La Corte d’Appello motiva la sentenza per l’omicidio di Marco Vannini. In secondo grado il capofamiglia è stato condannato a 5 anni per omicidio colposo con colpa cosciente
“Antonio Ciontoli credeva che il giovane Vannini non sarebbe morto” –
Antonio Ciontoli esplose “colposamente un colpo d’arma da fuoco” ma ha “consapevolmente e reiteratamente evitato di osservare l’unica condotta possibile nelle circostanze di tempo e di luogo, e cioè l’attivazione di immediati soccorsi per il ferito”.
E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Roma sull’omicidio di Marco Vannini.
La sentenza di secondo grado ha condannato il capo famiglia a 5 anni per omicidio colposo con colpa cosciente, andando a derubricare il reato (la sentenza di primo grado aveva condannato Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale).
Per i giudici di secondo grado “la finalità della condotta” tenuta da Ciontoli “risiedeva nell’intento di evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo”.
Una finalità che per i giudici “si pone in contrasto, con l’adesione all’evento (il connotato volontaristico postulato dalla giurisprudenza di legittimità) poiché con ogni evidenza se già il ferimento della vittima doveva necessariamente comportare indagini ed accertamenti, la morte avrebbe rivelato che la vittima era stata attinta da un colpo esploso proprio dall’imputato”.
Quindi, per la Corte d’Appello, Antonio Ciontoli ha ritardato i soccorsi solo per cercare di occultare quanto fosse successo veramente così da evitare conseguenze per il proprio posto di lavoro.
Sebbene Ciontoli potesse avere consapevolezza di quanto gravi potessero essere le condizioni di Marco, per i giudici, questo non dimostra “la sussistenza di accettazione dell’evento morte”.
Per la Corte d’Appello non si può inoltre parlare di dolo eventuale ma di colpa cosciente.
“Se ciò che Antonio Ciontoli vuole evitare è che si venga a sapere che ha sparato, non avrà intenzione di cagionare un evento che comporterebbe ineluttabilmente l’emersione proprio di ciò che si vuole tenere nascosto: il fatto che abbia sparato. E non accetterà le conseguenze per sè negative avendo la “certezza” che l’evento stesso possa verificarsi”.
Ed è basandosi su ciò che verrebbero così ad avere una logica anche i comportamenti successivi allo sparo, e alla richiesta del capofamiglia al medico del Pit di evitare di menzionare il colpo d’arma da fuoco nella cartella clinica del giovane.
“Evidentemente perché non vi è in lui la “certezza” che il giovane Vannini soccomberà alla ferita e, soprattutto, non vi è l’accettazione dell’evento-morte”.
E “nel rispetto del principio del favor rei, dunque, la condotta di Ciontoli va qualificata come sorretta da colpa cosciente”.










