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Società post-industriale, De Masi: “Tecnologia, pandemia e guerra hanno totalmente stravolto il quadro sociale”

Intervista al sociologo italiano nonché professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma

Società post-industriale, De Masi: “Tecnologia, pandemia e guerra hanno totalmente stravolto il quadro sociale” –

di Marco Di Marzio

Tecnologia, pandemia, geopolitica, sono alcuni dei molti fattori che attualmente influenzano il progresso della società. Di quel gruppo di persone che intende entrare nella modernità più avanzata, cercando di scrivere il futuro proprio e della collettività con la quale si relaziona quotidianamente, vivendo una realtà, quella dell’oggi, posta a metà tra incertezza e volontà di poter dare alla speranza ancora un significato vero.

E dove si ricorre a l’intelligenza non come strumento fondamentale allo sviluppo ma come mezzo per facilitare contatti, sogni, desideri e il raggiungimento di obiettivi vari. Riflessioni che spinge chi scrive a ricercarne l’esatto significato, rivolgendosi per una breve intervista a coloro che di queste tematiche ne hanno fatto non solo una missione professionale ma soprattutto un’occasione di utilità per il mondo, mettendo così a disposizione conoscenze, capacità ed abilità, divenute nel tempo un patrimonio universale e di inestimabile valore. Stiamo parlando di Domenico De Masi, sociologo italiano nonché professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione. Come studioso, insegnante, ricercatore e consulente il suo interesse è rivolto alla sociologia del lavoro e delle organizzazioni, alla società postindustriale, allo sviluppo e al sottosviluppo, ai sistemi urbani, alla creatività, al tempo libero, ai metodi e alle tecniche della ricerca sociale con particolare riguardo alle indagini previsionali.

Società post-industriale, De Masi: “Tecnologia, pandemia e guerra hanno totalmente stravolto il quadro sociale”
Società post-industriale, De Masi: “Tecnologia, pandemia e guerra hanno totalmente stravolto il quadro sociale”

Professor De Masi, nel ringraziarla molto per la disponibilità, le chiediamo innanzitutto come si caratterizza in termini sociologici la società di oggi?

Si caratterizza per il fatto di essere una società post-industriale. Per molti millenni noi abbiamo avuto una società basata sull’agricoltura e sull’artigianato, poi, a partire dalla fine del ’700, siamo passati alla società accentrata sulla fabbrica, cioè sulla produzione di beni materiali in grandi serie, il che comporta da ultimo il “consumismo”. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale, via via, e soprattutto nei Paesi più ricchi si è affermata una società di tipo diverso che io chiamo “post-industriale”, che significa non più accentrata sulla produzione di beni materiali in grandi serie, ma di una produzione di beni immateriali, come informazioni, servizi, simboli, valori e l’estetica. Quindi la nuova società, quella in cui viviamo, è abbastanza simmetricamente diversa da quella precedente ed è connotata da suoi tipici soggetti sociali, valori, lussi e così via.

Tra supporto e sostituzione, come la tecnologia sta accompagnando l’evoluzione sociale?

La tecnologia non sta accompagnando l’evoluzione sociale, bensì la sta determinando. Cioè in questo momento è una delle variabili più possenti dalla quale in qualche modo dipendono tutte le altre. Essa ha avuto quattro ondate: la prima, fatta di macchine meccaniche, come il famoso telaio inglese degli inizi dell’800 che determinò la nascita della società industriale; la seconda, cento anni dopo, fatta di macchine elettromeccaniche, come ad esempio l’automobile; la terza, con i computer, e quindi una meccanica di tipo digitale; la quarta, di questi tempi, l’intelligenza artificiale. Ondate tecnologie che in successione hanno prodotto mutazioni nella vita privata, in quella pubblica, nelle città e nelle aziende.

Quando parliamo di tecnologia una delle sue caratterizzazioni è la digitalizzazione, che investe oramai molti aspetti del vivere personale e giornaliero: quale la sua opinione?

La prima differenza tra le macchine digitali e le precedenti, di tipo meccanico ed elettromeccanico, è che per quanto riguarda il lavoro le precedenti lo distruggevano ma poi ne creavano molto di più, le macchine digitali invece l’opposto, lo distruggono di più di quanto ne creano. E questo è il vero progresso, poiché gli esseri umani non fatti per lavorare, bensì per creare e per procreare, per svolgere attività umane e non brutali.

Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 un nemico invisibile cambia per sempre il modo in cui l’uomo guarda all’esterno: parliamo del virus Covid-19, lei come ha vissuto questa fase storica?

Il Covid-19 è stato innanzitutto una grande distruzione di esseri umani, provocando la morte di oltre 1 milione di persone, e questo è un dramma enorme. D’altra parte però ha comportato una diffusione delle tecnologie informatiche, sia nelle relazioni private che nel mondo del lavoro. Quindi, questo periodo storico ha portato con sé aspetti negativi e aspetti di sviluppo. Poi, tra gli aspetti positivi, ammesso che si possa parlare di aspetti positivi all’interno di una tragedia, vi è anche il fatto che una massa di persone per due anni consecutivi ha potuto riflettere sul proprio destino, sull’orientamento dato alla propria vita, sull’opportunità o meno di dedicarsi ad esempio interamente al lavoro, o alla ricchezza, o la potere, o all’accumulazione di beni, piuttosto che alla soddisfazione di bisogni di carattere più radicale come l’introspezione, l’amicizia, l’amore, il gioco, la bellezza, la convivialità. Questo è stato un grande passaggio dal quale ne è scaturito il fenomeno delle grandi dimissioni.

Come la pandemia ha cambiato la società, e come può modificarla ancora?

Ha spostato molto l’attenzione sulla salute, cioè il bene principale. Ha creato una nuova gerarchia, ponendo al primo posto la salute, al secondo la politica, al terzo l’economia. Sia l’economia che la politica economica neo-liberista si erano poste sul trono assoluto degli assilli umani mentre ora sono passate al secondo e terzo posto. Ciò ha rappresentato un miglioramento di tipo inaudito.

Società post-industriale, De Masi: “Tecnologia, pandemia e guerra hanno totalmente stravolto il quadro sociale”

Fronti caldi dal punto di vista diplomatico ne abbiamo in molte parti del mondo, ma la parola guerra è pronunciata per un conflitto vero e proprio in atto nel cuore dell’Europa, quello tra Russia e Ucraina, come spiega questo?

Questa non è una guerra tra Russia e Ucraina, bensì tra America e Russia. L’Ucraina è il campo di battaglia. Gli Stati Uniti ha sempre combattuto le sue battaglie fuori casa. L’America, di tante guerre che ha scatenato, e di tanti conflitti nei quali ha partecipato non ha subito un metro di distruzione, fatta eccezione per il crollo delle World Trade Center avvenuto l’11 settembre 2001, di cui ne è rimasta colpita. Ancora oggi, chi ha l’occasione di frequentare gli Stati Uniti, ha modo di vedere come questa grande ferita intellettuale, culturale e mentale di essere stati per una volta colpiti in casa. Cioè, mentre l’America ha distrutto mezzo mondo con i suoi bombardieri, di contro ha avuto solo due torri cadute in tutta la sua storia. Quindi, gli Stati Uniti hanno un rapporto con la guerra di un qualcosa che si compie fuori casa, mandando soldati, spesso mercenari, liberando così dal Paese elementi pericolosi dal punto di vista umano. Questa come detto è una guerra tra Stati Uniti e Russia, ma direi soprattutto tra Stati Uniti e Cina. Il guaio è che alla fine tutto questo produrrà un risultato anomalo, cioè la vittoria di America e Cina e i due perdenti saranno Europa e Russia.

L’Europa, per sua natura e storia, può essere considerato un fronte sul quale prestare massima attenzione?

Su questo non c’è dubbio, il problema è che l’Europa ha totalmente abdicato al suo ruolo millenario di continente leader nel campo della produzione di intelligenze e di sapere. L’Europa non è un continente qualunque, non sono gli Stati Uniti, è bensì qualcosa di molto di più, è la culla di tutti i saperi filosofici più importanti, della democrazia, della grande musica, della grande letteratura, della grande scienza. Quindi l’Europa dovrebbe avere un orgoglio straordinario, ponendola ad un livello paritetico con gli Stati Uniti, invece che di totale subalternità. L’Europa è una colonia americana e l’America decide dove dislocare armi nucleari e non solo. Tra l’altro vi è una particolarità, solitamente gli eserciti occupanti sono pagati dai Paesi che occupano e non dai Paesi occupati, invece in questo caso la NATO è totalmente asservita alle decisioni americane e pagata dall’Europa che è un popolo occupato. È una situazione quasi ridicola, scarta completamente l’altra posizione, quella cioè che dico io, di grande orgoglio che invece l’Europa dovrebbe vantare, far capire ed imporre.

Da esperto di settore, quali effetti hanno determinato su produzione e lavoro tecnologia, pandemia e guerra, inseriti nel contesto della società contemporanea?

Hanno stravolto totalmente il quadro. La guerra, su tutti, ho modificato la distribuzione delle energie. L’Europa si serviva di gas russo, che pagava a basso costo e sul quale aveva costruito dei gasdotti e ne stava costruendo un altro grandissimo con la Germania, quindi è stata privata all’improvviso di una delle principali fonti energetiche. In Italia comprende il 40%. E poi è stato deprivato di un mercato enorme, perché la Russia per noi era un grande mercato, soprattutto per il Made in Italy. Quindi lo stravolgimento è totale, d’altra parte in tempo di guerra, rispetto a quello di pace, cambia tutto. A questo punto il grande driver sono gli Stati Uniti e non più l’Europa, che decidono durata e modalità della guerra, nonché quante armi dobbiamo pagare, mandare e quanti soldi dobbiamo dare.

Come guarda all’Italia attualmente?

Come un Paese che sta sperimentando un nuovo tipo di Governo. Dopo settant’anni di potere esecutivo nei quali la destra era esclusa o del tutto marginale, come al tempo dei governi Berlusconi, ora invece tre destre alla guida dell’Italia. E quando le destre alla guida di un Paese sono tre, almeno una è costretta ad essere estremista, a portare cioè avanti programmi di carattere autoritario.

Professor De Masi, nel ringraziarla di nuovo per l’intervista, le chiediamo in conclusione come la modernità può dare ancora spazio ai valori veri della vita, quelli per i quali è ancora possibile guardare alla prospettiva con gli occhi della speranza?

La società post-industriale è più umana della società industriale, esige maggiore parità tra i generi, le razze, gli interscambi culturali. Il problema non è tanto produrre la ricchezza quanto imparare a distribuirla. In questo momento le otto persone più ricche del mondo possiedono la ricchezza pari a quella di mezza umanità, circa 4 miliardi di persone. Se lei mette sulla bilancia da un lato 8 persone e dall’altra 4 miliardi di persone vedrà che c’è stata una ingiustizia sociale mai manifestatasi prima nel corso della storia umana. La società post-industriale avrebbe gli strumenti per moderare tutto questo.