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Cerveteri, pastori erranti…

Il racconto della domenica di Angelo Alfani

Cerveteri, pastori erranti…

In precedenti articoli ho utilizzato testi dell’emerito professore Silvio Pampiglione, sostituto medico da noi nel ‘56 e ‘57, ritenendoli tasselli indispensabili per comprendere la rilevanza della società agro=pastorale nella Cerveteri pre sboom economico.

Accanto all’indagine sui tarantolati infatti, il dottor Pampiglione concluse, negli stessi anni, lo studio, pubblicato poi dall’istituto di Parassitologia dell’Universita di Roma, sulla miasi umana da Oestrus ovis, meglio conosciuta come mosca delle pecore.

Studio la cui inchiesta è frutto di un centinaio di colloqui avuti coi pastori, ordinati secondo le zone di provenienza ,provincia per provincia, ed altro materiale proveniente da inchieste effettuate da altri sanitari.

Così Pampiglione descrive la malattia:

“L’infestazione umana avviene in questo modo: la femmina di Oestrus ovis pronta per deporre ,non trovando ovini adatti alla deposizione, sotto l’impulso dell’istinto proietta le sue larve nelle narici o in altre cavità del viso dell’uomo ingannata da fattori che ancora ci sfuggono. Più soggetti all infestazione sono naturalmente i pastori per essere essi già nell’ambiente abituale del dettero ,continuamente in contatto con le pecore ed impregnati in genere dal loro stesso odore.Le forme cliniche con cui si manifesta la parassitosi sono in relazione alla sede di localizzazione delle larve di cui la miasi congiuntivale, quella nasale, orale e faringea rappresentano quelle di più frequente riscontro”

Risulta notevolissima l’incidenza dell’affezione tra i pastori :su 414 soggetti colpiti in 322 si è trattato di pecorai, in 19 di contadini, in 35 di popolazione rurale non meglio definita e tra cui si può ritenere siano inclusi anche vari pastori,in 38 di individui appartenenti ad altre categorie lavorative non specificate. Si può parlare, a buona ragione, di malattia professionale.

Quello che mi ha colpito nello scorrere dei testi sono i cognomi di tanti affetti da tale infestazione, che pur nati nelle zone interne di quello che fu lo Stato Pontificio, sono presenti nella nostra quotidianità, se non altro perché molti di loro, o comunque loro parenti, sono poi divenuti cervetrani.

Eccone alcuni: Caucci, Ansuini,Giorgi, Massari, Marzoli, Guglielmi, Sorzolini, Cozzi, Mancini,Antonelli, Susanna,Papili, Sebastiani, Martelli, Benedetti, Funari…

Riporto due resoconti del professore specificatamente cervetrani:

Luchenti A.= di Ussita, 47 anni= miasi congiuntivale nell’estate del 1936, durata 7 giorni, con reazione febbrile,;miasi nasale ,faringea e laringea più volte negli anni successivi, ultima infestazione nel luglio del 1957 a Cerveteri.

Ha potuto identificare il dittero poiché una volta riuscì ad ucciderlo mentre stava schizzandogli le larve in un occhio, larve che ritrovò poi sulla palpebra.”

Scrive ancora:

Il tre luglio 1956 ho avuto occasione di osservare un caso di miasi congiuntivale in un bambino di sette anni,F.Angelo ,nel comune di Cerveteri.

All’esame ,due ore dopo l’avventura infestazione ,si nota a carico dell’occhio destro lieve tumefazione palpebrale, congiuntiva fortemente iperemica.

Nel fornice sono visibili tre piccolissime larve,bianchicce,molto mobili, che si annidano, sfuggendo all’osservazione , tra le pieghe della mucosa ed i filamenti di fibrina e che passano di tanto in tanto con rapidissimi movimenti ora sulla congiuntiva palpebrale ora su quella oculare.

Altre sette larve erano state già tolte dal padre del piccolo paziente.Soggettivamente il paziente accusa vivo senso di molestia” come sabbia nell’occhio “. Si riesce a prelevare, non senza difficoltà, una larva che viene conservata in alcool per gli ulteriori accertamenti.

Viene quindi applicata una pomata alla penicillina per uso oftalmico ( unica pomata oftalmica disponibile sul momento). Dopo tre giorni la guarigione è completa”

Nel giugno del 1958 il dottor Piana segnalò altro caso di miasi sempre occorso nelle campagne cervetrane.

Le foto, gentilmente concessemi dalla Dirigenza Arsial, sono state fatte nei primi anni cinquanta: stessi anni dell’inchiesta.

Un gruppo di pecore nella solitaria campagna a ridosso dei monti che, dalla lettera stampata a vernice rossa sulla candida lanugine, dovevano appartenere ai fratelli Termini; ed una altra suggestiva immagine con maiali semiselvaggi che ,in mezzo al polverone di una strada delle nostre terre vengono “accompagnati” in recinto da un novello “porcaro Eumeo”.

La nostalgia procura dolore e non modifica nulla delle tante problematiche personali e collettive ma, alcune volte, fa “piacere” provarla.

Angelo Alfani