiaciuto solo un po’ essere stato dimenticato dopo la sua uscita. Io in quel periodo c’ero, anzi, in quei mesi mi occupavo dei miei figli, Andrea e Daniele, un po’ al contrario rispetto a quanto è stato rappresentato al cinema”.
Perché? Se non sono indelicato
“Non era un momento semplice per nessuno. Io e mia moglie non andavamo più così d’accordo e avevamo deciso di separarci definitivamente nel settembre di quell’anno, dopo aver provato a rimanere insieme per i ragazzi. Tra noi non c’è stato nessun tipo di guerra quando ci siamo lasciati, ma i 2 anni precedenti non erano stati sereni per la nostra coppia”.
Avevate notato qualcosa di strano?
“Oggi ti dico sì. Andrea doveva iniziare il secondo superiore e sia io, anche se meno presente fisicamente a causa del lavoro, che Teresa avevamo capito che qualcosa non andava”.
Nel film il rapporto con la madre è veramente simbiotico, potresti chiarirci come stavano le cose?
“Quel rapporto è assolutamente reale. Teresa si occupava della casa e dei nostri figli, eravamo una coppia abbastanza canonica, passami il termine. Ci tengo anche a dire che ho sempre riconosciuto a Teresa il grande percorso che ha fatto dopo. Io non ne ho avuto la forza e neanche il modo a causa del lavoro. All’inizio, realizzavamo convegni insieme, poi mi sono fermato, ma amavo profondamente Andrea e mi sarebbe piaciuto che di questo si parlasse di più”.
Allora ti andrebbe di parlarmi un po’ di te e Andrea?
“Con Andrea avevo un rapporto in cui cercavo di rendere di qualità le ore che riuscivo a passare con lui dopo il lavoro. Sicuramente, nel periodo in cui sono rimasto con i miei 2 figli da seguire, il tempo che abbiamo trascorso insieme è aumentato molto. Cercavo di stare dietro a tutto e non era semplice”.
“Parlavamo della scuola, lui cercava di farmi giocare alla play. Lui e Daniele giocavano molto, anzi, Andrea giocava e Daniele provava a intrufolarsi. Ti confesso che l’ho visto diverse volte piangere in quella fase e pensavo che fosse a causa di questo amore forte nei confronti di una sua compagna che, però, non provava lo stesso. Ha vissuto questo amore romantico, ingenuo e io cercavo di consolarlo. Non mi ha mai detto che subiva bullismo e da scuola non arrivava nessuna notizia. Se lo avessi saputo, lo avrei spostato da quell’istituto o, comunque, avrei denunciato la cosa”.
Che ragazzo era?
“Era pieno di interessi, leggeva tantissimo e correva. Pensa che voleva partecipare alla maratona di Roma. Un giorno tornò a casa sudato e non sapevo cosa fosse successo. Lui mi rispose che finalmente era riuscito a correre per 2 ore di seguito ed era contento di aver raggiunto l’obiettivo che si era prefissato. Poi era appassionato di orienteering e quindi andavamo in giro per Roma nei diversi eventi. A scuola andava bene, tranne che all’inizio del secondo e sappiamo perché. Ai miei occhi non era un ragazzo solitario, anzi, nonostante ciò che subiva, lui si ripresentava e ad un certo punto non ce l’ha più fatta”.
Ti sei mai chiesto perché proprio lui?
“Lui è un ragazzo che è cresciuto fin da piccolo nella sua unicità. Era educato alla possibilità della diversità e se gli piaceva fare una cosa, la faceva. Non so, penso a un anellino che aveva trovato in un pacchetto di patatine e che indossava o al fatto che gli piacesse lo smalto sulle unghie. Cose che oggi sarebbero viste in modo molto diverso. Era spensierato, unico anche nel vestire. Non cercava una cosa solo perché di monda, ma vestiti che lo attraessero. Nonostante lo prendessero in giro, lui ha continuato ad essere sé stesso perché non voleva rinnegare la propria identità. Però, aveva una forte fragilità”.
Mi racconteresti un ricordo che ti è particolarmente caro?
“Mi ricordo quando ci prendeva per mano e cominciava a correre, gli piaceva tantissimo. Oppure, mi ricorderò sempre quando siamo andati a Pisa con il treno. È stato bellissimo perché lì l’ho vissuto pienamente. Quella giornata mi ha riempito di battute e ho conosciuto un’altra parte di lui, il suo acume, la sua brillantezza. È stata una giornata stupenda. Me lo ricordo addormentato al ritorno e me lo ricordo sotto la pioggia mentre provavo a scattargli le foto sotto la torre come voleva lui”.
“Il suo compleanno è stato il 14 novembre, per me è un mese particolare. Quell’anno, lui collezionava lattine di Coca-Cola stravaganti e gliene ho comprate alcune per la sua festa. La mattina gli ho dato anche dei soldi per offrire qualcosa ai suoi amici, per stare insieme. In quel momento mi ha abbracciato fortissimo, è stato un abbraccio troppo forte e lui non era un ragazzo particolarmente affettuoso. Ancora sento quell’abbraccio addosso”.
“Mi ricordo le nottate per le veglie di Natale e Pasqua. Ha cantato in tutta Italia finché la voce glielo ha consentito. Mi ricordo quando l’ho portato a fare l’audizione ed è stato preso, io ero lì, accanto a lui”.
“E poi ricorderò sempre quando, prima di andare a dormire, fino ai 5 anni più o meno, gli cantavo le nostre canzoni o gli leggevo le favole per farlo addormentare”.
Vorresti dire qualcosa ai ragazzi che gli stavano intorno?
“Non vorrei dirgli nulla di cattivo, ma non sono mai riuscito a capire perché non si sia sfogato con nessuno. Ci hanno spiegato che in età adolescenziale è normale fare affidamento sui coetanei, ma non ci è arrivato nessun messaggio, neanche in forma anonima. Non è possibile che fossero tutto vessatori, Andrea aveva delle amicizie sincere. Ora che tutti hanno finito la scuola, credo sia giusto raccontare tutta la verità di quello che è successo perché, dopo l’inizio delle indagini, nessuno ha più detto nulla. I sopralluoghi a scuola non hanno portato a niente. Io dico a tutti quei ragazzi che porto ancora dietro quel dolore e vorrei un conforto di verità”.
E ai genitori, più in generale?
“Non mascheratevi dietro alla privacy. Seguite i vostri figli. Continua ad esserci un’ecatombe di morti inutili perché i genitori non si accorgono in tempo di quello che succede. Mi rivolgo anche agli insegnati, trovate il coraggio di denunciare. Controllate i social, tutto, non deve succedere di nuovo. L’aggressività è dilagante e credo che i genitori possano fare di più”.
Ti ringrazio per la sincerità con cui ti sei aperto. Prima di salutarti, vorrei chiederti un’ultima cosa: oggi chi sei?
“Oggi sono un uomo povero e felice (sorride ndr.). Sono felicissimo del percorso che sta facendo Daniele e sono orgoglioso di lui, glielo dico sempre, è perfetto. Ha 21 anni e spero che nel suo percorso di vita continui ad essere un ragazzo pulito. Non solo, dopo 8 anni, ho ritrovato l’amore e sto tuttora con Barbara. Non mi serve altro, forse, chiedo solo un po’ di lavoro in più. Vorrei dirti anche che ricordare mi permette di rivivere tutti i ricordi che ho di Andrea, mi permette di non dimenticare quanto è stato bello quell’abbraccio”.
Giorgio Ripani