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Cerveteri, in ricordo dell’amico Carletto

di Angelo Alfani

Anche Carletto ci ha lasciato.

Un male tremendo, incurabile, ha reso straziante l’ultimo tratto della tua esistenza.

Una resa definitiva che, nonostante la consapevolezza, hai con coraggio provato ad arginare, così da regalare ancora a chi ti è stato vicino, il tuo sorriso disarmante, la tua ironia sulle cose umane, la tua sagacia.

Una ironia pungente la tua ma che ,per la tua indiscutibile bontà, non diventava sarcasmo. Riflessioni apparentemente strambe le tue sul mondo, sul Paese, sui vecchi cervetrani e sui “forestieri”, ma che nascondevano, a chi vi poneva la giusta attenzione, saggezza antica. Quella che, e non sbaglio nel pensarlo, ti era pervenuta dal tuo nonno poeta: Carlo Valentini.

Hai attraversato la vita con la stessa disinvoltura con cui attraversavi il Manganello e di inerpicavi sulle rampette sacre ai nostri avi:a raccogliere fior fiore di finocchio, come legittimamente definivi il prezioso condimento cervetrano, o altro di ancor più sacro.

Un amore talmente forte col nostro antico passato che in te, come in pochi altri, diventava desiderio di identificazione con chi fece di Agylla una ricca, colta, rispettata, temuta città! Ancor più a fronte delle nefandezze a cui sei/siamo stati costretti a vedere e convivere.

È questo stato d’animo che distingue i sempre più rari cervetrani rispetto agli “altri”.

Ultimamente, sempre più spesso, segni di affaticamento ti apparivano sul volto, ingigantendo il tuo sguardo.

È un giorno no, Angiole’!Oggi è ‘na giornataccia” ti scusavi per la non consueta disponibilità.Poi appicciavi una sigaretta, giravi lentamente lo sguardo appannato dal fumo, ai tanti attanagliati dal dolore che sostano in piazza (mai giudicati:sono convinto che nemmeno il Padreterno si permette di farlo),agli ancor più accidiosi ed ignavi , quelli si “fastidiosi come le mosche”, e ti aprivi di nuovo al sorriso, allontanandoti con eleganza.

Scrive il Foscolo nel ricordare la morte di suo fratello:

Sento gli avversi Numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta;

e prego anchio nel tuo porto quiete.

Sappi che chi ti ha conosciuto ha avuto più di quanto sia riuscito a donarti.

Grazie di nuovo per la tua generosità.

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