Se venissero confermate le richieste di condanna per la famiglia di Antonio Ciontoli si apriranno le porte del carcere
Caso Vannini, domani la cassazione potrebbe arrivare alla sentenza definitiva
Domani è il 3 maggio, una data piena di significato per mamma Marina e papà Valerio. Il caso relativo all’omicidio di Marco Vannini, il giovane 20enne di Cerveteri morto la notte tra il 17 e il 18 maggio a causa di un colpo di pistola a casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli, torna in Cassazione.
Dopo la sentenza dell’Appello bis che ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale e i suoi famigliari (i due figli Martina e Federico e la moglie Maria Pezzillo) a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario, i legali dei Ciontoli, gli avvocati Andrea Miroli e Pietro Messina avevano presentato ricorso in Cassazione.
Un’azione, quella dei due legali già annunciata dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza dell’Appello bis. Nel ricorso i due legali hanno chiesto l’annullamento della sentenza “per violazione di legge” e “per illogicità e contraddittorietà delle motivazioni oltre che per travisamento delle prove”. E nei mesi scorsi i giudici avevano fissato la nuova data: il 3 maggio.
“Sono contenta che sia arrivato questo giorno”, aveva commentato mamma Marina che aveva puntato i riflettori proprio sull’anniversario della morte del figlio: “Sono sei anni che lottiamo per ottenere giustizia. Il 3 – aveva detto – ci sarà la sentenza e il 18 spero di portare a Marco il mazzo di fiori definitivo della giustizia”.
E sempre nelle scorse settimane, mentre i riflettori di tutta Italia sono ancora una volta puntati sul palazzaccio, Federico Ciontoli dopo una breve apparizione sui social media, aveva scritto un post di “addio”: “Oggi è il mio ultimo giorno sui social. Torno alla vita reale, a Viola e al silenzio che merita la sofferenza … Al di là di quale sarà l’esito della Cassazione, io continuerò nella speranza di lasciare un segno per chi in futuro si troverà a vivere una sofferenza dalla quale crede non ci sia via d’uscita. Ho imparato tanto, e spero di continuare a farlo … in tanti momenti volevo mollare, ma non lo farò per chi, come Marco, questa possibilità non ce l’ha più…”.
Questo parte del contenuto della lettera scritta da Martina e diffusa dal Tg2 nei giorni scorsi. “A volte mi sembra di non poter comprendere io stessa l’inferno che ho vissuto – prosegue Martina – E che vivo.
Cosa provo nei confronti di mio padre. Cosa ho provato e provo per non aver potuto piangere la perdita di Marco insieme a Marina e Valerio che per me erano come una seconda famiglia…. Avrei dovuto chiamarli subito quando ho visto che Marco non si sentiva bene…per questo mi odiano e non si fidano di me…ma io in quel momento pensavo a capire lui cosa avesse, mentre si lamentava, poi si riprendeva, poi si lamentava…mentre mio Padre diceva che si era solo spaventato e aveva un attacco di panico… provavo a tranquillizzarlo… gli stavo vicino… Marco era grave e aveva un proiettile in corpo…ma io non lo sapevo…non lo sapevo…e le mie azioni e i miei pensieri sono stati inutili per questo… Vorrei poter raggiungere il loro cuore, ritrovarlo, incontrarlo…“.