Lo sfogo di una ladispolana rimandata a casa dal drive in perché senza prenotazione
«Io forse positiva ma senza prenotazione non mi fanno il tampone» –
Aveva mandato i suoi zii ad informarsi se poteva effettuare un tampone molecolare al drive in allestito alla Casa della Salute sulla via Aurelia senza prenotazione e la risposta era stata “si”.
E così questa mattina, armata di tanta pazienza, nonostante lo stato febbricitante, si è messa in fila alle 6.15 munita della ricetta del medico di base per sottoporsi al molecolare così da capire se il suo malessere era determinato dalla positività al coronavirus, o da una “semplice” influenza.
Ma alla fine è dovuta tornare a casa senza la possibilità di fare il test e con il dubbio di poter essere positiva al covid-19. A raccontare la sua storia è una cittadina di Ladispoli. La donna racconta dell’arrivo dei Carabinieri (leggi qui) al drive in e dell’invito da parte dei militari dell’arma di lasciare la fila se non munita di prenotazione.
La donna cerca di spiegare la sua situazione: che il medico di base le aveva prescritto il tampone molecolare invitandola a recarsi al drive sull’Aurelia e che dopo ore di fila voleva comunque spiegare la situazione al personale sanitario. Ma una volta giunti al tendone l’amara sorpresa: «L’infermiera e la dottoressa mi dicono di andare via perché non avevo la prenotazione e non importava quanto stessi male».
Una risposta mal digerita dalla ladispolana che a quel punto si è chiesta e ha chiesto: «Torno a casa, prenoto per il 3, ma da qui a quel giorno potrei essere morta di covid, ricoverata, guarita, aver contagiato mezza Ladispoli o Cerveteri».
A quel punto il personale, come raccontato dalla donna, l’unica risposta è stata: «Forse la prenotazione gliela danno prima!». «La mia vita si basa su un “forse”, su regole diverse da oggi».
Una situazione paradossale, di cui si rende conto la stessa malcapitata che fa notare come in condizioni come le sue forse si trovano altri cittadini che ora si ritrovano in difficoltà. In difficoltà con le altre persone del nucleo familiare entrate in contatto con lei e che non sanno se poter andare a lavoro o meno, che senza un tampone positivo non possono nemmeno basarsi sulla quarantena fiduciaria rischiando così l’assenza ingiustificata dal posto di lavoro.
Gente che magari, proprio in virtù dell’assenza di un tampone positivo, perché rispedita a casa nonostante dei sintomi, ora si ritrova a passeggiare per le vie della propria città, ad incontrare altra gente col rischio (in caso di positività ancora non accertata) di poter contagiare altre persone.
E poi c’è l’incognita salute: «Devo semplicemente rimanere sola in casa con il dubbio se domani respirerò da sola o con un respiratore. Se dopo domani ci arriverò. Se starò male questa notte, se avrò bisogno di ricovero o di farmaci, chi me li porterà? Chi garantirà la sicurezza mia e quella degli altri?».
E per la ladispolana non c’è dubbio che in una situazione del genere ci saranno altre persone che andranno a lavoro «perché non può fare altrimenti (il datore di lavoro se non ha un tampone positivo non mette in quarantena nessuno ed è assenza ingiustificata)».
Per non parlare di chi, come lei magari, andrà a fare la spesa al supermercato «perché non ho mamma che mi fa la spesa. Positiva? Bo fino a prova contraria no».