Quando i contadini di Cerveteri si lamentarono della Riforma Agraria che assegnava loro delle terre
di Giovanni Zucconi
Qualche tempo fa, mi è capitato tra le mani la trascrizione di un discorso fatto in una piazza di Cerveteri, probabilmente in Piazza Risorgimento, il 3 febbraio 1952. Giuseppe Medici, l’allora presidente dell’Ente Maremma, affacciato da un balcone, parlava ai contadini ai quali era stata appena assegnato un podere, o un certo numero di ettari di terra coltivabile.
Vi aspettate un’atmosfera riconoscente, festante e piena di gratitudine? Vi sbagliate. Giuseppe Medici dovette intervenire per difendere la sua Ente Maremma dallo scontento proprio dei contadini che avevano avuto il privilegio di vedersi assegnata la terra. Cosa era successo? Cominciamo dall’inizio, semplificando di molto il ragionamento.
Ai contadini cerveterani, in virtù della Riforma Agraria, furono assegnati un certo numero di ettari di terra coltivabile, che fu espropriata ai nobili latifondisti del nostro territorio. Ai Torlonia, agli Odescalchi, ai Pallavicini e ai Ruspoli. E non stiamo parlando di piccoli appezzamenti di terreno. In tutto, dai dati pubblicati dall’amico Angelo Alfani, furono infatti espropriati ben 8.650,5 ettari. Pari ad oltre il 55% della superficie del territorio comunale.
Fu quindi una riforma agraria imponente, che permise a tante famiglie cerveterane di allontanarsi dall’indigenza e di liberarsi dalle dipendenze di un regime feudale vecchio di secoli. E di cominciare a sperare in un futuro meno duro del presente. Un futuro senza fame e con un’occupazione garantita, anche se al prezzo di grandi sacrifici e di un lavoro da spezzare le schiene. Le condizioni, estremamente favorevoli, di questa distribuzione delle terre, le troviamo nel discorso del presidente dell’Ente Maremma. Facciamo l’esempio di un’assegnazione di 10 ettari di terreno coltivabile, che all’epoca valevano circa 1.000.000 di lire. Per diventare proprietario, il contadino avrebbe dovuto pagare 19.000 lire il primo anno, 20.000 lire il secondo anno, e 60.000 lire dal terzo anno fino al trentesimo. Considerando l’inflazione, nel 1982, anno in cui sarebbero scaduti i 30 anni di rateizzazione, le 60.000 lire erano quelle che si sarebbero spese, più o meno, per una cena per tre persone in una trattoria.
Inoltre, l’Ente Maremma forniva i trattori e le attrezzature agricole più moderne. Anticipava le sementi selezionate e i mangimi per gli animali da carne e da latte. Forniva poi tutta l’assistenza tecnica necessaria per aumentare la produttività di quelle terre che spesso non erano mai state coltivate in maniera intensiva.

Messa così, difficilmente ti potrebbe venire in mente che ci potesse essere anche solo una minima contestazione da parte dei fortunati assegnatari. Ti aspetteresti invece una comprensibile opposizione da parte, per esempio, del Principe Ruspoli. Che naturalmente c’è stata. Giocata soprattutto a livello politico e parlamentare. Ma cercando in giro, ho trovato solo una estremamente dignitosa nota pubblicata da un suo stretto collaboratore cerveterano: “…La sopravvenuta riforma fondiaria, ammissibile come principio, assai discutibile come realizzazione, salvo rare eccezioni, alienò da Casa Ruspoli oltre 2.000 ettari di terreno in via di trasformazione! Questo enorme “salasso” impostole contro un irrisorio compenso di 35.000 o 70.000 lire ad ettaro da pagarsi in 20 anni, valga almeno, dopo aver dato il pezzo di terra agli assegnatari – non pochi dei quali lo trovarono già in produzione –, ad assicurarsi alla Agricoltura, quella politica economica, intelligente e giusta che, purtroppo, fino ad ora abbiamo invano atteso.”
Chi invece trovò dei difetti nella normativa che accompagnava la riforma furono, inaspettatamente, proprio gli assegnatari di queste terre. Non so quanto sobillati dai politici di allora. Proprio per rispondere a queste critiche, il Presidente dell’Ente Maremma, in quel lontano 1952, arringò la folla cercando di difendersi dalla curiosa accusa di aver fatto firmare ai contadini un contratto capestro. Il motivo di questa critica? Semplice: perché il contratto prevedeva che questa terra non potesse essere venduta prima dei trenta anni. Ma questa non era una clausola secondaria o inserita senza un preciso scopo.
L’Ente Maremma, o meglio il Parlamento italiano, l’aveva messa di proposito. Era stata introdotta per evitare quello che era già successo, in altre distribuzioni di terre, avvenute in altre regioni d’Italia. Dove, una buona parte degli assegnatari, aveva rivenduto quasi subito la terra che il Governo italiano aveva appena espropriato ai nobili latifondisti. Incassando subito un gruzzoletto. Indovinate a chi avevano rivenduto la loro terra questi assegnatari? Ma naturalmente agli stessi latifondisti. Che quindi si ritrovavano spesso a guadagnarci da tutto questo giro. Ebbene, questa sacrosanta clausola che la terra assegnata non potesse essere rivenduta subito, fu considerata da alcuni Cerveterani come vessatoria. E l’Ente Maremma fu quindi costretta a giustificarsi su qualcosa che pare decisamente ovvio e necessario.
Disse quel 3 febbraio Giuseppe Medici ai Cerveterani riuniti in piazza: “… Credete sarebbe giusto che domani decine di assegnatari cominciassero a vendere la terra che hanno ricevuto? E allora perché il Parlamento avrebbe fatto la riforma? Per ricostruire, forse, le grandi proprietà a beneficio di coloro che, con l’usura, ricomprerebbero le piccole particelle? … Le clausole possono sembrare severe ai cattivi contadini, ai fannulloni, che, da quando mondo è mondo, ci sono sempre stati e, purtroppo, sempre ci saranno”.
Concludo questa piccola finestra sulla Cerveteri di 71 anni fa, con un’altra curiosa polemica innescata da un servizio che l’Ente Maremma aveva previsto per aiutare i contadini meno giovani a trasferirsi ogni giorno dal paese alle terre assegnate. Dal discorso di Medici scopriamo che era stato acquistato un camion sul quale erano stati messi dei sedili. Con questo mezzo scomodissimo, almeno per i nostri standard, si trasportavano i meno giovani, “… specialmente quando c’è il vento di tramontana…”. Mentre, ai più giovani, erano state vendute, sempre con pagamento a trenta anni, delle biciclette. Ebbene, sempre come racconta il presidente dell’Ente Maremma, sia dalla destra che dalla sinistra, ci fu l’accusa di sprecare i soldi pubblici per regalare un trasporto “di lusso” ai contadini di Cerveteri. Altri tempi…