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La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

di Angelo Alfani

Non sono molte le donne che hanno contribuito al “dipanarsi” del mondo degli Etruschi, di queste Elisabeth Caroline Johnstone, può, a buon diritto, essere considerata la pioniera.

Nata nel 1801 conobbe nell’inverno del 1828 John Hamilton Gray, rampollo di una ricca famiglia scozzese, proprietaria di miniere di carbone , aveva sin dalla prima peluria iniziato il “gran tour” per l’Europa, accumulando conoscenze ed amicizie soprattutto tra i biondi intellettuali affamati di cultura classica. Per il trentenne globetrotter l’incontro con Elisabeth fu il classico colpo di fulmine.

La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

I due si sposarono e contemporaneamente lo scozzese prese anche gli ordini sacrali, imponendosi il titolo di Reverendo. La giovane coppia condivise fin da subito, e per l’interezza della loro esistenza, un profondo interesse per la storia, le lingue e la letteratura, oltre ovviamente per l’archeologia.

La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

Nel 1833 i due Hamilton scesero in Germania per “curare”una malattia che aveva colpito Elisabeth. L’impegno di scendere ancora più a sud, verso la calda riviera ligure, non ebbe esito ,ma la permanenza in Germania rese possibile l’incontro con studiosi del mondo antico italico e l’apprendimento del tedesco e, cosa inusuale per quei tempi e soprattutto per una donna, dell’ebraico. L’interesse della coppia, ricca, colta e curiosa, per la terra dei Tirreni fu “scatenata”,come lei stessa racconta, da una visita, nell’estate del 1837, al vescovo di Lichfield, nonché Preside della gloriosa Shrewsbury School, Dr. Samuel Butler.

L’entusiasmo del Vescovo per la esibizione di tombe etrusche e di reperti tenutasi in Pall Mall a Londra, organizzata dal collezionista Campanari, convinse i due scozzesi a farvi visita. La cosa che colpì maggiormente Elisabeth, di questa che era la prima mostra dedicata alle Antichità etrusche fuori d’Italia, fu un vasto locale con esposti vasi e suppellettili “in vendita”, più diverse altre stanze illuminate scenograficamente da torce che riproducevano tombe, ed ancora altre camere al piano superiore dell’esposizione, con diverse pitture tombali. La visita procurò alla signora Elisabeth una siffatta impressione da renderla determinata ed entusiasta a conoscere e divulgare quel mondo che l’aveva conquistata sin dal suo primo approccio.

La exibition ebbe un successo tanto clamoroso da rendere tappe obbligatorie del Gran Tour paesi fino ad allora tagliati fuori dalle rotte degli intellettuali europei che cercavano ispirazione nella bella Italia.Paesi sconosciuti, come Cervetri, Corneto, Tuscanella, Vulci entrarono a pieno titolo nei luoghi da visitare ,alla stregua di Pompei,Tivoli,Villa Armerina. Alla scioccante impressione suscitata fece seguito la determinazione ad organizzare subito il Tour ai Sepolcri di Etruria, titolo del diario di viaggio tenuto dalla stessa Elisabeth, “ scritto per gli ignoranti e per piacere agli amorevoli viaggiatori, e non per i dotti ed antiquari” come chiosa la stessa autrice.

La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

L’incontro a Pisa con l’amico Giuseppe Micali, figura di primissimo piano nello studio dei popoli italici, fu ricco di suggerimenti ed indicazioni, ma non mancò di mettere sull’avviso la signora Gray: “Sarà dura per una graziosa giovane signora a causa delle strade e della natura selvaggia dei luoghi, poco accessibili e per nulla serviti! Ma il fascino che quei posti emanano la compenseranno abbondantemente di ogni sacrificio” .E questo accadde.

“Credo che raramente mi sono sentita più felice come quando la nostra carrozza voltò dalla strada principale, a circa sei miglia dopo Monterone, e ci trovammo sulla strada per Cerveteri. Sebbene non avessimo avuto contrattempi, certamente non raccomanderei questa strada ai veicoli come quelli che usualmente vengono definiti carrozze in Inghilterra, a causa della ripida salita a ridosso del paese, e dei profondi fossati prima di raggiungere la salita stessa” scrive la Johnstone. Il paese gli apparve misero e povero con due o tre case di benestanti, tra cui quella dell’Arciprete. L’unica locanda ,mezza diroccata, frequentata da carrettieri e mulattieri, appariva così poco invitante ,soprattutto per gli odori che emanava, che perfino la loro servitù italiana si rifiutò di entrarvi. La lettera di accompagno degli amici romani era indirizzata all’Arciprete Regolini, che li accolse appena fuori dalla porta della canonica accanto alla fontana del Mascherone, comprensiva di un ampio orto-giardino dall’intenso profumo di zagare e con imponente noce sul quale hanno installato tre piani di morbidezza cementizia appena cinquanta cinque anni fa.

Narra la Johnstone: “ Ci accolse un uomo in scuro dall’aspetto maestoso, anziano, dal contegno grave ma benevolo. Ci disse che era l’arciprete, e insistette affinché mangiassimo con lui, dopo averci usato la gentilezza nel guidarci agli antichi monumenti per i quali eravamo giunti sin la’”. Naturalmente noi desideravamo vedere dapprima la tomba che aveva lui stesso scoperto, e con questo intento lo seguimmo, e di nuovo ripercorremmo in parte la via e strada attraverso la quale avevamo fatto ingresso alla città. Passammo presso una antica grotta sepolcrale ora aperta al giorno (“scoperta”?), e camminammo quasi un miglio lungo una piacevole e ben sistemata strada di campagna che portava a Cere-novo. Incrociammo quindi una “style” a destra, entrando dentro un campo di granturco, e ci venne detto che questo campo era stato un tempo un tumulo come
quelli a Monterone, ma che il soffitto/la copertura era stata buttata giù, mentre al contrario la base era stata alzata. Era stato ridotto in pezzi, allo scopo di cercare in ogni direzione le tombe, e la sua forma originaria si era così perduta. Non conosco il suo vero nome, e per questo la chiamerò Monte Regulini”.

La indimenticabile avventura di una scozzese nella Cerveteri del 1838

Visitammo il complesso di tombe guidati da Regolini che con candela in mano saltava come un grillo e si infilava in ogni apertura con agilità di lucertola Trascorsero l’intera mattinata in visita ai tumuli ,affascinati dagli scavi ed entusiasmati dai racconti sui mirabolanti ritrovamenti. La Jhonstone, saliva e scendeva per i montarozzi, spesso legata con una corda, percorreva dromos illuminato da candele, con tale entusiasmo da permettergli di superare ogni difficoltà.

” Trovammo che l’arciprete era un abile conversatore e profondo conoscitore della storia della città antica”.

Al ritorno furono indirizzati, per ulteriori acquisti, a casa Calabresi, lungo il vicolo del Ghettaccio. Essendo il signorotto assente, per “affari nel basso viterbese”, furono accolti dalla bella e ospitale moglie “occhi e capelli neri, colorito eburneo” che gli mostrò anelli a forma di serpentelli, spille, collane, finimenti in oro, scarabei, che riempivano diversi vassoi di rame. Le stanze accanto al grande salone , serrate, erano strapiene di vasi, statue, bronzi, sarcofaghi, oggetti di grande prestigio artistico, già promessi al Cavalier Visconti per conto del Governo papale, avente il diritto di prelazione.

Al centro della grande stanza bracieri, alimentati di continuo con ciocchi di ulivo, intiepidivano le numerose e ampie stanze. Bambini, anziane, gente della servitù seduti in cerchio ,indifferenti, continuavano le loro faccende ed i loro giochi.

Racconta ancora che nel ritornare in canonica, gli si avvicinarono alcuni paesani che gli mostrarono magnifici oggetti in oro: collane e braccialetti finemente lavorati. La voce che due “forestieri gonfi di soldi” giravano per Cervetri era oramai di pubblico dominio. Tanto che il Reverendo rivolgendosi alla moglie commentò:” Stiamo raccogliendo vasi, scarabei e le monete, non possiamo raccogliere tutto”.

Erano circa le tredici quando i nostri viaggiatori, affaticati e frastornati dall’incredibile mattinata, cercarono di licenziarsi dall’Arciprete per pranzare con le vivande portate dalla capitale. Con loro grande sorpresa un inaspettato e non premeditato invito gli pervenne dal “prete Cattolico Romano, al quale avevamo già causato così tanto disturbo, per lui che vive solo, che digiuna due volte a settimana, e che ,al suo risveglio la mattina ,non si aspetta certamente che il suo tempo sia occupato, e la sua cucina svuotata, da un gruppo di affamati e curiosi forestieri ruzzolatigli addosso mentre si accingeva alla pennichella.

Con generosità d’animo ci impose di riporre le provviste e ordinò che si preparasse un pasto caldo. Per non dilungarmi troppo posso solo dirvi che consistette, come i pranzi italiani, che per nulla assomigliano a quelli inglesi, in cinque portate, con preludio di alicette e olive sotto olio, ed un finale di ciambelline e frutta . Il pranzo terminò con una visita nello splendido giardino attiguo alla canonica .Un enorme otre per il vino ,da poco prelevato da una tomba spiccava tra il giallo dei limoni ed il verde delle arance. Alto poco meno di un metro e mezzo, ad occhio poteva contenere almeno centocinquanta litri. Sotto l’agrumeto sarcofaghi e vasi di coccio usati come vasi per rosmarino, salvia, maggiorana”.

Lunghi e polverosi percorsi su carrozze spacca schiene, sali e scendi su tumuli quasi impraticabili, luoghi di soste deprimenti e miseri, furono ripagati dallo svelarsi di un mondo sconosciuto e ricco di storia e da innumerevoli acquisti. Intere collezioni di centinaia di scarabei e gemme, anelli d’oro e collane, casse colme di monete romane e greche:vasi geometrizzanti , altri ventitré a figure nere e quattro a figure rosse. L’opera più importante ,tuttavia, fu una superba coppa ateniese a figure rosse firmato da Eufronio vasaio e dipinto da Onesimos.

Il racconto della scrittrice conclude :” Non essendoci albergo in Cerveteri, e dovendosi, in una maniera o nell’altra ,provvedere al ristoro, è possibile che il principe Ruspoli concedo l’uso del Palazzo, così pure il Duca Torlonia nel suo bel palazzotto di Ceri, essendo cosa comune in Italia che famiglie importanti permettano agli stranieri di occupare le stanze libere. Cerveteri è un luogo ameno, e l’interesse a visitarlo non può venir meno a causa della difficoltà di accesso.

Il miglior periodo per avventurarsi in queste zone è nel mese di ottobre, quando la malaria non colpisce, ed i giorni non sono né troppo corto ne’ troppo lunghi. Quelle che con tanto coraggio chiamano strade sono passabili durante le ottobrate, in cui il tempo è più stabile che in primavera. Consiglio ai futuri viaggiatori di procurarsi torce e candele”

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