Prandini (Coldiretti): “Politiche insufficienti dopo decenni di globalizzazione spinta”
Caro carburanti e crollo di produzione: la crisi dell’agricoltura in Italia –
La situazione geopolitica ed economica internazionale sta già facendo sentire il suo peso sull’intera filiera della produzione alimentare italiana con un relativo aumento dei prezzi.
Non è solo la guerra in Ucraina ad aver creato una situazione nel settore agricolo, ma è soprattutto l’aumento vertiginoso dei costi energetici.
Da un’analisi della Coldiretti, il settore agricolo dovrà pagare un surplus annuale di 8 miliardi di euro per l’energia.
Un costo aggiuntivo che mette a rischio coltivazioni, allevamenti ed industria di trasformazione alimentare a livello nazionale.
Questi costi aggiuntivi oltretutto stanno anche facendo perdere il valore aggiunto alle imprese che attualmente già cedono il 2,1%.
Non solo il gasolio e l’energia, ma anche mangimi e concimi
“Dall’inizio del conflitto – sottolinea Coldiretti – si è verificato un incremento medio di almeno un terzo dei costi produzione dell’agricoltura a causa degli effetti diretti ed indiretti delle quotazioni energetiche”.
Il costo maggiorato del gasolio incide direttamente su mezzi agricoli, serre e pescherecci, aumentando la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari.
I rincari del gasolio per gli agricoltori sono ormai insostenibili, ma si aggiungono a quelli dei concimi (+170%) e dei mangimi (+50%), spingendo quasi un terzo dell’imprenditoria a ridurre la produzione.
A questo si aggiunge comunque il costo energetico maggiorato per il riscaldamento delle serre di ortaggi e fiori che possono portare alla scomparsa di alcune produzioni tipiche per contenere i costi.
Assenza dell’autosufficienza alimentare
“Ad acuire questa problematica – fa presente la Coldiretti – c’è il fatto che l’Italia è deficitaria su molti fronti per quando riguarda il cibo”.
Infatti, nel nostro Paese, si produce appena il 36% del grano tenero necessario, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora.
Solo per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.
Coldiretti punta anche il dito contro le politiche di riduzione dei costi che negli ultimi decenni hanno costretto molti agricoltori ad accettare compensi più bassi.
Una situazione che ha comportato però già una forte riduzione delle produzioni per poter rientrare dei costi.
Scelta che ora, a fronte di più crisi globali che si sono susseguite in pochi mesi, segna tutta la debolezza di un sistema che si basa sostanzialmente sull’import di derrate e materie prime a scapito della produzione interna.
La perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati.
Le politiche nazionali inadeguate
“La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono interventi urgenti e scelte strutturali per rendere l’Europa e l’Italia autosufficienti dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo”, ha spiegato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Prandini ha illustrato il documento elaborato dall’organizzazione per fronteggiare l’emergenza economica ed occupazionale determinata dallo scoppio del conflitto in occasione dell’incontro con il ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli.
Per Prandini la politica agricola, la PAC e il PNRR sono già inadeguati a rispondere alle esigenze odierne e vanno modificati eliminando ad esempio l’obiettivo del 10% di terreni incolti previsto nella strategia di biodiversità.
“Si tratta di agire subito – ha affermato Prandini – facendo di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel PNRR, ma anche incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’Ismea, riducendo le percentuali IVA per sostenere i consumi alimentari, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali”.
Claudio Lippi