Sette nuovi Santi allietano la Chiesa e illuminano il mondo con la luce della speranza. Di Gian Domenico Daddabbo –

di Gian Domenico Daddabbo
Dopo i Santi Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, domenica 19 ottobre scorso la Chiesa si è allietata per la proclamazione di altri sette nuovi santi. Fedeli delle diverse nazioni a cui questi santi appartenevano hanno gremito la piazza sin dalla prima mattinata, creando un clima di gioiosa festa. Nella diversità delle loro storie e delle nazionalità, questi santi hanno un solo comune denominatore: aver seguito Cristo senza cedimenti e compromessi. Due di questi sette santi furono martiri: uno è l’Arcivescovo armeno Sant’Ignazio Maloyan, l’altro è il laico catechista San Peter To Rot della Papua Nuova Guinea. Entrambi, messi davanti alla scelta di abiurare la fede o morire, scelsero di essere uccisi: l’uno fu una delle tante vittime del genocidio di armeni, assiri, caldei e greci (1915-1924), morì con un colpo di pistola alla nuca; l’altro con un’iniezione letale, per aver difeso la sacralità del Matrimonio in risposta alla legalizzazione della poligamia. Gli altri cinque santi furono fondatori. Santa María Carmen Rendiles Martínez, suora venezuelana, fondò l’Istituto delle Serve di Gesù assieme a sue consorelle delle Serve di Gesù Santissimo Sacramento, dopo che quest’ultimo era diventato un istituto secolare; offrì la sua vita e le sue sofferenze per l’Ordine Sacerdotale. José Gregorio Hernández Cisneros, medico consacrato al Signore, anche lui venezuelano, fondò il Colegio de Médicos del Venezuela; si occupò in particolare di malati poveri, ai quali pagò i medicinali. Una storia simile è quella di Santa Vincenza Maria (al secolo Luigia) Piloni, italiana originaria di Verona, la quale si promise di vivere la vicinanza agli ultimi, facendo tesoro della sua precedente esperienza di volontariato a favore dei malati cronici, secondo la spiritualità di San Vincenzo de’ Paoli, rendendo proprie le parole con cui il santo definisce i poveri “nostri padroni”, così Luigi a assunse il nome Vincenza Maria. La suora salesiana missionaria in Ecuador, infermiera e catechista Santa Maria Troncatti visse il carisma di San Giovanni Bosco affianco degli ultimi, assistendo li in mezzo a frequenti epidemie e facendosi strenua sostenitrice dei diritti della gente del posto, anche e soprattutto laddove la sua opera era avversata. Il nuovo santo più famoso di questi sette, è San Bartolo Longo, il quale, da framassone e sacerdote di satana, si convertì al Cristianesimo attraverso il Santo Rosario e ne divenne grande promotore. Fondò il Santuario di Pompei, grazie al quale molto presto la città conobbe un grande sviluppo urbanistico, diventando meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Partendo dalla famosa domanda di Gesù “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8), Papa Leone ha definito i sette nuovi santi come lampade che fanno brillare la fede nel buio del mondo, laddove i beni artistici, materiali, scientifici e culturali da soli non potrebbero soddisfare la sete di verità, “non perché essi siano da disprezzare, ma perché senza fede perdono senso”. Senza la luce della fede,tutte le nostre aspirazioni all’eternità, alla vita in pienezza svanirebbero, per questo abbiamo bisogno di ritrovare le motivazioni della fede attraverso la preghiera, ossia l’ossigeno dell’anima, perciò solo attraverso la preghiera la fede si ravviva e ci rende sempre più simili al nostro modello di preghiera, Gesù Cristo,il quale ci libera dalle tentazioni del fatalismo e di dettare a Dio legge su come agire nella nostra vita, «Egli è l’innocente, che soprattutto durante la sua passione prega così: “Padre, sia fatta la tua volontà” (cfr Lc 22,42). – spiega Leone XIV – Sono le stesse parole che il Maestro ci consegna nella preghiera del Padre Nostro». La figura della vedova, che si rivolge insistentemente al giudice disonesto per ottenere giustizia e la ottiene, ci chiama alla preghiera perseverante, nella fiducia che a maggior ragione Dio, buono e giusto, fa prontamente giustizia a quanti gridano a Lui giorno e notte. Non è un caso che quest’omelia del Papa arrivi quasi subito dopo l’assegnazione del Nobel per la Letteratura allo scrittore ateo ungherese László Krasznahorkai, come il blog dell’Unione dei Cristiani Cattolici Razionali ha riportato lunedì 20 ottobre.Secondo Krasznahorkai, il quale definisce la gente di fede infantile, non c’è motivo per sperare in una vita migliore, pertanto il solo appiglio si trova nelle parole menzognere dei falsi profeti e nelle cose terrene. Seppur agli antipodi, tuttavia le due figure convergono laddove riconoscono che l’uomo non può bastare a sé stesso, con la sola differenza che porre la speranza nelle cose terrene (il potere, il denaro, il successo, ecc….), come Krasznahorkai suggerisce, significa eleggerle a idoli e così facendo ci rendiamo schiavi; al contrario il culto a Dio in Spirito e Verità, che Papa Leone indica come unico varco della Salvezza, ci rende liberi e ci fa riscoprire figli amati da Dio. In definitiva ciascuno di noi è davanti alla scelta se servire o Dio o gli idoli e la vita di San Bartolo Longo esprime chiaramente questo concetto. La gioiosa festa ha continuato dopo la preghiera dell’Angelus, quando Papa Leone è passato con la papamobile a salutare i fedeli.










