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Omicidio Vannini, Meluzzi: ”Uno dei più grandi colpi alla credibilità della giustizia e della magistratura”

Puntata speciale ieri a Quarto Grado sull’omicidio di Marco Vannini. Gianluigi Nuzzi a casa di mamma Marina e papà Valerio. In studio Alessandro Meluzzi e Carmelo Abbate commentano la sentenza di secondo grado

Omicidio Vannini, Meluzzi: ”Uno dei più grandi colpi alla credibilità della giustizia e della magistratura” –

La sentenza, il riferimento a Perugia. L’intera vicenda relativa all’omicidio di Marco Vannini e all’epilogo finale (almeno per il momento, ndr) in Corte d’Appello, è “uno dei più grandi colpi alla credibilità, alla giustizia e alla magistratura che sia stato inferto negli ultimi anni”.

A dirlo è Alessandro Meluzzi durante la puntata di ieri sera di Quarto Grado. Una puntata speciale, con Gianluigi Nuzzi che ha deciso di portarsi direttamente a casa di Marco. In quella casa dove il tempo si è fermato a quella tragica notte del 17 maggio 2015.

In studio Carmelo Abbate e Alessandro Meluzzi hanno commentato insieme a Nuzzi e ai genitori di Marco l’epilogo della vicenda. Un reato derubricato da omicidio volontario a colposo. Una famiglia che continua a chiedere giustizia. Un ragazzo che purtroppo mai più tornerà.

E puntando i riflettori proprio a quanto accaduto alla lettura della sentenza, Meluzzi torna a puntare i riflettori sulle parole pronunciate dal Presidente della Corte. “Io credo che il CSM – ha detto – se si sta occupando di questa vicenda, dovrebbe prendere in considerazione nella sua sezione disciplinare quanto male sia stato fatto alla giustizia da questo terrificante processo”.

"Una vicenda come questa di #MarcoVannini è uno dei più grandi colpi inferti alla credibilità della Giustizia italiana"Alessandro Meluzzi aggiunge: "Non credo che sia stato Antonio Ciontoli a sparare" #Quartogrado

Pubblicato da Quarto Grado su Venerdì 1 febbraio 2019
Alessandro Meluzzi a Quarto Grado sull’omicidio Vannini e la sentenza della Corte d’Appello di Roma

Riflettori puntati anche sull’occupazione di Antonio Ciontoli: “Non un marinaio qualunque ma membro attivo dei nostri servizi segreti – ha proseguito ancora Meluzzi – cioè un apparato di intelligence che dovrebbe difendere lo Stato, la Repubblica nel cuore della sua sicurezza, nei suoi aspetti più tecnici, delicati, etici ….

Allora mi chiedo come un uomo, un militare dei servizi segreti, abbia potuto fare le cose che ha fatto”.

E poi il terzo aspetto della vicenda. Per Meluzzi a sparare non sarebbe stato il capofamiglia.

“Io non credo a una sola parola – ha detto – del quadro narrativo probatorio che è stato costruito nella prima fase dell’indagine.

A pessime indagini – ha aggiunto – seguono pessimi processi.

Io non credo neppure, se devo dirvi quello che penso, che sia stato lui a sparare, ma credo che se la prova dello stub e gli altri accertamenti fossero stati fatti in modo diverso, oggi avremmo un quadro narrativo diverso, più terribile, in cui la magistratura non ha voluto guardare fino in fondo”.

E mentre l’Italia intera continua a guardare alla sentenza della Corte d’Appello e a gridare “Vergogna”, da ambo le parti ci si prepara al terzo grado di giudizio: la Cassazione.

Da quanto emerso dall’intervista realizzata da Quarto Grado, i legali della famiglia Ciontoli molto probabilmente presenteranno ricorso. Si punta all’assoluzione del resto della famiglia: la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina condannati a 3 anni per omicidio colposo.

E secondo gli esperti sarà proprio il terzo grado di giudizio a sciogliere dei dubbi inerenti il diritto e a creare, in un modo o nell’altro, un precedente: tutto si baserà sul sottolissimo confine tra il dolo eventuale (che aveva portato a una condanna per Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario) e la colpa cosciente (che ha portato alla derubricazione del reato a omicidio colposo e a una condanna a 5 anni).