Una festa che ha insegnato alla città che non tutto è perduto
di Riccardo Dionisi
E’ un po’ di tempo che non lascio scorrere i polpastrelli lungo la tastiera per dare sfogo ai miei pensieri e alla mia immaginazione. Non esclusivamente per pigrizia, piuttosto per una certa apatia scaturita dopo un periodo di stallo pesante e preoccupante in cui versa la mia città.
Non che non abbia interesse per i vicini cugini di Ladispoli, anzi. Diciamo che, almeno negli ultimi tempi, godono di un governo quantomeno più stabile a livello di numeri anche se, qualche piccolo cambiamento, pare stia iniziando ad emergere anche nella Giunta guidata dal sindaco Grando (vedasi il cambio alla guardia del LL.PP.), al suo secondo mandato nella città di Ladislao.
Cerveteri suscita, in me, maggiore interesse non tanto per una questione di campanilismo, ma perché tra le due cittadine è quella che, almeno negli ultimi tempi, stuzzica di più i miei pensieri e solleva le maggiori preoccupazioni.
Non starò qui a dire e a descrivere la città attraverso luoghi comuni e frasi fatte, no. Al diavolo la “maledizione di Tuculca” ovvero il tanto ripetuto “è colpa dei cerveterani” intendendosi per tali quelli che affondano le radici in sei o sette generazioni. Ah piccolo inciso, io, figlio di insegnante con 40 anni di ruolo in questa città e direttore di un giornale locale da oltre vent’anni, ancora la spilletta di Cerveterano credo di non averla ricevuta o meritata, nonostante la mia famiglia abbia dato e continui a dare tanto a questa città.
Non è una polemica, ma la semplice constatazione che è necessario scrollarsi di dosso certi stereotipi stantii. Mandiamoli, definitivamente, in naftalina. Ah! Un’altra cosa che mi urta il sistema nervoso, è il sentire appellare Cerveteri come “paese”, e questo lo fa sia chi governa (ed è più grave!) che il singolo cittadino.
Facciamo una distinzione: se il termine paese lo utilizziamo per descrivere un luogo in cui vivono e sono ancorate tradizioni e modi di fare mi sta bene. Diversamente, se dire “paese” deve strozzare le ambizioni ed ancorare 40000 persone ad una mentalità priva di slancio e senza prospettiva e visione allora no! Non mi piace più! Ecco perché, chi mi conosce lo sa, storco il naso quando sento dire “sto paese” o “non cambierà mai questo paese”. Di contro a Ladispoli, petto in fuori, dicono “la capitale del litorale”. Chi troppo, chi troppo poco…
Finito il paragrafo della protesta e dei sassolini tolti dalla scarpa vengo, perdonatemi la lungaggine, al dunque.
Torno a scrivere dopo la botta di sconcerto (in senso positivo) ed euforia che ho provato due giorni fa nel constatare quanta gente ci fosse e quanto fosse “figa” la festa di Halloween organizzata nel centro storico dal Rione Boccetta. Entrato a piazza Risorgimento, ad un certo punto, ho dovuto stropicciarmi gli occhi per realizzare che non stavo sognando, ma che quella pizza, con tutte le vie annesse, piena di famiglie, di ragazzi e di bambini. Ecco, questo è un problema. Siamo arrivati al punto di stupirci di una cosa piuttosto normale: vedere una piazza gremita di persone festanti ed entusiaste. Significa, ovviamente, che qualcosa non va, che quello che è normale, non può essere relegato a 3 giorni dell’anno, mi riferisco a quelli della Sagra dell’Uva.
Non me ne voglia chi la detesta e che solo alla frase “dolcetto e scherzetto” ha un sobbalzo che precede la nausea, ma questa riuscitissima festa ha insegnato alla città qualcosa che forse aveva dimenticato ovvero che non sono le idee o le energie a mancare, ne tantomeno l’amore. Occorre solo liberarle, uscire dal guscio della rassegnazione e imparare a metterci l’anima, prima che l’interesse personale. Occorre mettere al centro l’interesse di una città che, è sotto gli occhi di tutti, ha smesso di sognare, di guardare in avanti con spirito positivo. Cerveteri è una donna bella da impazzire, ma ripiegata su se stessa e quindi invisibile ai più. Non faccio politica, ma credo che chi abbia a cuore le sorti della città debba, davvero, lasciare da parte il proprio io e il proprio giardino per dedicarsi ad un territorio che sembra in attesa della condanna a morte.
Credo che la città sia ricca di risorse non solo archeologiche e naturali, ma soprattutto umane. I ragazzi della Boccetta, così come gli uomini e le donne di tutti i Rioni ce lo hanno dimostrato. Loro, tutti, hanno il grande merito di metterci sempre l’anima spesso senza avere benzina nel serbatoio. Rappresentano la parte emotiva e viscerale di questa città, dove è custodita la tradizione, dove è bello sentire dire “so cerveterano”. Ecco loro sono miccia, scintilla, ma come tutte le forze sane del territorio, le associazioni e tutto il tessuto sociale, hanno bisogno del sostegno della macchina amministrativa e della politica.
Halloween a Cerveteri, dalle “tenebre” un barlume di speranza?
Cerveteri non può e non deve essere un quartiere dormitorio di 130km quadrati. I nostri giovani hanno diritto a luoghi di aggregazioni, a spazi per esprimere il proprio talento e le proprie idee. Per carità, non c’è nulla di male nel prendere un autobus per raggiungere un comune limitrofo per “liberare” la propria adolescenza, specie se quel comune è contiguo e continuo col proprio territorio. Altra cosa però è rassegnarsi ad un futuro senza luce e non lottare per dotare questa città di un palazzetto dello sport (squadre di Cerveteri costrette a giocare in altro comune per mancanza di un impianto idoneo) o di un teatro.
Non è mai troppo tardi per pensare ad un piano serio del commercio, piuttosto che stare in un angolo a testa bassa a ripetere “hai visto un’altra saracinesca abbassata”. Non è troppo tardi per immaginare una piazza che non sia un parcheggio di pezzi assemblati con le ruote, che coprono tutta la visuale sul centro storico. Questa sì che è un’anomalia oltre che una abominia.
Non è tardi per immaginare una Cerveteri diversa, che parta dalle sue radici per disegnare una parabola migliore e soprattutto ascendente.
Halloween non è una festa della nostra tradizione, ma in questa occasione ci ha dimostrato qualcosa, ovvero che ancora è tutto possibile se stiamo insieme piuttosto che disunirci e pensare, invece, al proprio giardino.
foto di Dino Frattari