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Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri

di Giovanni Zucconi

Chi mi legge con una certa continuità, sa come la penso. Non mi appassionano minimamente le schermaglie politiche.Dove l’opposizione di turno accusa l’amministrazione di turno di essere la causa di tutti i problemi e i ritardi che affliggono da sempre, sottolineo da sempre, la nostra città. Come giustamente ci disse il Consigliere Emanuele Vecchiotti in una nostra recente intervista, noi ci troviamo oggi a combattere con problemi che Cerveteri avrebbe dovuto risolvere da 20 anni. Io continuo a dire, anche se chiaramente non mi aspetto approvazioni, che la politica ha le sue colpe, quelle maggiori, ma è il sistema paese, nel suo complesso, che ha dei limiti strutturali che andrebbero rimossi. E i limiti della Politica sono inevitabilmente lo specchio dei limiti della società Cerveterana nel suo complesso.

Oggi vi voglio raccontare un esempio emblematico di come la comunità di Cerveteri sia ancora lontana, nel suo complesso, da una mentalità competitiva e dal sapere sfruttare efficacemente le enormi potenzialità che di cui è ricca.

Tutti nel mondo sanno che Monaco, la città di Monaco (36.000 abitanti), è un Principato. E ci sta… Ma quanti sanno, non dico nel mondo, o in Europa, o in Italia, ma anche solo nella provincia di Roma che anche Cerveteri è un Principato? Credo molto pochi. Ho anche il sospetto che non siano molti neanche nella stessa Cerveteri.

Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri
Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri

Prima domanda. Semplice, semplice. Io non sono riuscito a sapere quante sono in Italia le città che possono fregiarsi del titolo, anche se anacronistico, di Principato. Ma probabilmente, se non faccio errori, meno di 10. Allora perché, in un mondo dove il brand, l’immagine, è fondamentale, non è stato mai utilizzato il titolo di Principato nel marketing che pubblicizza Cerveteri? Neanche una volta. Neanche per sbaglio…

Si potrebbe sfruttare in mille modi questo titolo così esclusivo. Si potrebbero inventare eventi o manifestazioni. Ma si potrebbe sfruttare, banalmente, anche solo nella pubblicità: “Benvenuti nel Principato di Cerveteri”. Non suona bene?

Non voglio approfondire più di tanto questo concetto, che mi sembra di immediata comprensione. Ma voglio ritornare sul concetto di impreparazione, nel suo complesso, della società Cerveterana.

Partiamo dalla considerazione che uno di noi potrebbe benissimo essere Principe senza saperlo. E venirlo a scoprire rovistando antiche carte di famiglia nascoste in qualche baule. Ma una città può dimenticarsi di essere un Principato? Può dimenticarselo il Principe che “risiede” in quella città? La risposta è naturalmente no. A meno che non si tratti del Principato di Cerveteri. Quella che segue è l’incredibile storia di una scoperta che non sarebbe mai dovuta avvenire. Perché non ci sarebbe dovuto essere nulla da scoprire.

Tempo fa, spulciando in una copia del 1920 di una rivista storica, mi sono imbattuto nel testo integrale di chirografo papale (diciamo una “bolla papale”) che, nel febbraio del 2012, fece molto scalpore a Cerveteri. In un paese dove la memoria storica è un concetto alieno, la notizia che un nostro concittadino, Ugo Ricci, persona stimatissima e appassionato storico dilettante, aveva ritrovato questo documento emesso da Papa Clemente XI nel 1709, fu accolta come bomba che finalmente squarciava un velo della Storia che aveva per secoli malignamente “nascosto” una verità che avrebbe potuto cambiare il destino di Cerveteri: la nostra città, dal 3 febbraio 1709, è addirittura un Principato.

Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri
Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri

Si, proprio come lo è Montecarlo o il Liechtenstein. Uguale. Il mio pensiero è subito andato, con tenerezza, ai titoli dei giornali di quei giorni. Il Corriere della Sera titolava: “Anche Cerveteri sogna il principato”. Libero invece scriveva: “Roma: ritrovata bolla di Clemente XI, Cerveteri rivendica Principato perpetuo”. Oppure, “Il caso di Cerveteri, un Comune che si fa principato”, “Rinasce il principato di Cerveteri?”, “Cerveteri rivendica il Principato perpetuo”. E così via.

Ma “l’articolo” che più mi ha colpito è quello comparso nientemeno che sul blog del sito ufficiale del defunto Principe Sforza Ruspoli (detto Lillio), dove troviamo: “…Cerveteri rivendica lo status di Principato. La scoperta fatta da un abitante del luogo appassionato di storia…”. Insomma, Cerveteri, nel 2012, finalmente scopriva di essere, dal 1709, un Principato. Con tanto di cerimonia, nella quale fu solennemente letta la “bolla papale” nella chiesa in piazza Santa Maria.

Lo scoprirono tutti. Sembrerebbe che lo scoprì anche il Principe Ruspoli. Scoprirono? Ma come scoprirono… Eppure, non poteva certo essere un segreto. Non è che una città si può dimenticare di essere addirittura un Principato. Che appena un gradino sotto al Regno. La bolla papale di nomina di Cerveteri a Principato è un documento di cui si possono trovare, facilmente, abbondanti e precise indicazioni, facendo solo una banale ricerca su Google. Su Internet si trova tutto. Si trova anche il testo del documento di Clemente XI, come ho anticipato all’inizio. Quindi perché tutta questa sorpresa, e tutta questa eccitazione? Perché anche il Principe Ruspoli, nel suo blog, riporta la notizia come se non dovesse essere una cosa arcinota?

A tutte queste domande non ho una risposta. A meno di fare riferimento alle premesse di questo articolo. Ma ho un’ultima domanda. Forse la più cattiva. Ma che ritengo giusto fare, e farci tutti.

Perché Cerveteri, pur essendo un Principato, non è diventata, non dico come Montecarlo o il Liechtenstein, ma almeno come Tarquinia, tanto per fare un esempio di una città a noi vicina?

Nell’eccitazione della “scoperta”, noi Cerveterani ci siamo tutti dimenticati di farci questa domanda. Ci siamodimenticati di cercare di capire perché un “Principato” non si sia mai manifestato veramente come tale. Credo che siamo tutti d’accordo che un Principato, per la sua prestigiosa natura, dovrebbe apparire in modo diverso da come Cerveteri si è potuta esprimere dal 1709 ad oggi. Per “bolla” di Clemente XI, Cerveteri era “Principato” anche nel 1927, quando un ignaro D. H. Lawrence, inconsapevole di calpestare il nobile suolo di un principato, descriveva lo squallore di Cerveteri, immortalandolo nel suo celebre “Luoghi Etruschi”: “…il tutto indicibilmente abbandonato, spento … grigio groviglio di vie abitate…”. E Cerveteri era sempre un Principato quando, all’inizio del secolo diciannovesimo, i Principi Ruspoli ignoravano i vincoli archeologici posti sui loro terreni, mettendo a repentaglio il nostro patrimonio archeologico, oggi diventato Patrimonio dell’Umanità. E sono solo due esempi presi a caso…

Nella realtà, Cerveteri, come è stato ben raccontato dal nostro Maestro Carlo Grechi in una intervista che mi ha concesso tempo fa, non è mai stata una vera città. Per questo non sarebbe mai potuta diventare un vero Principato.

Facciamo rivivere (o finalmente vivere) il Principato di Cerveteri

Riportiamo un passo di quella interessantissima intervista, cruciale per capire bene la nostra città: “…Perché Cerveteri non era una città. Per i Principi Ruspoli era solo un possedimento. Una città è fatta di persone appartenenti a classi sociali diverse in relazione tra di loro. Una città è fatta di cittadini, non di dipendenti. Ha degli spazi sociali e pubblici ben definiti, dove i cittadini si relazionano tra di loro e con la Cultura, per esempio. Questi luoghi erano stabiliti, e spesso costruiti, dai nobili e dai potentati che vivevano nella città. La classe dominante, in una città come Tarquinia, distingueva precisamente le sue proprietà dagli spazi sociali. I nobili, nelle loro proprietà, facevano naturalmente quello che volevano. Negli spazi pubblici, quando era possibile, cercavano di evidenziare, anche con gesti generosi, la loro potenza e la loro ricchezza. Ma Cerveteri non era Tarquinia. Cerveteri non era una città, ma una proprietà dei Ruspoli. Nasce come agglomerato urbano per i loro operai e i loro fattori. Non è Roma, dove il Principe Ruspoli doveva dare dimostrazione pubblica della sua potenza. A Cerveteri non doveva essere generoso, realizzando grandi opere. Cerveteri è sempre stata amministrata come si gestisce un terreno, o la cucina di casa propria. A Cerveteri, al massimo, si confrontavano con il mezzadro…”

Con questo contributo di Carlo Grechi terminiamo la parte più “soggettiva” dell’articolo. Concludiamo però con l’oggettività della Storia, raccontando, brevemente, come nacque il principato di Cerveteri. Pubblicheremo anche parte del documento di Clemente XI, che possiamo leggere, in originale, nell’Archivio di Stato di Roma.

Clemente XI, il 2 febbraio 1709, emette un “chirografo”, non una bolla che è un’altra cosa, con il quale eleva Cerveteri a Principato. Nella clausola dispositiva troviamo:

“… Noi istituemo et erigemo per il detto Marchese Francesco Ruspoli, suoi eredi e successori qualunque possessori di tetta Terra di Cerveteri per nobile et illustre Principato la medesima Terra di Cerveteri dal suddetto Marchese come sopra posseduta, con tutti i singoli privilegi, esenzioni, facoltà, immunità, prerogative, grazie e indulti in qualsivoglia tempo conceduti e soliti godersi da qualsisiano altri Prncipi e Duchi, quanto si voglia nobili antichi et illustri…”

Ma perché Papa Clemente XI, nel 1709, prende la decisione di elevare il Marchese Ruspoli a Principe, e Cerveteri a Principato? Lo fa per riconoscenza dei servigi resi da Francesco Maria Ruspoli, che aveva messo a disposizione della Santa Sede un reggimento di fanteria, armato di tutto punto, durante la guerra contro l’Imperatore Giuseppe I d’Asburgo. Questo reggimento, chiamato “Colonnella Ruspoli”, nel 1708, prese parte alle vittoriose azioni di guerra che avvennero in Romagna. Un reggimento di 1.000 soldati costa molto, Ma indubbiamente si dimostrò un ottimo investimento. Clemente XI si dimostrò molto riconoscente con Francesco Ruspoli, nominandolo appunto Principe e, come scrive lo storico Valesio, “accogliendolo in Vaticano con trattamento solito a darsi a’nepoti di papa”.